Intervista (impossibile) a Foucault
«Ritroviamo il senso del limite»

Michel Foucault nella rivisitazione di "Las Meninas" di Velàzquez (illustrazione di Giulia Tornesello)
Michel Foucault nella rivisitazione di "Las Meninas" di Velàzquez (illustrazione di Giulia Tornesello)
di Stefano CRISTANTE
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Domenica 15 Ottobre 2017, 19:10
Intervistatore: Senta Michel, parliamoci chiaro: lei come è arrivato a quel quadro(1)?
Foucault: Intende Las Meninas?
I: Certamente, il capolavoro di Velàzquez(2). Vorrei sapere come mai lei si è tanto interessato alle damigelle di una corte barocca. [Guardi che è lì che poi vorrei portarla, al barocco]. Ma intanto sarebbe così gentile da spiegarmi come è iniziata la sua indagine sul quadro?
F: Ci sono letteralmente inciampato sopra: Las Meninas – sotto forma di cartolina –, uscì da un vecchio catalogo che il mio compagno aveva appoggiato su un tavolino traballante e che era caduto. Presi in mano l’immagine. Mi sembrò di scivolare in quel tipo di piccoli gorghi che appaiono come “mise en abyme”. Letteralmente, vuol dire “collocazione nell’abisso”: è il dispositivo che consente di vedere l’oggetto all’interno stesso dell’oggetto, come la riproduzione del quadro che si sta dipingendo all’interno della stessa tela dipinta.
I: Proprio come fece Velàzquez.
F: Exactament. È stato lui a darmi la scossa, a farmi capire che il centro del sapere, nel corso del XVII e XVIII secolo, è il quadro. Dalla cartolina de Las Meninas sono passato a vari tipi di immagini riprodotte e quindi sono stato non so quante volte al Prado per scrutarlo da vicino.
I: È un grande dipinto, se non sbaglio.
F: Sì, per la precisione è più alto di tre metri (318 cm) e largo poco meno (276 cm). È gigantesco e impressionante.
I: Potrei chiederle una succinta descrizione? E poi: perché questo quadro è così importante? Perché Foucault dedica al quadro di Velàzquez l’ingresso del suo libro forse più celebre, Le parole e le cose?
F: Una cosa alla volta. Parliamo intanto del quadro. Fu commissionato a Velàzquez dal re di Spagna Filippo IV: il maestro andaluso lo ultimò nel 1656. In primo piano c’è l’infanta Margherita, cinque anni, vestita di bianco e accudita da due damigelle: sono loro “las meninas”. Una porge all’infanta una brocca d’acqua, l’altra accenna a una riverenza. Aspetti: guardi il quadro un secondo. [ndr: estrae da una tasca interna della giacca una cartolina: potrebbe essere quella cartolina? Chiederlo a Foucault, non so perché, mi imbarazza].
I: Chi sono le due figure a destra della damigella in riverenza?
F: Si chiamavano Mari-Bàrbola e Nicolasito, nana e nano di corte. Se guarda bene si vede Nicolasito che stuzzica il mastino reale, accucciato in posizione salentina.
I: Come scusi?
F: Mi dica: dove sta il Salento?
I: Guardando la cartina geografica dell’Italia, direi in fondo a destra.
F: Exactement. In fondo al quadro, nell’angolo di destra, il cane sta per ricevere un calcetto dal nano Nicolasito. Se ora scorriamo il dipinto verso l’alto, più su incontriamo due figure adulte che conversano scure nella penombra. Si tratta di donna Marcela de Ulloa, addetta al servizio delle dame di corte, e di don Diego Ruiz de Azcona, funzionario addetto all’accompagnamento delle donne di corte. Più in fondo, conferendo una profondità inaudita al dipinto, entra in scena una figura contornata di luce esterna, il cui fulgore è dovuto a un avvenuto scostamento di tende, presumibilmente pesanti come nello stile dell’arredo barocco, e alla porta spalancata. Si tratta del maresciallo Don José Nieto Velàzquez, omonimo del pittore e maresciallo di Palazzo.
I: Lei mi sta guidando verso il Nord del dipinto, ma io – mi scusi se la interrompo – sono spinto verso il quadro che Velàzquez sembra dipingere nella sua stessa tela.
F: Non sia impaziente: ci vuole un’indagine ordinata per venire a capo di questo rebus.
