Allergici 4 italiani su 10. Minelli: ecco le nuove terapie

Mauro Minelli
Mauro Minelli
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Lunedì 9 Aprile 2018, 12:33 - Ultimo aggiornamento: 17:06
Secondo un’indagine condotta nel 2017 da Assosalute (Associazione nazionale farmaci di automedicazione), in Italia circa il 40% della popolazione soffre di allergie respiratorie, con un trend in aumento costante. È un problema di salute che riguarda dunque milioni di persone e che rende la vita difficile soprattutto in questa stagione. [PALLINOBLU]«Se parliamo di allergie stagionali dobbiamo necessariamente riferirci a patologie di tipo respiratorio, ovvero riniti, rinocongiuntivi, asma o “equivalenti asmatici” del tipo tosse subentrante, magari associata a respiro sibilante con possibile dispnea o fame d’aria», spiega Mauro Minelli, specialista in allergologia e immunologia clinica.
Dottor Minelli, qual è la situazione attuale in termini di diffusione del fenomeno? E quali le cause?
«Se parliamo di allergie stagionali dobbiamo necessariamente riferirci a patologie di tipo respiratorio, ovvero riniti, rinocongiuntivi, asma o “equivalenti asmatici” del tipo tosse subentrante, magari associata a respiro sibilante con possibile dispnea o fame d’aria. Si tratta di patologie che hanno indubbiamente un forte impatto sulla popolazione. D’altro canto, specifiche proiezioni epidemiologiche avviate già nel 2006 e attestanti, all’epoca, una incidenza di allergopatie respiratorie stimata al 30% della popolazione, ne prevedevano un potenziale incremento del 5% ogni 5 anni. Dati, questi, che non possono essere sottostimati e che, inevitabilmente, portano a correlare l’esponenziale incremento di tali patologie all’influenza, rispetto ad una basilare predisposposizione genetica, dei cosiddetti “fattori epigenetici”, fondamentalmente rappresentati da determinanti immunoattivi di chiara derivazione ambientale».
Cosa è cambiato nella gestione clinica delle malattie allergiche?
«Per quel che riguarda i presidi terapeutici di base a supporto delle allergopatie più comuni, come la rinite o la congiuntivite, non ci sono farmaci nuovi. È, però, certamente disponibile un consistente potenziamento delle pratiche diagnostiche che può, a sua volta, consentire di prescrivere correttamente, per ciascun paziente, la terapia immunologica specifica. Gli avanzamenti offerti dalla “diagnostica molecolare” permettono di identificare la porzione dell’allergene realmente in grado di determinare in ogni soggetto allergico l’insorgenza dei sintomi. Questo consente al medico specialista di prevedere una immunoterapia specifica “di precisione” e, dunque, personalizzata».
Ma nelle forme più gravi, come ad esempio l’asma, ci sono trattamenti più innovativi o selettivi rispetto al passato?
«Certo. Qui il campo d’azione sembra essere in costante evoluzione. Al di là dei trattamenti inalatori con gli appositi erogatori, pure questi da personalizzare visto che in un’ampia percentuali di casi le somministrazioni degli spray risultano non correttamente praticate dai pazienti, nelle forme di asma grave sono disponibili alcuni anticorpi monoclonali, come l’omalizumab o il più recente mepolizumab. Sono specificamente orientati contro bersagli sensibili variamente responsabili delle manifestazioni allergiche respiratorie».
E la presa in carico del paziente allergico ha potuto giovarsi di nuove procedure?
«Per i soggetti con presumibile storia di allergia, i test cutanei tradizionali - le cosiddette prove allergiche - restano certamente la base da cui partire. A questo si è progressivamente ed efficacemente aggiunta la diagnostica molecolare che, come già detto, contribuisce a definire la sensibilizzazione esatta del paziente rispetto ad altre eventuali frazioni potenzialmente confondenti contenute nello stesso macroantigene pollinico. Tutto ciò favorisce e permette l’adozione di misure preventive e di trattamenti terapeutici “di precisione” che, oggi molto più di ieri, possono consentire al paziente una progressiva stabilizzazione».
Quanto è possibile, oggi, l’attuazione concreta di protocolli di personalizzazione dei percorsi di diagnosi e terapia?
«La medicina non può esimersi dall’includere, all’interno delle proprie dinamiche ordinarie, i fondamenti e le prassi della biologia molecolare, cioè di quella disciplina che studia e analizza nel dettaglio i meccanismi di funzionamento dei sistemi biologici. Questo è ciò che stiamo progettando nel Centro clinico e di ricerca annesso all’Università Telematica Pegaso di Napoli. Nell’interazione quotidiana con i propri pazienti, il medico si accorge dell’eventuale comparsa e, semmai, dell’evoluzione di una certa fenomenologia clinica che può essere, ad esempio, la modificazione di un organo o di tessuto magari legata all’invecchiamento, ovvero la formazione di un tumore. Dietro a questi eventi che il medico constata e accerta con procedure e tecniche sempre più raffinate, ci sono evidentemente dei meccanismi che, mano a mano che si conoscono, permettono poi di governare l’evento. Come dire che conoscere il funzionamento dei sistemi biologici può far comprendere al medico, indipendentemente dalla branca specialistica nella quale egli prevalentemente opera, le ragioni per le quali quei sistemi si son guastati oppure può consentire allo stesso medico di prevenirne un malfunzionamento.
 
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