Galimberti: «L’amore non abita nella razionalità»

Galimberti: «L’amore non abita nella razionalità»
di Claudia PRESICCE
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Mercoledì 29 Novembre 2017, 12:00 - Ultimo aggiornamento: 13:14
Se è Umberto Galimberti a parlare di “Eros e follia”, ad entrare nelle dinamiche più infuocate della nostra vita, vale la pena di fermarsi, ascoltarlo e riflettere con calma. E, soprattutto per gli uomini, sentire che cosa dice il professore può essere illuminante. Il filosofo, che nei giorni scorsi è stato a Lecce, ha pubblicato con l’editrice leccese Milella “Eros e follia” un cofanetto con un dvd (con una sua conferenza a Casarano) e un piccolo opuscolo; è a cura della giovane mediatrice culturale galatinese Mariapia Greco.
Galimberti, spieghiamo in che termini qui parla di “eros e follia”?
«Sono i termini di Platone il quale stabilisce che l’amore è la più eccelsa e la più divina delle follie. È la semplice considerazione che l’amore non lo facciamo con la nostra parte razionale, ma con quella irrazionale. Chi fa l’amore infatti usa talvolta frasi come “mi fai perdere la testa”, “mi fai impazzire”: anche nel linguaggio popolare c’è questa connessione tra ‘amore’ e ‘follia’. La ‘follia’ è quella parte inconscia di noi stessi che ‘amore’ tira fuori. Se rispetto alla parte razionale siamo tutti uguali, quello che siamo individualmente dipende dalla qualità della nostra follia che nell’amore l’altro ci svela».
È vero che dire “ti amo” vuol dire tante cose diverse?
«Assolutamente sì, può voler dire “sei la compagna della mia vita” come anche “ho una situazione economica risolta”, “me ne sono andato da casa dei genitori”, “riesco più facilmente a prender sonno”, ecc. C’è una gamma ricca di sfumature, “ti amo” è un’espressione molto equivoca e plurisignificante».
Lei scrive: “l’amore è infinito domandare erotico”. Che vuol dire?
«Che l’amore non deve chiudersi nello scambio di dichiarazioni d’amore. L’amore dura finché io non ho scoperto il segreto profondo della persona che amo. Quando lo scopro compiutamente penso che l’amore finisca perché automaticamente come l’altro parla so già dove vuole andare a parare. Per questo necessariamente nelle cose d’amore bisogna sempre conservare un segreto di sé, che non significa non dire che cosa si fa nella vita, ma non farsi svelare completamente lasciando nell’altro l’impressione di non esaurire la conoscenza dei segreti della nostra anima. E questo continua a stimolare la curiosità per l’altro».
E con l’“atopia” si spiega la follia d’amore…
«Viene dal greco “átopos” che vuol dire “fuori luogo” e quando Socrate utilizza questa espressione vuole dire che quando parliamo delle cose d’amore dobbiamo necessariamente andare fuori dal luogo dell’io, fuori dal luogo della ragione. L’amore è una sorta di dislocazione dalla razionalità e l’atopia di cui io parlo è questa: parlare d’amore significa uscire fuori dalla razionalità perché l’amore non abita l’ordine razionale delle cose».
Questo però non vuol dire che la follia d’amore deve diventare aggressività e nuocere all’altro.
«No, non dovrebbe. Purtroppo però a volte l’amore è connesso ad una certa aggressività, come ci ha spiegato Freud con “eros” e “thanatos”, e il momento amoroso e quello distruttivo aggressivo spesso sono fusi. E non possiamo neanche negare che nell’atto d’amore avvengano gesti “aggressivi”, che non sono poi però spiacevoli. La fusione di queste pulsioni però accade, perché a differenza dell’ordine razionale dove l’amore è il contrario della distruttività, nell’inconscio i sentimenti sono ambivalenti e quando si ama contemporaneamente si odia anche. Noi stessi quando amiamo non lo facciamo al cento per cento, perché coltiviamo una parte di odio. I sentimenti sono sempre ambivalenti, altrimenti non si litigherebbe mai. E litigare un po’ è sano, ma in certi termini, evitando di trascendere arrivando ai coltelli».
