Il Buon Partito
di

L'ultra-destra di Ted Cruz e il popolarismo di don Sturzo: ma Fitto con chi sta?

4 Minuti di Lettura
Lunedì 14 Marzo 2016, 13:46 - Ultimo aggiornamento: 17:15
Cosa lega l'uno all'altro David Cameron, Ted Cruz, Marco Rubio, Ronald Reagan, Margaret Thatcher (conservatori nuovi e vecchi, moderati e più estremisti), e poi don Luigi Sturzo, Alcide De Gasperi, Helmut Kohl (campioni storici del popolarismo europeo)? Semplice: sono figurine dello stesso album. Quello di Raffaele Fitto, il leader dei Conservatori&Riformisti che, dopo aver strappato con il leaderismo berlusconiano (e con Forza Italia) ha deciso di far da sé.

Qualche mese fa ci fu chi con ironia fece notare a Fitto che sì, insomma, non sta bene chiamare un movimento politico "Conservatori e Riformisti": un ossimoro, secondo gli scettici, perché se conservi allora non riformi - e viceversa. In realtà però parole, teorie e pratica spiegherebbero il contrario: che il "conservatorismo" oggi identificherebbe per estensione e convenzione un'area di valori (moderati e liberali) e il "riformismo" invece un approccio metodologico (al pari della "conservazione", il suo opposto, che è cosa diversa dal "conservatorismo"). Insomma: possono esserci riformisti di destra e di sinistra, il riformismo ha connotazioni buone e cattive, e anche la sinistra può e sa impelagarsi - come spesso è successo in Italia, soprattutto in epoca pre renziana - nella "conservazione".

Detto questo, però, Fitto non sembra ancora aver individuato una precisa cometa "idealtipica" e una grande famiglia storico-politica a cui realmente affiliarsi. Un problema antecedente rispetto all'orizzonte progettuale, tattico e strategico di riferimento (che pure al momento sembra in evoluzione, all'insegna del "corriamo la maratona, non i 100 metri").

Il pantheon fin qui affrescato e la rete di relazioni internazionali dell'ex enfant prodige berlusconiano sono un bel po' variopinti. Gli esempi sono emblematici. Dopo aver sbattuto la porta di Forza Italia, l'eurodeputato salentino ha preso una cocente cotta per il conservatorismo del premier britannico David Cameron e dei Tories, per il "rinascimento" dei Repubblicani americani e più in generale per i sistemi anglosassoni. S'è messo d'impegno, Fitto, con entusiastici tour in Usa e in Inghilterra. E l'endorsement a Cameron rasenta il sostegno curvaiolo, al punto che l'ex ministro a Bruxelles ha mollato il gruppo dei Popolari europei per aderire ai Conservatori e riformisti (etichetta che, dunque, ha un respiro e una storia ben ramificati nel vecchio continente): uno strappo fragoroso, forse doloroso, soprattutto per chi come "l'uomo forte di Maglie" ha intagliati nel dna i filamenti democristiani, popolari, del moderatismo all'italiana. Certo: la torsione conservatrice su scala europea ha una lettura anche tattica, perché di quel gruppo ora Fitto è il frontman italiano, e invece nel Ppe avrebbe dovuto fare a sportellate tra berlusconiani e alfaniani.

Vale la pena però ricordare che a Bruxelles i Conservatori&Riformisti europei s'ispirano oltre che ai princìpi del liberalismo più hard (meno tasse, meno burocrazia) anche a un ruvido anti-europeismo (contro il federalismo, per il principio di sussidiarietà e scettici sulla moneta unica). E sull'immigrazione le posizioni dei Conservatori europei sono spesso oltranziste, proprio come càpita a quel Matteo Salvini dei cui latrati populisti Fitto in Italia diffida più o meno apertamente.

E i temi etici? Tre anni fa il governo Cameron traghettò al traguardo della Camera dei Comuni il Marriage Bill, la legge sui matrimoni gay (sì: matrimoni in luoghi di culto, non solo unioni civili). «Dobbiamo sostenerli non nonostante, ma perché siamo conservatori», ammonì il primo ministro puntando l'indice contro la frangia più abbottonata dei Tories. Di più: l'Adoption and Children Act (adozione anche da parte di coppie gay) risale al 2002, epoca labour, e però Cameron mai ha pensato di passare il colpo di spugna sulla norma. In Italia i fittiani (in larga parte ex diccì) aprono molto timidamente alle unioni civili e osteggiano la stepchild adoption. E Fitto lascia ai suoi parlamentari "libertà di coscienza".

Cambio di scenografia, Stati Uniti d'America. Nelle scorse settimane c'era stato il primo granello delle primarie per Repubblicani e Democratici: i caucus in Iowa. «Sono contento per l'affermazione di Ted Cruz (che incontrai a Washington) e trovo interessante la performance di Marco Rubio», aveva scandito Fitto lanciando peraltro la proposta di legge italiana sulle "libertarie" (le primarie ispirate proprio al modello americano). Tra Cruz e Rubio passa però un oceano: il primo è un ultra-religioso, radicalmente a destra in fatto di diritti gay, sanità pubblica, aborto, armi, immigrazione, tassazione di ogni forma di ricchezza, politica estera isolazionista. Insomma: non troppo lontano da Donald Trump, seppur meno pittoresco, e verrebbe spontaneo immaginarlo a bere più una birra con Salvini che una tazza di caffè con Fitto. Quanto a Rubio, è il classico repubblicano "soft", moderato, che ha persino concordato in passato con i Democratici una riforma della legge sull'immigrazione, mai sopra le righe, un giovane latinoamericano sbocciato dal nulla.

Non sono semplici sfumature. Altro? Sì. Esattamente un anno fa, alla convention dei "ricostruttori" di Forza Italia (la falange dissidente fittiana, prima dell'addio), l'eurodeputato illustrò in un video il suo pantheon: c'erano Reagan, Thatcher, Oriana Fallaci post 11 settembre 2001, ma anche De Gasperi e Kohl, e però il sipario della clip lo sollevava l'appello "ai liberi e forti" di don Luigi Sturzo, padre del Partito popolare e radice del cristianesimo democratico.
Che, a ben vedere, è poi la matrice di Matteo Renzi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA