Il pm pronto a distruggere le fonti di prova

Il pm pronto a distruggere le fonti di prova
di Pm
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Mercoledì 16 Gennaio 2019, 09:54 - Ultimo aggiornamento: 09:56
Per favorire gli imprenditori Luigi Dagostino e Flavio D'Introno, l'allora pm di Trani Antonio Savasta, in «maniera davvero preoccupante (e desolante) ha costruito falsi processi, ha indirizzato le indagini al fine di adottare provvedimenti palesemente illegittimi, ha alterato e distrutto fonti di prova», tutto ciò in cambio di danaro e al fine di «adempiere all'accordo corruttivo» con i due imprenditori sui cui indagava. Lo scrive nell'ordinanza il gip di Lecce Giovanni Gallo. L'unica preoccupazione di Savasta - annota il gip - è quella di «continuare a deviare il corso delle indagini, anche consegnando del denaro all'indagato D'Introno affinché si allontani dall'Italia e diventi latitante». Indicativa, a tal proposito, una intercettazione nella quale D'Introno si lamenta: «Io non voglio avere più a che fare, io me ne voglio andare. Se mi chiamano i carabinieri, cosa devo fare?». «Te ne devi andare», risponde Savasta.
Anche per questo il giudice osserva che dalle indagini è emerso «un quadro di malaffare triste e desolante». Secondo il gip, Savasta ha una personalità «oltre che dedita al crimine, certamente pericolosa, in quanto non ha esitato a creare dal nulla false e calunniose accuse nei confronti di privati cittadini, ingiustamente accusati solo per essere stati d'intralcio rispetto alle finalità illecite del D'Introno».
Per quanto riguarda l'allora giudice di Trani Michele Nardi, il gip di Lecce lo definisce una «persona senza scrupoli che utilizza il lavoro di magistrato per spremere il D'Introno ed ottenere quante più utilità possibili». È «sconcertante, tenuto conto che si tratta di un magistrato, come per il Nardi - annota il giudice - sia normale millantare di poter accomodare i processi nel quale è coinvolto D'Introno o cercare di influire sull'esito di processi che lo riguardano». Dalle indagini - annota il giudice - emerge che Nardi «risulta avere una personalità spregiudicata e pericolosa, che ha svenduto la propria funzione e l'ha messa a disposizione di una particolare propensione al crimine, tanto da poter stentare e credere che si tratti di una persona chiamata a svolgere un ruolo così rilevante nell'amministrazione dello Stato». La conclusione del giudice Gallo è che dalle indagini emerge «un quadro di malaffare, tale da rendere triste e desolante constatare di volta in volta con quale spregiudicatezza tre uomini dello Stato (i due magistrati e il poliziotto arrestati, ndr) abbiano abusato con abitudine dei poteri loro attribuiti, senza rispetto alcuno per la legalità e la giustizia, dei quali dovrebbero essere custodi e difensori».
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