Tassa di soggiorno: il dibattito si infiamma
«Risorse per il turismo» ma gli albergatori sono contrari

Turisti in giro per la città
Turisti in giro per la città
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Giovedì 9 Agosto 2018, 08:00
BRINDISI - «Se Brindisi vuole davvero diventare una città turistica, viste le condizioni economiche difficili, bisogna pensare di istituire una tassa di soggiorno, proprio come Fasano, Ostuni e Carovigno». Ad annunciarlo è il sindaco Riccardo Rossi, che ha già affrontato la questione non solo con l’assessore al Turismo Oreste Pinto ma ha cominciato anche a discuterne con le associazioni di categoria. Ma in cosa consiste, in sostanza, la tassa di soggiorno? Si tratta di una somma, solitamente di circa uno o due euro, che i turisti pagano - direttamente all’albergo o al bed & breakfast - per ogni giorno di soggiorno nel territorio comunale. Somma che i gestori delle strutture ricettive incassano e poi girano direttamente nelle casse del Comune.

«In questo modo - prosegue il sindaco - il Comune può ottenere risorse dalle quali attingere per investire sul settore turistico-ricettivo organizzando eventi culturali e migliorando l’attrattività della città». In molte città, tuttavia, all’introduzione della tassa di soggiorno sono seguite polemiche durissime, soprattutto da parte di albergatori e gestori di strutture di accoglienza. E così sta succedendo anche a Brindisi, con i rappresentanti del settore turistico iscritti a Confindustria tutt’altro che soddisfatti per la decisione. Anche per questo, il primo cittadino prova già a placare gli animi: «Parliamo di un euro o due in più pagati da chi viene a Brindisi. Non mi pare che questo possa essere un elemento che faccia da deterrente ai possibili turisti. Anche perché ormai questa tassa si paga in quasi tutte le città. Non mi pare, quindi, nulla di scandaloso. Soprattutto perché occorre per recuperare risorse».

Il sindaco Rossi, tuttavia, tiene a sottolineare che la decisione non sarà presa in solitudine. «Valuteremo - promette infatti - con gli operatori del settore, ai quali ribadiremo che le risorse serviranno a promuovere il turismo». E serviranno, come sottolinea l’assessore al ramo Pinto, solo ed esclusivamente per quello. «Porterebbe - chiarisce infatti - dai 150 ai 200mila euro, utilizzabili esclusivamente per potenziare il turismo, organizzare eventi e iniziative simili. E non peserebbe sugli albergatori o sui bed & breakfast regolari. Anzi, porterebbe benefici anche a loro, perché se creiamo eventi o riorganizziamo la gestione turistica, diamo vita ad un brand, quelle risorse possono rientrare nelle loro tasche». E rimanerci, invece di finire nelle casse del Comune.

E tra i modi per provare a rilanciare, o meglio costruire, la Brindisi turistica, per l’assessore non ci sono solo i beni monumentali e la cultura. Non a caso, infatti, tra le sue deleghe, oltre al Turismo, ci sono Agricoltura, Enogastronomia e prodotti tipici, Fiere ed, in generale, le Attività produttive. Del resto, anche il commercio può essere utile ad incentivare le presenze turistiche. «Anche con l’agricoltura, con il vino, con i nostri prodotti tipici - fa notare - si può fare turismo. Come accade, del resto, in molte altre parti del mondo. Per questo sarebbe bello se il Pug prevedesse la valorizzazione dell’agro di Brindisi, che è uno dei più ampi ed esteri della Puglia, utilizzandolo come destinazione del cosiddetto “turismo lento”, sul modello californiano».Proprio in California, che fino a qualche decennio fa non aveva alcuna tradizione vinicola, luoghi come la Nappa Valley attirano oggi centinaia di migliaia di persone. «Il perno attorno al quale ruota tutto - aggiunge - è l’identità culturale dei luoghi. Così si può dare vita ad un turismo che possa ruotare intorno a queste vecchie forme di economia abbandonate a favore dell’industria. E, naturalmente, essere una fonte di lavoro per i giovani».

E in questo senso, fondamentale sarebbe per l’assessore Pinto il ritorno degli agriturismi. Il tutto, infine, sotto l’egida di un marchio riconoscibile e che rappresenti davvero l’identità del territorio. «E chi - conclude - meglio delle nostre tradizioni e dei nostri prodotti tipici può aiutarci a ritrovare la nostra identità condivisa e far crescere anche la nostra reputazione?».
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