In Puglia la vista si allunga
ma cresce il costo della sanità

In Puglia la vista si allunga ma cresce il costo della sanità
di Maria Claudia MINERVA
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Martedì 20 Febbraio 2018, 10:54 - Ultimo aggiornamento: 11:01
Nel Nord-Est si vive più a lungo (la speranza di vita per gli uomini è 81,2 anni e per le donne 85,6) del Sud, dove lo scarto è notevole con un’aspettativa a 79,8 anni per gli uomini e a 84,1 per le donne. Un dato piuttosto allarmante che mette in luce il profondo divario tra il Settentrione e il Mezzogiorno che gode di minori garanzie, tutele e prestazioni. La grande distanza tra le due parti d’Italia non è solamente dovuta alla carenza di risorse economiche perché alcune Regioni del Nord “migliorano le loro performance senza aumentare la spesa” mentre alcune Regioni del Sud peggiorano la performance pur aumentando le risorse disponibili rispetto al dato nazionale.
Purtroppo, negli anni la forbice si è allargata e regioni come Campania, Calabria e Sicilia hanno addirittura peggiorato la loro posizione. Sul fronte opposto, a sorpresa la Puglia (insieme all’Abruzzo), al pari di quasi tutte le regioni del Nord, sperimenta stabilmente un’aspettativa di vita al di sopra della media nazionale, a dimostrazione che tutto sommato la regione non se la passa poi così male, anche se vivere più a lungo incide inevitabilmente sui costi della sanità. A disegnare la mappa delle disuguaglianze in sanità è l’Osservatorio sulla Salute nelle Regioni italiane dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, che con il rapporto “Osservasalute” sollecita l’attenzione su alcuni dei nodi principali sui si gioca il futuro, in particolare sulla capacità di mantenimento degli attuali livelli di salute della popolazione e sulla sostenibilità politica del Servizio sanitario nazionale.
La cartina degli svantaggi della salute si incrocia con il basso livello di istruzione, la povertà, l’accesso alle cure, la scarsa prevenzione. Anche le morti premature, evitabili con idonee politiche di prevenzione sono infatti diversamente distribuite in Italia: Campania, Sicilia, Sardegna, Lazio, Piemonte e il Friuli presentano valori elevati, con una dinamica negativa tra il 2004 e il 2013 che le vede costantemente al di sopra della media nazionale. Sfortunato soprattutto chi vive in Campania, regione classificata in termini di sanità all’ultimo posto, che non solo deve fare i conti con la mala sanità, ma per curarsi devono migrare al Nord. Infatti, mentre per gli uomini e le donne è la provincia di Trento a godere della maggiore longevità (81,2 anni e 85,8 anni, rispettivamente), la Campania, invece, è la regione dove la speranza di vita alla nascita è la più bassa, 78,3 anni per gli uomini e 82,8 anni per le donne. Mentre la popolazione maschile della Puglia, nell’arco di tempo che va dal 2011 al 2015, ha aumentato la sua aspettativa di vita di 0,6 anni, passando da 79,7 anni del 2011 a 80,3 anni del 2015 per gli uomini. Aumenta ma in maniera inferiore - solo di 0,2 anni -, invece, la speranza di vita delle donne pugliesi, passato da 84,3 anni del 2011 a 84,5 del 2015.
A fare la differenza è anche la cultura. «Un cittadino può sperare di vivere 77 anni - sottolineano gli autori dello studio - se ha un livello di istruzione basso e 82 anni se possiede almeno una laurea; tra le donne il divario è minore, ma pur sempre significativo: 83 anni per le meno istruite, circa 86 per le laureate». E persino l’incidenza di patologie croniche dipende dal livello di istruzione: tra i 25-44 anni la prevalenza di persone con almeno una malattia cronica grave è pari al 5,8% tra coloro che hanno un titolo di studio basso e al 3,2% tra i laureati. Un gap che aumenta con l’età: nella classe 45-64 anni, è il 23,2% tra le persone con la licenza elementare e l’11,5% tra i laureati.
Tra i numerosi fattori che influenzano la salute umana un ruolo di primo piano è, sicuramente, rivestito dall’ambiente. I rifiuti rappresentano uno degli indicatori di maggiore pressione, non solo in termini ambientali, ma anche in termini sociali e sanitari. In Puglia la produzione di rifiuti speciali per l’anno 2014 ammonta a 8.933.236, mentre la produzione pro capite si attesa a 2.184, per un totale in percentuale pari al 6,8. Un altro profondo discrimine interviene su fattori di rischio e prevenzione, lo status sociale. Con annessi fattori economici e culturali, che condizionano la salute. Un esempio per tutti, l’obesità, che interessa il 14,5% delle persone con titolo di studio basso e solo il 6% dei più istruiti. E i chili di troppo vanno in direzione opposta anche rispetto al reddito: l’obesità è una condizione che affligge il 12,5% del quinto più povero della popolazione e il 9% di quello più ricco.
Altra emergenza: le liste d’attesa, un tema ancora lontano da una soluzione soddisfacente. L’opinione dell’Osservatorio è che «occorra mettere in rete tutte le strutture, ospedaliere e territoriali, e governare centralmente gli accessi in base all’appropriatezza degli interventi e all’urgenza degli stessi». Lo studio mette in evidenza anche le malattie che sono causa dei maggiori decessi: in questo caso i tumori. La Puglia è, insieme a Basilicata, Calabria e Sardegna, tra le regioni a più alta incidenza (oltre 130 per 100.000) di neoplasie per carcinoma mammario, mentre i livelli più bassi si registrano in Piemonte ed in Emilia-Romagna (89 e 99 per 100.000, rispettivamente).
Ad attenuare le differenze di salute, in un sistema sanitario universalistico, dovrebbe essere l’equità di accesso all’assistenza sanitaria. Eppure, come appare evidente, il welfare nazionale, tra l’altro sottoposto a definanziamento progressivo, non colma del tutto i divari socio-economici. Alle disuguaglianze di salute si affiancano infatti difficoltà di accesso alle cure sanitarie. Ma secondo le rilevazioni dell’Osservatorio della Cattolica, l’antidoto non è rappresentato dall’adozione di un nuovo modello e dall’apertura ad attori privati. E lo studio ricorda che a casa d’altri va anche peggio e il Sistema sanitario nazionale resta una dei migliori in Europa in termini di efficacia.
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