Dopo la convalida del fermo, ora arriva anche l'ordinanza di custodia cautelare per i fratelli Cosimo ed Enrico Morleo di 57 e 56 anni in carcere dallo scorso 3 marzo perché accusati di omicidio in relazione a due "cold case", i delitti di Salvatore Cairo e Sergio Spada che sparirono a Brindisi nel maggio del 2000 e nel novembre del 2001. Di Cairo non è stato mai ritrovato il corpo. Secondo gli inquirenti i due furono uccisi perché motivi legati ad interessi economici su società che operavano nel settore dei casalinghi, tra cui una ditta di Cosimo Morleo. Quest'ultimo è ritenuto il mandante dell'uccisione di Cairo e Spada, Enrico Morleo invece l'esecutore materiale. Gli indagati sono in carcere dal tre marzo scorso, quando era stato eseguito il fermo di indiziato di delitto del pm della Dda di Lecce Milto Stefano de Nozza che a seguito di indagini condotte dalla squadra mobile di Brindisi ha contestato a entrambi le aggravanti della premeditazione e del metodo mafioso.
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Il provvedimento
L'ordinanza di custodia cautelare è del gip Marcello Rizzo. Il «quadro probatorio» a carico dei fratelli Morleo, si legge in una nota della polizia, è «idoneo a sostenere significativamente accuse di tale portata per le quali, quanto meno per gli aspetti edittali, è previsto l'ergastolo».
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Le indagini
Sono due le testimonianze chiave che, insieme ai riscontri, consentirono agli inquirenti di dare una svolta al 'cold case' dei due imprenditori uccisi. Una è quella del fratello dei due indagati, Massimiliano Morleo, che ha deciso di collaborare con la giustizia, l'altra è stata resa da un uomo, che all'epoca dei fatti aveva appena 18 anni, che per motivi di lavoro si trovò nel luogo in cui, stando al suo racconto, il cadavere di Cairo veniva brutalmente fatto a pezzi per poi essere distrutto con il fuoco e con l'acido. Quest'ultimo ha raccontato ai poliziotti della Squadra mobile e al pm di essere stato all'epoca dei fatti minacciato di morte e per questo di non aver mai rivelato quanto aveva visto. A convincerlo a deporre, una volta saputa la verità, è stata la moglie.
Le intercettazioni
Nel provvedimento di fermo c'erano anche le intercettazioni delle conversazioni di uno dei due indagati che, prima di essere arrestato, rappresentava il timore alla compagna di passare in cella il resto della sua vita. Per condurre le indagini, riaperte dopo la collaborazione di Massimiliano Morleo, è stata ricostruita la stessa squadra investigativa che aveva operato fino al 2003, incluso l'allora capo della Mobile, Vincenzo Zingaro, oggi primo dirigente alla questura di Matera, e che aveva dovuto arrendersi, all'epoca, alla mancanza di elementi certi per procedere.