Lungo la Via Francigena1/ Da Brindisi a Lecce tra storia, archeologia e paesaggio

Un tratto della Via Francigena tra Brindisi e Lecce
Un tratto della Via Francigena tra Brindisi e Lecce
di Luigi del PRETE
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Mercoledì 11 Ottobre 2017, 19:58 - Ultimo aggiornamento: 19:59
Ci si mette in cammino quando la routine del quotidiano ci avvolge eccessivamente. Immergersi nella natura, seguire un percorso che abbiamo scelto, stare in silenzio con se stessi diventa allora un modo per recuperare vita, libertà. Riappropriarsi di se stessi sottraendosi a tutto ciò che da noi stessi ci sottrae. E allora via. Ci si rimette in cammino.
Se c’è qualcosa che dà una strana forma di dipendenza nel camminare è soprattutto l’enorme senso di libertà. Lo zaino contiene tutto ciò di cui abbiamo bisogno. E per prima cosa constatiamo quante cose superflue in realtà riempiono la nostra vita. Spesso inutilmente. Ecco anche l’essenzialità legata a ciò di cui abbiamo bisogno è una forma di libertà ulteriore.
Alzarsi prestissimo la mattina e mettersi in cammino dà un senso di euforia. Sei li con tutte le direzioni possibili di fronte a te. Puoi anche scegliere di non continuare il percorse stabilito e proseguire in altra direzione. Qualunque direzione. Ogni passo infatti racchiude in sé la possibilità di ogni direzione. Al camminatore si aprono infinite possibilità di percorsi, di cui ogni passo è scelta e argine. La disciplina del pellegrino restituisce una direzione al percorso intrapreso, impedendo di seguire le seduzioni della libertà. Allora tutti i passi si tengono assieme. Tutte le migliaia di passi di cui è fatto un cammino. Resta però il fatto che quella libertà ti aleggia costantemente accanto lungo tutto il percorso.
E’ con questo stato d’animo che ho intrapreso nuovamente il percorso Brindisi-Leuca. Lungo l’ultimo lembo di Via Francigena che porta fino alla nostra Finibus Terrae. Il percorso segue le deboli tracce della Traiana Calabra. Continuazione salentina della Traiana che da Roma arrivava a Brindisi seguendo un percorso diverso rispetto alla madre di tutte le strade: l’Appia.
Uscendo da Brindisi ci si imbatte subito nella vista della enorme centrale di Cerano. Una gigantesca ferita al paesaggio. Devastazione di bellezza il cui ricordo si intravede solo immergendosi in ciò che resta del bosco di Cerano appunto. Attraversato da una strada medievale, verosimilmente un rifacimento della più antica Traiana. Una tracciato rimasto in uso per secoli. Più avanti raggiungo l’antica città messapica di Valesio. Anch’essa attraversata dal rettilineo che si può solo intuire dell’antica strada. Qui sulle antiche mura del IV secolo a.C. sono cresciuti i muretti a secco tipici del nostro paesaggio. Continua sovrapposizione di storie. E di lavoro umano. Una rigogliosa pianta di melograno spunta tra le crepe delle mura messapiche. Pronipote delle piante coltivate nei loro giardini. Denso silenzio ovunque.
Proseguo dopo aver riposato un po’ tra le rovine delle terme romane.
A Torchiarolo, mia prima tappa, la Via Francigena è oramai realtà. E’ stata allestita una casa del pellegrino, è stata posizionata la segnaletica lungo il percorso, hanno realizzato la credenziale del pellegrino. Il comandante della Polizia Locale, Lorenzo Renna, è l’angelo custode dei pellegrini. Pronto ad andare loro in soccorso a qualunque ora del giorno e della notte. Premuroso si informa per sapere se hanno bisogno di qualcosa, chiama poi per sapere se tutto prosegue bene. Trovo anche le nostre frecce gialle. Nel corso dell’estate con Giorgia Santoro, Fabio Mitrotti, Fabio Stomaci e lo stesso comandante Renna abbiamo disseminato il territorio di frecce gialle per indicare il sentiero ai pellegrini. Mi emoziono a ritrovarle li, a tenermi compagnia. E sono felice di aver dato il mio e nostro contributo a rendere più facile per i pellegrini l’attraversamento della nostra terra. Almeno da Brindisi a Leuca. Altri matti come noi stanno facendo la stessa cosa altrove in Puglia. Tutti camminatori. Colpiti dalla stessa sindrome. E dallo stesso desiderio di libertà condivisa.
Chiacchiero con la gente del posto che mi chiede curiosa chi me lo faccia fare. Forse neanche io so veramente perché. So solo che è un bisogno. Un richiamo costante forte. Un amore da cui non so staccarmi. Camminare. Pensare. Ricordare. Vedere. Perdermi. Vivere. Recuperare umanità.
La mattina dopo mi rimetto in cammino. Stessa gioia. Stessa euforia.
Lungo il percorso riaffiorano di continuo tratti della Traiana Calabra. Gli originali. Una strada massacrata da costruzioni, cave antiche e moderne, discariche, graffiata dai lavori agricoli pesanti. Intorno ulivi secolari e millenari che continuano le loro strabilianti volute assecondando la rotazione della terra. Per l’ultima volta nella maggior parte dei casi. Tanta antica bellezza che è andata perduta per sempre. La grandezza della Traiana rimpiazzata da enormi Gesù in cemento, dai colori improbabili. Il sogno imperiale devastato da periferie infinite, incuria, costruzioni di ogni tipo nate senza alcuna regola né criterio, detriti di ogni genere.
Lo stesso è accaduto in passato. Santa Maria di Cerrate è nata proprio lungo il percorso dell’antica strada. Come è naturale che fosse. Mi fermo a rivedere l’antica abbazia. Sul bellissimo pozzo nel cortile c’è la dedica del procuratore Giacomo De Leone che lo volle per la comunità di “questa arida terra”. E forse aridi lo siamo rimasti. A sciupare tanta bellezza.
L’ultima tappa prima di entrare a Lecce è la bellissima chiesetta di Santa Maria D’Aurio dell’XI secolo. E di pellegrini deve averne visti tanti. La facciata e le pareti laterali sono piene di incisioni di navi. Erano ex voto poverissimi. Un modo per invocare la protezione per il proprio viaggio. La maggior parte di chi si metteva in cammino era gente non avvezza alla navigazione. Il percorso via mare doveva impressionarli fortemente se non terrorizzarli. La maggior parte dei graffiti antichi rimasti nel Salento raffigura infatti imbarcazioni. Un modo per esorcizzare la paura. Mantenendo però salda la volontà di proseguire nel proprio pellegrinaggio. Nel proprio atto di fede.
Mi coglie la pioggia. Il paesaggio diventa improvvisamente cupo. Un velo di malinconia mi assale. Ma domani si riparte. Con la stessa gioia di ogni mattino. Ecco questo è il mio piccolo atto di fede.
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