Nessuna riconversione: la centrale “Federico II” chiuderà entro il 2025

Nessuna riconversione: la centrale “Federico II” chiuderà entro il 2025
di Francesco RIBEZZO PICCININ
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Martedì 14 Novembre 2017, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 18:16
Dal 2030 al 2025. Si accorcia di cinque anni la vita della centrale Enel “Federico II” di Cerano, che nella strategia energetica nazionale appena approvata dal Consiglio dei ministri è destinata ad essere dismessa, dunque non riconvertita, entro otto anni, quindi cinque anni prima rispetto a quanto previsto da Enel stessa. A spiegarlo sono stati, ieri mattina nella sede del Pd, i due parlamentari democratici Salvatore Tomaselli ed Elisa Mariano, i quali, consapevoli del peso che dovrà sopportare il territorio in termini di posti di lavoro persi, hanno auspicato che Enel possa, comunque, rimanere a Brindisi.
«Il governo - ha sottolineato Tomaselli - ha fatto quello che fa l’organo esecutivo di un grande Paese: fa delle scelte, le propone alla nazione e se ne assume la responsabilità». E le scelte sono affidate, in questo caso, al decreto sulla strategia energetica nazionale, fondata su tre assi. Il primo è la competitività del sistema energetivo, ovvero rendere l’energia meno costosa per le famiglie e le imprese. Il secondo è la sicurezza degli approvvigionamenti, che si ottiene diversificando le fonti per m ettere in sicurezza un grande Paese manufatturiero come il nostro che, però, è sprovvisto di materie prime. E infine la sostenibilità: la grande sfida dei prossimi anni è produrre energia sostenibile. Dentro questo tema c’è la sfida, sulla quale abbiamo molto discusso anche qui a Brindisi, della decarbonizzazione. Che oggi è un atto di indirizzo vincolante per il governo del nostro Paese».
Non manca la frecciatina al governatore della Puglia Michele Emiliano ma anche a molti sindaci “No Tap”. «C’è chi ha fatto di questo tema - ha incalza il senatore - una bandiera spesso demagogica, evocando scenari poco concreti e irrealistici».
 
Ma la dismissione della centrale “Federico II” non porta solo le facilmente immaginabili ricadute positive in termini di ambiente e salute. «La sfida - ha chiarito infatti Tomaselli - anche per chi si candida alla guida della città di Brindisi, e ci auguriamo che per la nostra parte sia una coalizione di centrosinistra quanto più larga possibile, sarà quella di governare questo processo che ha chiari vantaggi dal punto di vista ambientale ma ha anche svantaggi e criticità, a cominciare dal tema del lavoro».
Nella centrale, infatti, tra dipendenti diretti e indotto, lavorano oltre un migliaio di persone. «Non sarà facile. La sfida - ha ribadito il senatore democratico - inizia domani, non tra otto anni, e sarà quella di guidare un processo delicato e ambizioso e perché da una fase di criticità si possano aprire anche opportunità».
La nuova strategia energetica nazionale, ha confermato l’onorevole Mariano, «avrà un impatto ben specifico sul territorio, basti pensare cosa significherà la dismissione della “Federico II” in termini occupazionali. Ma anche investire in rinnovamento può avere un impatto sul territorio, come ci dimostra il grande sviluppo, ahimé, all’inizio incontrollato, degli impianti per la produzione di energie rinnovabili sul territorio».
Il vantaggio, ad ogni modo, non sarà solo dal punto di vista ambientale. «Uno degli assi principali - ha concluso la parlamentare democratica - è quello dell’aggiornamento delle reti. Sappiamo che la produzione elettrica in Puglia, ed anche a Brindisi, ha dovuto scontare il fatto di essere trasmessa su una rete inefficiente. Per questo sono previsti investimenti importanti per l’efficientamento delle reti, in particolare nel Sud Italia. Ed anche su questo elemento dobbiamo concentrarci per trovare insieme gli obiettivi più utili per una regione che è una delle più grandi produttrici di energia elettrica del Paese».
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