I: Mi scusi, dovevo aspettarmi una certa disciplina da chi ha scritto “Sorvegliare e punire”.
F: Umorismo salentino?
I: Casomai veneziano. Comunque mi sono scusato, se non le spiace procediamo.
F: Oui, bien sûr. Guardi adesso lo specchio a fianco dell’ingresso del maresciallo di Palazzo: cosa ci vede?
I: Due figure regali, direi.
F: Sono infatti i sovrani, Filippo IV e consorte, Marianna d’Austria.
I: Si direbbero in posa.
F: Oui, c’est comme-ça. La coppia reale sta posando per Velàzquez, e tuttavia è visibile solo attraverso questo dettaglio dello specchio. Evidentemente la collocazione dei sovrani è in un punto della grande stanza escluso dal dipinto.
I: Cioè?
F: Osservi bene: dall’angolo del quadro in basso a sinistra si slancia il cavalletto che regge la tela, che Velàzquez raffigura sul retro, mostrandone l’intelaiatura. Dato che lo specchio riflette i sovrani in posa, essi non possono che trovarsi oltre il quadro in lavorazione, coincidenti con lo sguardo dello spettatore.
I: Ma è un completo ribaltamento di visione!
F: Tout à fait. È una grande rivoluzione culturale, perché noi vediamo il quadro di Velàzquez dal punto di vista del re e della regina, che sarebbero del tutto invisibili se non fosse per quel piccolo specchio. Non è più rappresentata la visione dal punto di vista del pittore (come nella Monna Lisa o negli affreschi della Cappella Sistina) ma dal punto di vista del modello, cioè di chi viene rappresentato.
I: Non mi ha ancora detto niente su come il pittore rappresenta sé stesso.
F: Velàzquez è ovviamente davanti alla tela, in piedi. Ha il pennello nella destra e la tavolozza nella sinistra. Sembra considerare la scena in vista di una prossima pennellata.
I: Come definirebbe l’ambientazione?
F: Un grand salon regal, immerso nella penombra, dove avviene un passaggio d’epoca.
I: Cosa intende?
F: Intendo una cosa che va studiata, e che non si può racchiudere in una risposta di due righe.
I: Ohimmé, lei ha ragione purtroppo. Il nostro spazio è quasi finito.
F: Vede, se mi chiedessero che sensazione mi dà il XXI secolo, risponderei che circola una pericolosissima rimozione dei limiti della nostra specie, della nostra finitudine.
I: Senta, oggi è il suo compleanno. È contento di passarlo nella patria del barocco?
F: Per uno nato come me in provincia, è come leggere lo stesso libro una seconda volta.
I: E quindi?
F: Dipende dalla storia che racconta.
I: E questa com’è?
F: Complicata, proprio come una città di provincia costretta a fare un salto prospettico nella stagione della mondializzazione.
I: Nel XXI secolo si dice globalizzazione.
F: Ma è orrendo, mon Dieu! Aspetti, comunque sia prendo un appunto. [apre una Moleskine nera e scrive, rapidissimo. Poi ci infila dentro la cartolina de Las Meninas e la richiude, sistemando l’elastico con cura]
I: Auguri di cuore anche da parte di Valentina Cremonesini, Cosimo Degli Atti e Mimmo Pesare(3), che a lei hanno dedicato i loro anni migliori.
F: Li ringrazi da parte mia, spero di non averli annoiati.
I: Non credo proprio professore, buon caffè con ghiaccio.
F: À la santé!
I : À l’histoire!
F : À l’histoire de la santé!
I : Umorismo francese ?
F : Casomai di Poitiers(4).



Note a piè di pagina: 1) Michel Foucault, filosofo, sociologo e saggista, è nato il 15 ottobre del 1926 a Poitiers, in Francia. La morte a Parigi, il 25 giugno 1984. Tra le sue opere più note, “Le parole e le cose”; “Sorvegliare e Punire” e “Storia della sessualità”. Dedicò all’opera pittorica “Las Meninas” di Velázquez proprio la prima parte del suo capolavoro “Le parole e le cose”, pubblicato nel 1966. 2) Diego Rodríguez de Silva y Velázquez – più semplicemente noto come Velázquez – , nacque a Sevilla nel 1599 e morì a Madrid nel 1660. Fu uno dei più grandi artisti della stagione barocca e un insigne ritrattista. 3) Studiosi leccesi delle opere di Foucault. 4) Città natale di Foucault.
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