E in questo momento storico è bene ricordarlo...
«Sì, è vero, ma purtroppo è sempre stato così, esiste da sempre l’aggressività maschile. È dal paleolitico purtroppo che l’uomo picchia le donne».
Ma oggi ci aspettiamo che l’uomo si sia evoluto e non accada più.
«L’uomo è pochissimo evoluto, un bambino che le mamme hanno coccolato all’infinito. È difficile aspettarsi un’evoluzione dagli uomini perché, nonostante le donne li amino tanto, secondo me sono l’anello mancante tra la scimmia e la donna. Io li considero davvero questo anello, nel senso che gli uomini hanno una logica molto noiosa, sostanzialmente a sfondo logico matematico, con inesistenti o scarse altre forme di pensiero, al contrario delle donne. Per questo non uscirei mai a cena solo con un uomo, mi procurerebbe noia infinita».
Quindi per gli uomini accompagnarsi alle donne serve a crescere.
«A condizione che stiano ad ascoltarle, perché non appena una donna fuoriesce dai discorsi logico-razionali gli uomini che fanno? Dicono che è pazza».
E il tradimento? Fa parte dell’amore?
«Non appartiene mai solamente a chi tradisce e se ne va sulla base di una tra-udizione, cioè la “audizione” di un’altra voce. La domanda se la deve fare anche chi resta, cioè il tradito. Come mai l’altro se n’è andato, ero addormentato e non ho badato abbastanza a lei? L’amore è come la guerra, come la verità né più né meno. Non bisogna mai dire “mia” moglie o “mio” marito, è pazzesco, cominciare con l’aggettivo possessivo significa potenzialmente pensare di poter fare quello che si vuole dell’altro. Infatti se il mio amore è inferiore a quello del nuovo arrivato la “mia” donna andrà con l’altro, per quanto mi faccia dispiacere. In guerra io posso avere pure una centrale atomica, ma se dentro tutti dormono anche quelli armati solo di bastoni mi possono distruggere. L’amore non è mai una situazione tranquilla, prevede che io vinca sugli altri, è come la verità che vive solo finché non arriva un’obiezione che possa sconfiggerla, e a quel punto la verità diventa un’altra».
Ma un amore può durare una vita?
«Alla sola condizione che io sia in grado di superare tutti i possibili amanti».
È quindi una sfida continua, anche a migliorarsi.
«E che sfida… io sono da 40 anni insieme alla stessa moglie, ma bisogna essere degli artisti per avere queste tempistiche».
Parliamo del ruolo del corpo nella gestione dell’amore?
«È essenziale, anche se abbiamo davanti l’idea delle illusioni dell’amore romantico, letterario, fatto di voli e farfalle che è stato utile a settimanali come Grand Hotel all’epoca mia. L’amore invece è corpo e nient’altro che corpo, anche perché noi stessi siamo solo corpo. Nietzsche diceva: “mi fanno sorridere i ragazzi che dicono alle ragazze ‘non è il tuo corpo che amo, ma la tua anima’ perché non è vero”. C’è una coincidenza perfetta tra l’io e il nostro corpo: infatti diciamo “sono stanco” e non “il mio corpo è stanco”, noi siamo il nostro corpo. Quindi un amore senza corpo non è amore, ma un sogno solipsistico. È sempre con il corpo che si ama, e infatti il corpo investe diversamente in una relazione con una donna per una sera rispetto alla donna della vita».
È un concetto molto maschile però…
«Sì, perché le donne fanno l’amore a partire dalla relazione. Almeno ai miei tempi... Per la donna la relazione è istituita dalla psiche e dalla fisicità, e all’interno della relazione la donna instaura rapporti sessuali, l’uomo invece è un’identità che instaura relazioni, punto. Niente, anche in questo, siamo un po’ inferiori».
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