Città del libro, nel Mediterraneo il nostro futuro remoto

Città del libro, nel Mediterraneo il nostro futuro remoto
di Ilaria MARINACI
3 Minuti di Lettura
Giovedì 23 Novembre 2017, 06:05 - Ultimo aggiornamento: 12:13
Se l’intenzione dichiarata del nuovo corso della Città del Libro di Campi Salentina, firmato da Alessandro Valenti, è quella di imporsi come avamposto culturale per creare un ponte di dialogo con chi vive dall’altra parte del Mediterraneo, la scelta di Tahar Ben Jelloun come ospite di punta della giornata d’apertura non poteva essere più felice. Come felice di partecipare a questo appuntamento si dichiara lo stesso scrittore marocchino di lingua francese. «Sono molto onorato di tornare in Puglia – scrive l’autore – per celebrare i libri e la lettura in questi tempi in cui le tensioni offuscano la storia».
Poche parole che ben inquadrano la caratura internazionale di un personaggio da anni impegnato in un’operazione di mediazione fra mondo arabo e Occidente.
Questa sera, dalle 20.15, nella Chiesa Madre di Campi, avrà modo di parlare della dualità di due civiltà di recente tornate allo scontro aperto con il direttore generale della Treccani ed ex ministro ai Beni Culturali Massimo Bray e con lo scrittore e giornalista Alessandro Leogrande. Un confronto che promette di toccare tutti i temi più scottanti, che Ben Jelloun, negli ultimi anni, ha avuto modo di affrontare nelle sue opere.
Classe 1944, nato in una famiglia di origine berbera, si è contraddistinto sempre nei suoi romanzi per la capacità di contaminare, grazie anche ad un registro espressivo raffinato e mai monocorde, la tradizione araba scritta e orale con i modelli della narrativa moderna.
Nella prima parte della sua produzione letteraria, Ben Jelloun ha puntato la sua attenzione soprattutto sul mondo della marginalità e della devianza, che aveva già avuto modo di indagare attraverso i suoi studi. Dopo la laurea in filosofia, infatti, ha conseguito un dottorato alla Sorbonne in Psichiatria sociale con una tesi dedicata alle condizioni di vita e di lavoro degli immigrati nordafricani in Francia. Un tema che avrebbe approfondito e ampliato più avanti nel saggio “L’estrema solitudine” del 1988 e poi nel romanzo “Le pareti della solitudine” del 1990. Una creazione letteraria estremamente poetica e, allo stesso tempo, una denuncia forte del razzismo imperante nella società che anticipa, in maniera quasi visionaria, le ragioni delle proteste divampate di recente nelle banlieue parigine.
Il suo primo romanzo è “Harrouda” che esce nel 1973 con protagonista una prostituta perché sono quelle le vite che più interessano l’autore. Le storie dei folli, degli esclusi, dei diversi. Ma la consacrazione definitiva arriva con “La Nuit sacrée” nel 1987, che gli vale il prestigioso Premio Goncourt e la fama di scrittore straniero francofono più conosciuto in Francia. Un affresco vivido che racconta di come una donna, cresciuta come un uomo, si riappropria delle sua identità sessuale, passando però dalla parte degli oppressi. Come in questo, anche in altri libri, Ben Jelloun ama molto indagare la frattura che deriva dall’allontanamento dalle proprie origini.
Il suo interesse per storie e situazioni difficili lo porta nel 1991 anche nel Sud Italia. Accompagnato dal suo traduttore italiano Edi Volterrani per una serie di articoli commissionati dal quotidiano “Il Mattino” di Napoli, fa un viaggio fra Campania e Calabria evidenziando proprio la latitanza delle istituzioni e nasce così “Dove lo Stato non c’è – Racconti Italiani”.
 
Nelle opere degli ultimi anni, prevale soprattutto l’impegno politico e sociale, con riflessioni importanti sui temi della tolleranza, dell’integrazione e della differenza. Nel 1999, per il libro “Il razzismo spiegato a mia figlia” e per il suo profondo messaggio gli è stato conferito dal segretario generale delle Nazioni Unite il Global Tolerance Award. Il suo libro più recente, “Il terrorismo spiegato ai nostri figli”, uscito proprio quest’anno e pubblicato in Italia da La Nave di Teseo, riprende tecnica e argomento di quello del 1999 cercando di dettagliare in modo semplice le ragioni di quello che sta accadendo, tra religione, storia, interessi economici e politici.
«Siamo sempre lo straniero di qualcun altro – sostiene nel saggio Ben Jelloun –. Imparare a vivere insieme è lottare contro il razzismo». Un messaggio di pace forte che si diffonde attraverso i libri e stasera, a Campi, risuonerà per bocca di uno scrittore islamico in una chiesa cristiana.
© RIPRODUZIONE RISERVATA