Salentina volontaria in Sudan
«L’Africa è il mio ospedale»

Salentina volontaria in Sudan «L’Africa è il mio ospedale»
di Victor BOTTA
4 Minuti di Lettura
Domenica 19 Febbraio 2017, 16:31 - Ultimo aggiornamento: 18:01

Nel cuore del continente africano c’è un’oasi di speranza, un luogo che ha ridato possibilità di vita a migliaia di persone: è il Centro “Salam” di cardiochirurgia di Soba, 20 chilometri a sud della capitale sudanese Khartoum. È l’unico ospedale specializzato totalmente gratuito in tutta l’Africa ed il 3 maggio prossimo festeggerà i primi 10 anni di attività.
Tra le tante storie professionali e di vita che si intrecciano nell’ospedale “Salam” c’è anche un po’ di Puglia. Dal novembre scorso, infatti, presta servizio volontario il cardiochirurgo Silvia Travaglini, originaria di San Vito dei Normanni. «Frequento il 4° anno di specializzazione presso l’Università degli Studi di Milano e fino ad ora sono il primo specializzando di cardiochirurgia del Centro cardiologico “Monzino” di Milano a partire per il Sudan con Emergency», racconta la dottoressa sanvitese che sin da quando era bambina sentiva che la medicina sarebbe stata la sua strada. «Già dai tempi del liceo desideravo fare un’esperienza lavorativa e umana in una ong (organizzazione non governativa). Durante il periodo di specializzazione abbiamo la possibilità di svolgere un’esperienza formativa all’estero. Quando ho saputo che in Sudan operava l’unico ospedale di cardiochirurgia di Emegency non ho avuto dubbi. Fortunatamente il mio sogno si è trasformato in realtà».
Una scelta sostenuta appieno dai suoi familiari, nonostante i primi, comprensibili, momenti di preoccupazione. Timori che sono stati, tuttavia, subito ulteriormente dissipati dai primi racconti dell’esperienza sudanese. «Qui ho trovato una grande famiglia che mi ha accolto immediatamente a braccia aperte, facendomi sentire a casa. Per me è un’eccezionale possibilità di crescita professionale. Impari tanto ed in fretta. Attualmente - spiega - sono secondo operatore su ogni intervento e ciò rappresenta un’occasione straordinaria per uno specializzando. Ci tengo a sottolineare poi la grande collaborazione tra il personale medico-infermieristico nazionale ed internazionale. Tutti i pazienti, infatti, parlano solo arabo e senza il supporto dello staff locale sarebbe estremamente complesso garantire un servizio di cure efficiente».
Il Centro “Salam” è una struttura all’avanguardia – costruita con specifiche tecnologie di raffrescamento, isolamento e filtrazione in grado di contrastare le temperature che superano i 40 °C per la maggior parte dell’anno e le frequenti tempeste di sabbia - e dotata di tecnologie di ultima generazione che hanno permesso di ridurre in modo significativo i consumi energetici dell’edificio. Il lavoro incessante e quotidiano di tutti i volontari ha permesso all’ospedale “Salam” di operare - da aprile 2007 a luglio 2016 - 6.191 persone di età compresa fra i 13 giorni e i 65 anni, provenienti da ben 26 Paesi africani, offrendo assistenza altamente qualificata e gratuita a pazienti affetti da patologie congenite e acquisite di interesse chirurgico. Si tratta soprattutto di patologie valvolari di origine reumatica, la cui incidenza è particolarmente alta nei giovani: oltre il 56% dei pazienti ha meno di 26 anni di età. La malattia reumatica - che può essere causata anche da una banale tonsillite trascurata - è diffusa in particolare nei Paesi poveri, dove gli antibiotici non sono accessibili a tutti e le condizioni igieniche sono molto precarie: in Occidente è praticamente scomparsa, ma in Africa colpisce oltre 18 milioni di persone.

 

Per raggiungere l’ospedale, molti pazienti percorrono centinaia di chilometri in condizioni climatiche e logistiche estreme, spronati soltanto dal sogno di potersi finalmente sottoporre a quell’operazione che potrebbe salvargli la vita. «Non di rado - spiega Silvia - capita che i genitori di famiglie numerose non riescano a stare vicino ai propri bimbi malati poiché non possono lasciare da soli gli altri figli.
Come è avvenuto nel caso di una meravigliosa bambina di 7 anni, affetta da una valvulopatia mitro-tricuspidalica, giunta dall’Uganda nel novembre scorso insieme alla mamma di un altro bimbo che doveva essere sottoposto ad operazione. È una vicenda che mi è rimasta particolarmente nel cuore. Piangeva spesso per l’assenza dei genitori e noi cercavamo di farle compagnia non appena ne avevamo la possibilità. Dopo un mese di degenza è stata dimessa con successo».

© RIPRODUZIONE RISERVATA