Gse, c’è l’accordo: salvi 225 lavoratori

Gse, c’è l’accordo: salvi 225 lavoratori
di Elda DONNICOLA
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Giovedì 18 Gennaio 2018, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 12:08
Dopo quasi otto ore di estenuante trattativa, le Rsu e le Segreterie di tutte le organizzazioni sindacali dei metalmeccanici, nessuno escluso, hanno sottoscritto l’accordo che decreta il via libera alla Dcm per l’acquisizione di Gse. Quanto tutto sembrava perduto e il licenziamento di 225 lavoratori un evento ineludibile al 31 gennaio, il piccolo spiraglio aperto dalla Dcm a concedere qualcosa in più, è bastato affinché si giungesse alla sottoscrizione di un accordo che si traduce: nell’acquisizione di Gse da parte della napoletana Dcm, il salvataggio immediato di 113 posti di lavoro e la garanzia di essere riassorbiti entro i prossimi tre anni per tutti gli altri.
La vertenza è stata complessa, la trattativa che si è sviluppata ancora di pi, le forze in campo tante e sembravano non doversi mai incontrare. Alla fine sembra che abbia prevalso il buon senso di tutti. Basta non dimenticare che alla vigilia dell’asta del 27 dicembre, dopo che sia le parti sindacali che i lavoratori avevano preso atto che nessuna azienda si era presentata alle prime due aste indette dal Tribunale, tutti erano concordi e consapevoli del fatto che quella (la terza asta) era l’ultima spiaggia per salvare l’azienda dal baratro definitivo, ma soprattutto 225 lavoratori. 
Partendo da questo presupposto, la proposta di acquisto formulata da Dcm, che ha al suo interno gli stessi investitori che hanno salvato Dema dal fallimento, sembrava che fosse stata accolta con molto favore.
Che il giorno dopo l’atto di acquisto la società avrebbe formulato un elenco di esuberi, anche questo era nell’aria e nelle aspettative delle organizzazioni sindacali tanto che già si presagiva ad una lunga battaglia sindacale tesa a salvaguardare fino all’ultimo posto di lavoro. Il fallimento della Gse è stato imputato ad una gestione dei costi eccessivamente onerosa con una sproporzione tra il numero degli impiegati e degli operai. Gestione dei costi che ha ereditato la società che aveva in animo di acquistare. 
Dcm ha fatto i suoi conti e si è presentata giovedì della scorsa settimana in Regione alla presenza dei sindacati con una proposta articolata e irremovibile, in pratica un “prendere o lasciare”. Se la proposta fosse stata accettata dalle organizzazioni sindacali Dcm si sarebbe presentata al rogito del 23 gennaio presso il notaio, in caso contrario avrebbe dovuto formulare apposita disdetta per non rischiare di perdere 360 mila euro versati come caparra in sede di asta. 
Il progetto DraGo, così era stato denominato, prevedeva il ricorso alla cassa integrazione per tutti i lavoratori per due anni, la cessione di un ramo d’azienda a Dar in maniera da far confluire in essa 113 lavoratori e proseguire con le commesse e le lavorazioni in atto. E per il futuro il reintegro degli altri lavoratori attingendo al bacino messo in cassa integrazione man mano che si fossero determinate le condizioni. Se all’incontro di giovedì tutte le organizzazioni sindacali sembrava che avessero accolto positivamente la proposta, così non è stato a partire dal giorno dopo quando, nell’assemblea, lavoratori ed Rsu hanno bocciato la proposta.
 
Vano è stato anche il tentativo dell’amministratore unico di Dcm Vincenzo Starace di chiamare a raccolta lunedì mattina i lavoratori per spiegare in maniera diretta il progetto. I lavoratori, eccetto una quindicina, hanno preferito rimanere dentro lo stabilimento. Martedì sera le Rsu mettono la parola fine ad ogni possibile trattativa, ma in serata Fiom, Fim, Fismic e Ugl Metalmeccanici riescono a riaprire il dialogo con la società e ieri mattina il presidente della task-force Leo Caroli ha riconvocato le parti. Sono state necessarie più di otto ore per giungere alla sottoscrizione dell’accordo da parte delle Rsu e di tutte le segreterie dei sindacati. Cosa è cambiato rispetto alla precedente proposta? I lavoratori che transiteranno in Dar restano 113, Dcm però si è impegnata a consegnare a tutti gli altri lavoratori con una lettera formale con la quale si impegna ad assumerli entro i prossimi 3 anni, quindi un ripescaggio non in base ai volumi produttivi, ma in un determinato arco temporale. 
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