Katia, 50 arresti cardiaci in 6 giorni: la storia ( a lieto fine) del suo cuore impazzito

(foto Corriere della Sera)
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di Ettore Mautone
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Mercoledì 18 Aprile 2018, 09:34 - Ultimo aggiornamento: 21:51
Era impazzito all’improvviso, e senza una ragione, il cuore di Katia, una ragazza di 29 anni originaria di Napoli, residente a Roma, in vacanza a San Giorgio a Cremano a Pasqua. Prima soccorsa da sua madre a casa, (che per una coincidenza pochi giorni prima aveva seguito un corso di rianimazione), poi ricoverata all’ospedale Boscotrecase in pronto soccorso, quindi curata in rianimazione all’ospedale del mare. Infine trasferita al policlinico San Donato di Milano, dopo un volo organizzato nei minimi dettagli dalla rete dei soccorsi campani, per raggiungere uno dei pochi centri specializzati in Italia in elettrofisiologia. Ad attenderla un altro medico campano, Carlo Pappone, beneventano, tra i maggiori esperti al mondo nel fronteggiare il cuore matto di Katia.

Ha dell’incredibile la storia a lieto fine di questa giovane madre, il cui destino ha incrociato una serie di circostanze e coincidenze che qualificano l’efficienza organizzativa dei soccorsi campani con la capacità di collaborare per salvare vite, della sanità due Regioni, Campania e Lombardia. Distanti oltre mille chilometri ma riunite anche dall’anagrafe dei professionisti coinvolti (tutti campani) e dallo strano destino di Katia. 
A raccontare quanto accaduto è Pio Zanetti, primario della rianimazione dell’ospedale del mare, dove la ragazza è stata ricoverata un paio di giorni sedata a intubata per tenere a bada un cuore che impazziva andando in fibrillazione ventricolare quasi ogni mezz’ora. In sei giorni almeno una cinquantina di episodi.
«Quando è arrivata da noi – dice Zanetti - è stata in un primo tempo stabilizzata ma poi il suo cuore ha ripreso a funzionare in maniera incoerente». Il marito della donna racconta ai medici che la moglie era a casa e si è svegliata con un improvviso rantolo. Per fortuna la suocera è intervenuta subito in quanto aveva seguito un corso di rianimazione. La donna l’ha mantenuta in vita prima dell’arrivo del 118.
 
Senza una ragione nel cuore di Katia si erano attivati dei circuiti anomali, dettando il tempo a battiti incoerenti che impedivano la corretta sequenza della contrazione di atri e ventricoli. «Abbiamo contato – continua Zanetti - almeno 35 eventi di fibrillazione. Dopo una fase iniziale di stabilità non riuscivamo a regolarizzare il suo cuore. L’abbiamo sedata per evitare il dolore delle continue scariche elettriche che le somministravamo». A quel punto il primario della cardiologia dell’ospedale del Mare, Bernardino Tuccillo, che era in fase di trasloco dal Loreto, insieme al direttore sanitario del presidio di Napoli est, Nunzio Quinto, ha pensato a contattare un altro medico, pure lui campano. Carlo Pappone che al policlinico san Donato di Milano dirige uno dei centri in cui vantano la più elevata casistica in Europa in elettrofisiologia.
«Sono specializzato in cardiologia e conosco Pappone – ricorda Nunzio Quinto - ne ricordavo gli esordi professionali al Policlinico Federico II, l’esperienza clinica maturata al Fatebenefratelli di Benevento, e sapevo che ha sempre studiato l’elettrofisiologia del cuore. A Milano dirige un centro di eccellenza internazionale in questo campo e vanta una casistica che non ha pari in Europa». Del resto il cuore di Katia è sano da un punto della contrattilità, ma è il sistema elettrico che era impazzito. Per una ragione sconosciuta si è attivato un pace maker anomalo che innescava a ripetizione la contrazione autonoma a disordinata dei ventricoli inficiando la corretta sequenza della contrazione cardiaca che spinge il sangue nel circolo generale e da qui a tutti gli organi. «Per casi più semplici siamo attrezzati – conclude Quinto – ma questo era un caso estremo».
A questo punto entra in gioco la centrale operativa del 118 diretta da Giuseppe Galano che mette a disposizione, tramite l’aeronautica militare, un aereo decollato da Capodichino con a bordo un anestesista. Il medico ha continuato a defibrillare la paziente anche durante il viaggio. Quindi l’arrivo a Milano, il trasporto immediato in rianimazione e l’intervento di ablazione delle cellule che mandavano in corto circuito il cuore di Katia. Un intervento al buio, in coronarografia, tramite una sonda che ha dovuto agire bruciando i focolai patologici senza avere il tempo di studiare e localizzare con precisione il punto esatto da trattare. Ora Katia sta bene ed è tornata a casa ad allattare la sua piccola di soli tre mesi. Il suo cuore è tornato sano.
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