Rubato tutto il raccolto al coltivatore di cannabis legale. Ma lui non molla grazie all'aiuto dei colleghi

Danilo Panzano
Danilo Panzano
di Maurizio DISTANTE
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Lunedì 17 Settembre 2018, 08:00
BRINDISI - Non si arrenderà ai criminali che gli hanno devastato il raccolto: Danilo Panzano, 29enne brindisino, ripartirà da una nuova coltivazione, da un nuovo campo e farà tesoro di quanto accaduto nella notte tra l’11 e il 12 settembre. Panzano è un contadino un po’ particolare: invece di curare uliveti, vigne, frutteti, grano o legumi il 29enne ha scelto di coltivare la cannabis legale, quella privata del principio attivo psicotropo, il Thc o tetraidrocannabinolo, ma ricca di Cbd, il cannabidiolo, dalle riconosciute proprietà terapeutiche, in un terreno ad Apani, nei pressi del litorale nord di Brindisi. In Italia è possibile intraprendere questo tipo di attività dalla promulgazione della legge 242 che, appunto, regola l’uso della marijuana priva di Thc nei settori alimentare, cosmetico, farmaceutico, tra gli altri.

Il 29enne, nel 2016 quando ancora era alle dipendenze di una multinazionale informatica che lo ha tenuto lontano dall’Italia per diversi anni, ha individuato un’opportunità nella nuova legge e ha deciso di tornare a casa, a Brindisi, e di imparare il nuovo mestiere del contadino. «Mentre apprendevo i rudimenti dell’arte di coltivare la terra – spiega – ho ottenuto tutte le numerose e stringenti autorizzazioni necessarie a fare quello che avevo in mente: l’anno scorso ho raccolto e ho investito tutto per migliorare e ingrandirmi. Purtroppo, però, le cose sono andate come sono andate». Le cose cui Panzano si riferisce puntano dritte alla notte tra l’11 e il 12 settembre scorsi: al calar del sole, il contadino, o meglio l’imprenditore agricolo, lasciò le sue piante di Apani, quasi pronte per essere raccolte e lavorate, per il meritato riposo dopo una dura giornata nei campi; al mattino, intorno alle 11, il panorama del campo era mutato da una distesa verde in un paesaggio marziano. Delle piante che coprivano completamente il mezzo ettaro del terreno di Apani rimanevano solo pochi esemplari, i più piccoli e meno interessanti dal punto di vista commerciale.

«Hanno preso l’80% delle piante pari al 90% del raccolto: quelle rimaste, le più piccole, le ho prese io anche se avevano ancora bisogno di crescere in campo aperto». L’amarezza nel vedere il frutto del proprio lavoro e dei propri investimenti, circa 100mila euro in totale, tranciato di netto come i fusti della cannabis di Apani ha portato il 29enne a tristi considerazioni. «Dopo aver denunciato il fatto, ho pensato seriamente di mollare tutto e di tornare alla mia vecchia vita: mi sono detto che qui non cambieremo mai».

Poi, col passare delle ore, il telefono ha cominciato a squillare con insistenza: in tantissimi hanno voluto dimostrare la propria vicinanza all’imprenditore, soprattutto i suoi colleghi che conoscono a menadito i rischi e le montagne che si devono scalare quando si intraprende questa attività.

«I produttori di cannabis - racconta - mi hanno contattato in tantissimi e devolveranno alla mia causa parte del loro prossimo raccolto: da qui si può ripartire di nuovo, non senza aver fatto tesoro di quanto accaduto. A livello morale, poi, hanno fatto tanto anche gli innumerevoli messaggi di comuni cittadini che si sono offerti di aiutarmi in qualsiasi modo». L’avventura del contadino 2.0, quindi, proseguirà, sempre a Brindisi ma in un campo diverso da quello di Apani, come si evince visitando il sito web di Panzano, negoziocbd.it, sulla cui home campeggia un’eloquente scritta: “Siamo stati derubati (ma i nostri prodotti saranno comunque presto online)”.

«Ormai - prosegue - quel terreno non è più fruibile, per quel che mi riguarda. Cambierò zona e, stavolta, starò maggiormente accorto per quel che riguarda le misure di sicurezza da adottare: non avevo le risorse economiche necessarie per mettere a punto anche questo aspetto e ho preso solo alcune accortezze che, evidentemente, non sono state sufficienti». L’idea è quella di dotare la coltivazione di trappole fotografiche, telecamere di videosorveglianza, guardie armate e possibilmente un muro di cinta. «Servono soldi - commenta però - e anche tanti: spero di farcela già dal prossimo raccolto, investendo parte dei soldi provenienti dalle donazioni per i sistemi di sicurezza».

Il peggio, quindi, è alle spalle ma davanti c’è un sacco di lavoro da fare, sia per preparare il prodotto del “raccolto” proveniente dalle donazioni e per organizzarne la vendita, sia per rifondare tutta l’attività in un altro posto top secret. «Dall’inizio - conclude - ho sempre fatto tutto quasi da solo, non mi spaventano i carichi di fatica che mi aspettano: sono pronto. Prima, però, devo ringraziare i produttori di cannabis light, senza i quali questo nuovo capitolo non si sarebbe potuto scrivere. Un grazie va anche a tutti quelli che hanno voluto esprimermi solidarietà: è un gesto che vale molto più di quello che può sembrare».
 
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