Casciaro, il pittore dei paesaggi salentini

Casciaro, il pittore dei paesaggi salentini
di Brizia MINERVA
5 Minuti di Lettura
Martedì 14 Marzo 2017, 22:27
Tra Otto e Novecento la modernità in pittura si afferma con il paesaggio. È da qui che passa la fisica della natura, così come la fisica della pittura. Naturalismo e realismo sono le due estetiche principali in opposizione ad accademismo e classicismo. Nell’opera la verità è prima di tutto presenza e il paesaggio permette di esprimere la visione del presente, la manifestazione di un assoluto al tempo stesso immediato e, paradossalmente, atemporale. È un’idea di natura che è intimamente legata al luogo e all’identità regionale, alle sue qualità naturali.
La percezione dell’esistente abbandona il campo filosofico per impiantarsi concretamente nella fisica della geografia. Natura, regione, identità... Esiste un legame, inevitabile, organico, tra pittura e geografia che attraversa la ricerca dei paesaggisti della Normandia come i vedutisti inglesi, i pittori napoletani della “scuola di Resina” e i macchiaioli toscani, i pittori impressionisti dei Salon parigini come i paesaggisti della sterminata provincia pugliese. I valori globali possono nascere da fonti locali. Non già imitare la natura così come si mima la verità, ma afferrare la natura come riserva di singolare verità. Da questa prospettiva la questione del provincialismo si pone in altri termini.
È l’unicità di uno sguardo che restituisce l’anima di un luogo, come quello del barlettano Giuseppe De Nittis (1846-1884), artista di successo a Parigi che lascia in Puglia intense riprese dal vero, considerato per questo l’iniziatore o il precursore del paesaggismo pugliese come si comprende, dai suoi tanti dipinti legati all’Ofanto - visibili presso la Pinacoteca Metropolitana di Bari e il museo di Barletta.

Così come l’intensità della pittura di Giuseppe Casciaro (1861-1941), nato ad Ortelle, nel Basso Salento, il più moderno interprete del paesaggio salentino in chiave sentimentale e psicologica. I suoi pastelli di grande poesia con scorci, vedute, angolazioni dell’ambiente che lo circonda esprimono la sua raffinata cultura figurativa legata al paesaggismo romantico napoletano di Anton Pitloo e alle esperienze veriste assimilate attraverso la frequentazione di artisti quali G. Smargiassi, F. Palizzi e D. Morelli.
Se infatti la prima formazione di Casciaro si svolge alla scuola di disegno di Paolo Emilio Stasi a Spongano, è a Napoli, come sempre splendida, viva e vivace di fermenti di voci e colori di artisti, che avviene il suo apprendistato all’arte nella sua forma più rigorosa e severa.

Echi e riflessi di diverse concezioni e mondi gravitano attorno al giovane Casciaro. Decisivo è l’incontro con Francesco Paolo Michetti per l’uso virtuoso che l’artista abruzzese realizza del pastello. D’ora in poi sarà questa la tecnica prediletta di Casciaro, esplorata nelle svariate potenzialità espressive e mai abbandonata lungo la sua complessa carriera. Dopo il successo ottenuto alle prime esposizioni promotrici napoletane fa ritorno per qualche tempo nel paese natale, Ortelle, a trarre nuove fonti di ispirazione, a studiare le più intime percezioni di luce e increspature di colore.
Nella città partenopea la sua vocazione per la pittura di paesaggio trova stimolo nei numerosi spunti di angolazioni mozzafiato offerte dalla collina del Vomero: Antignano, i Camaldoli, Capodimonte, e dei quali offre una visione densa di atmosfera, dai toni grigi e cilestrini che accoglie le suggestioni moderne di Giuseppe De Nittis, Federico Rossano e del toscano Adriano Cecioni, diventati suoi artisti di riferimento. La presenza di quest’ultimo a Napoli aveva determinato uno dei momenti più all’avanguardia della cosiddetta “scuola di Resina”, introducendo nuove istanze teoriche e tecniche affini a quelle dei macchiaioli toscani e cioè: studio diretto del vero e della natura “all’aria aperta”, stile basato sui rapporti di tono dei colori anziché su disegno e chiaroscuro.

Seguendo queste chiavi di ricerca Casciaro elabora una propria grammatica visiva che caratterizzerà il suo stile in modo costante, elimina via via il chiaroscuro, i contorni netti e l’eccessiva definizione dei particolari, evolvendo nella direzione di un realismo sintetico, tutto giocato sui rapporti di luce, intesi innanzitutto come rapporti costruttivi.
La sua pittura si fa presto sicura: originale nella resa dell’emozione, convincente nella tecnica, acuta nella percezione. I ripetuti viaggi a Parigi intensificano queste esperienze, sente e accoglie l’influenza di un realismo più moderno legato ai macchiaioli toscani e al tardo De Nittis pe l’incisiva capacità del tocco.

Il ruolo di Casciaro nella pittura napoletana di fine ‘800 è senza dubbio di primo piano. Si reca spesso a Parigi, riscuotendo notevole successo. Nella capitale francese si presenta a varie edizioni del Salon e lavora per il prestigioso mercante d’arte Adolphe Goupil (1806-1893), commerciante di stampe e quadri, editore di splendidi cataloghi d’arte e della famosa rivista mensile Les Arts. Questi aveva fondato la sua Maison nel boulevard Montmartre e allargato la sua attività alla vendita di opere contemporanee. Nella scuderia di artisti che Goupil alleva spiccano tra gli italiani, oltre a Casciaro, De Nittis, Michetti, Mancini, lo spagnolo Fortuny. Gli acquirenti di questa pittura erano americani ed esponenti delle nuove ambiziose classi borghesi che volevano acquistare segni tangibili e di qualità della propria ascesa sociale assegnando il primato all’abilità della mano e alla riconoscibilità della buona tecnica.
Il successo parigino consacra Casciaro al pubblico internazionale: espone in mostre a Torino, Milano, Venezia, Berlino, Barcellona, Bruxelles, Vienna e Pietroburgo.
La realizzazione di pastelli accompagna l’attività di Casciaro a partire dagli anni Ottanta dell’Ottocento che sublima in modo personalissimo avendo ben compreso come scrive Vincenzo Ciardo “quanto meglio convenisse alla sua visione, tra irreale e sognante, la tecnica del pastello, la cui stessa immaterialità attenua nel dipinto il senso del concreto”. È possibile notare come egli tenda sempre più verso una maggiore astrazione del soggetto, concentrando l’attenzione sull’atmosfera, in un fluire continuo di luce e colore. Tra le collezioni pubbliche che custodiscono oggi sue opere, oltre al Museo Provinciale “Sigismondo Castromediano”, di Lecce anche la Pinacoteca d Martano dedicata al collezionista e studioso Michele Paone.
L’immagine si sfalda, il segno è sinuoso, ma la memoria è intatta, Casciaro, negli intensi anni napoletani non dimenticherà mai le scogliere e gli orizzonti su cui il suo sguardo ha rintracciato le coordinate per un rapporto simbiotico con la natura della sua terra.
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA