Ospedali con metà personale e pazienti in cerca di un letto. Si rischia la fuga dei medici

Ospedali con metà personale e pazienti in cerca di un letto. Si rischia la fuga dei medici
di Maurizio DISTANTE
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Mercoledì 26 Luglio 2017, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 16:52
Una delle parole chiave che meglio rappresentano lo stato attuale del pianeta sanità della provincia di Brindisi, ma non solo, in questo particolare momento storico potrebbe essere “carenza”. Pochi medici, pochi infermieri, pochi ausiliari, pochi posti letto: sono queste le lamentele più frequenti provenienti sia dagli operatori sanitari impiegati nelle strutture del territorio sia dagli utenti che faticano a trovare risposte ai bisogni di cura e di assistenza, nonostante gli sforzi degli stessi operatori che offrono il proprio servizio in una situazione non certo semplice. Non bisogna dimenticare che la sanità sta vivendo una fase di profonda trasformazione derivante dall’applicazione del piano di riordino ospedaliero messo a punto dalla Regione che, come ogni periodo di passaggio, può presentare il conto dei cambiamenti in divenire ma, in un territorio che quasi raddoppia la sua popolazione nei mesi estivi per i flussi turistici in entrata, la situazione, tanto nei reparti quanto nei pronto soccorso, può diventare davvero difficile.
Passare in rassegna le maggiori sofferenze patite dal sistema non è cosa semplice per la complessità intrinseca del meccanismo che governa la sanità: non sono rari i casi, ad esempio, in cui i medici sono costretti ad attaccarsi al telefono per trovare una sistemazione a pazienti che necessitano un ricovero, come non è altrettanto raro che, quando si trova un posto libero, questo possa essere a chilometri di distanza. 
Per quello che riguarda i pronto soccorso, poi, c’è la questione della centralizzazione della maggior parte degli interventi del 118 verso l’ospedale Antonio Perrino, quello che, grazie a una maggiore completezza specialistica, offre maggiori garanzie in determinate e delicate situazioni.
«Il problema è serio e grave – conferma Giuseppe Marinotti, primario del pronto soccorso dell’ospedale Dario Camberlingo di Francavilla Fontana – È vero che se il 118 prende in carico un paziente con un politrauma grave o con patologie tempo-dipendenti è costretto a centralizzare sul Perrino, ma non è questo tipo di intervento a costituire il vero problema, poiché in questi casi si segue il protocollo da codice rosso e si ha accesso a una corsia preferenziale: il grosso guaio è che i pronto soccorso di Francavilla e di Ostuni sono costretti a farsi carico di una parte di pazienti provenienti dai territori limitrofi. A Francavilla arriva gente da Manduria, da Sava, da Grottaglie, da San Marzano di San Giuseppe, tutti paesi in provincia di Taranto. Questo perché negli ospedali che costituirebbero il naturale approdo per quella fetta di bacino d’utenza mancano alcune specialità che, invece, da noi ci sono: a Manduria come a Grottaglie, ad esempio, hanno chiuso la ginecologia e la pediatria, con un conseguente travaso di accessi a Francavilla».
Per gestire questo tipo di situazioni, ognuna con le sue specificità, servirebbe una consistente iniezione di risorse umane che, però, stenta ad arrivare, nonostante gli sforzi del management Asl nel reclutamento di nuove figure professionali. «Il dramma è che il personale in servizio, a Brindisi come a Francavilla, è la metà di quello che servirebbe: in molti, dopo l’assunzione tramite concorso, vanno via per i motivi più diversi. Servirebbero degli incentivi per convincere i medici a restare e mettere le radici per una migliore conoscenza del reparto e delle sue dinamiche». 
Secondo la delibera di giunta regionale sulle emergenze/urgenze, la 1933 del novembre 2016, nella quale vengono stabilite le dotazioni minime degli organici in pronto soccorso in base alla classificazione delle strutture, a Brindisi e a Francavilla ci sarebbero effettivamente la metà dei medici previsti. La delibera, poi, prevede l’obbligo dell’Obi, l’osservazione breve intensiva, con personale medico e infermieristico dedicato.
I problemi, però, non si fermano alla sola carenza di professionisti, che riguarda anche le figure di supporto, la cui mancanza rallenta la vita di ogni centro vitale degli ospedali, ma anche alcuni aspetti organizzativi. «I posti letto per gli acuti, secondo me, ci sono e sono sufficienti. Il problema è che abbiamo a che fare ogni giorno con pazienti che non dovrebbero arrivare in ospedale: gli anziani, i malati cronici, non trovando risposte sul territorio, si rivolgono a noi, riducendo di molto le disponibilità». Serve, dunque, secondo Marinotti, un serio confronto che porti a delle decisioni che mettano in regola questi e altri aspetti, prima che sia troppo tardi. «Un pronto soccorso che vuol chiamarsi tale non può avere il servizio di radiologia o il laboratorio analisi in pronta reperibilità: bisogna dare delle risposte agli utenti che, sempre più consci dei loro diritti, riversano sugli operatori la propria rabbia, in maniera ingiustificata, sempre più spesso, alimentando così il circolo vizioso del fuggi fuggi dei professionisti dalle nostre strutture».
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