L’ombra della criminalità sugli appalti a Cerano: indagano Antimafia e Procura

L’ombra della criminalità sugli appalti a Cerano: indagano Antimafia e Procura
di Erasmo MARINAZZO
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Lunedì 20 Marzo 2017, 18:39
Gli appalti della centrale Enel “Federico II” di Cerano gestiti da un cartello di imprese con collegamenti con la criminalità? Lavori di manutenzione in cambio di “mazzette”? Sono alcuni dei temi di una inchiesta della Procura di Brindisi, transitata anche dalle sponde della Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Lecce.
C’è un fascicolo. Ed è piuttosto corposo. Hanno contribuito a crearlo, finora, un articolato esposto di Enel Produzione, gli interrogatori e l’ascolto delle persone “informate sui fatti”. Interrogatori condotti direttamente dal magistrato titolare, Milto De Nozza, o dai delegati alla Guardia di finanza e dai carabinieri.
“Induzione a dare o promettere utilità” è una delle ipotesi di reato contestate. È quella apparsa nella convocazione in Procura notificata nei giorni scorsi all’impreditore G.L.P., 47 anni, di Monteroni. L’uomo, cioè, che il 7 marzo salì su un’impalcatura della centrale Enel per protestare contro il mancato pagamento di alcuni appalti, per una cifra ammontante a circa 400mila euro.

L’intenzione degli inquirenti era quella di sottoporre G.P.L. ad un’interrogatorio per cercare nuovi spunti per l’inchiesta o trovare riscontro all’ampio materiale raccolto in questi mesi. L’imprenditore, tuttavia, ha scelto il silenzio davanti al pubblico ministero Milto De Nozza e alla polizia giudiziaria. Anche al cospetto del comunicato stampa, diffuso da Enel Produzione il giorno stesso della protesta, col quale la società ha inteso denunciare l’irregolarità nelle procedure delle gare vinte da lui ed anche nella gestione dei lavori. E per mettere al corrente l’opinione pubblica, con quel comunicato, dell’interessamento dell’autorità giudiziaria. Che in altre parole è l’esposto confluito nell’inchiesta.

L’iniziativa dell’Enel ha fatto radicare la competenza alla Procura di Brindisi. Perché intanto aveva aperto un fascicolo anche la Dda di Lecce. Lo stavano seguendo il procuratore aggiunto, capo della Dda e capo facente funzione della Procura di Lecce, Antonio De Donno, e il sostituto Giovanni Gagliotta. Indagava l’antimafia sulla scorta dell’informativa depositata dalla Squadra mobile salentina e contenente una ricostruzione su come sarebbero stati gestiti e manovrati gli appalti per centinaia di migliaia di euro riguardanti la manutenzione della centrale “Federico II”.

Grazie al lavoro delle due Procure, l’inchiesta ruota attorno ad alcuni punti fermi, dalla cui verifica dipenderanno le decisioni future. Gli investigatori stanno adesso cercando di accertare se è vero che esiste un cartello di imprese con l’obiettivo di gestire lavori per centinaia di migliaia di euro a cui sono interessate aziende brindisine, tarantine e salentine. Se è vero che l’imprenditore che sta al gioco come contropartita dovrebbe versare “mazzette” a scadenze prefissate. Se è vero che il “cartello” mette a disposizione una persona con particolari competenze nel predisporre le domande di partecipazione alle gare. E, infine, se risponde al vero che in questo vorticoso giro di affidamenti e di eventuali versamenti di tangenti vengono invogliate ad entrare anche le piccole imprese subappaltatrici, con la prospettiva di dare una svolta alla loro attività, fermo restando la restituzione del favore a colpi di mazzette. 

Infine le indagini si stanno occupando anche di capire se il cartello degli appalti si garantirebbe il silenzio e l’omertà degli imprenditori, facendo capire di avere come “garanti” personaggi di spicco della criminalità locale. Insomma, un quadro inquietante. Al momento, tuttavia, si tratta solo di ipotesi investigative da accertare.
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