Le grotte, da vergogna a capitale
E dal Salento uno sguardo amaro

Le grotte, da vergogna a capitale E dal Salento uno sguardo amaro
di Leda CESARI
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Domenica 20 Gennaio 2019, 11:56 - Ultimo aggiornamento: 17:43

Un attimo di malinconia, di rimpianto, per quello che avrebbe potuto essere e non fu. Ma, appunto, è solo un attimo: Matera, infatti, è città sorella. Anzi, ad essere precisi, Madre: lo dice la parola stessa. Materia, Matera, Madre: a voler indagare gli etimi, in lingue vive e morte varie, c'è pane per tutti i denti. Ma non c'è tempo, perché la festa incombe, e si brucia in un attimo.
Arrivo a Matera alle 13 suonate perché la periferia nuova e ingannatrice inganna pure tre navigatori diversi, più e più volte, e quando arrivi al parcheggio indicato dalle veline organizzative scopri perfino di essere appiedato, bagagli in mano, perché il centro dista quattro chilometri e le navette successive sono previste alle 17, quando tutta la città sarà già in festa. Alla fine, per miracolo, trovi un taxi (che te lo rinfaccia pure: Siete stati miracolati, avverte tronfio il tassista), e parti alla volta del tuo b&b immerso nel Sasso Barisano, alla ricerca di meravigliose emozioni in mondovisione per cui dire Io c'ero. Bande in libera uscita, polizia a pioggia, autobus di linea stracolmi, macchine che fanno le furbe: Eh sì, in questi giorni bisogna avere tanta pazienza, racconta il tassista a una coppia napoletana con cui hai condiviso il taxi, e che, abbandonata al suo destino in piazza Matteotti, ti si ripresenta dopo dieci minuti come vicina di residence (che sia una giornata magica, a Matera, è chiaro da subito).
Il tassista, però, non è per nulla contento dell'organizzazione di alcuni aspetti dell'appuntamento: I materani sono così: d'altronde, signori miei, spiega ignaro delle gomitatine reciproche sul sedile di dietro, sono quelli che hanno fatto scappare la Poli Bortone. Tiè: almeno quella è nostra. Il delizioso b&b nel Sasso Barisano, fantastico da raggiungere a piedi dopo ottomila scalini di antichi sassi in rilievo, eppure lisci (per la gioia degli ortopedici locali, e meno male che la giornata gareggia in azzurro con la bandiera dell'Europa), ha una vista mozzafiato, ed è ormai assegno circolare che sforna soldi a palate.
Negli anni Settanta, qui, vivevano solo i boss, e si sparava pure, racconta Michele, nome prudentemente di fantasia di colui che gestisce il residence (bello, centrale e che costa davvero poco), sin da quando De Gasperi aveva decretato lo sfollamento dei Sassi per motivi di igiene e decoro: Matera era infatti diventata la famosa vergogna nazionale da nascondere sotto un tappeto di ipocrisia, sgomberando le grotte e dando case decenti, progettate da urbanisti e architetti importanti, a chi fino a quel momento aveva convissuto con il bue e l'asinello (Il Vangelo secondo Matteo di Pierpaolo Pasolini, Cristo si è fermato a Eboli di Francesco Rosi, più in là The Passion di Mel Gibson non furono opere girate qui giusto per caso). Insomma, possedere una di queste case ammesso che si potessero chiamare case era diventato motivo di ignominia, continua Michele. Poi, verso i 90, l'inizio del riscatto: alcuni architetti, colpiti comunque dall'ancestrale bellezza della città, cominciano a ristrutturare: e accaddero prodigi di autoconsapevolezza. Ad esempio il boss che arrivò nel primo locale aperto tra i Sassi e che venne malamente respinto al mittente: Tu qui non puoi entrare, gli disse il proprietario con un coraggio che aveva del soprannaturale. Entrambi, locale e proprietario, esistono ancora: fu un vero miracolo.
Il capolavoro di riscatto, e il pieno passaggio da vergogna nazionale a Patrimonio Mondiale dell'Unesco titolo risalente al 1993 - si compì però nel 2014, quando Matera venne candidata Capitale della Cultura Europea 2019: corsa generalizzata all'acquisto dei Sassi, che oggi valgono oro. Ma non ci si può vivere, testimonia Michele. Starci qualche giorno sì, passarci una vacanza sì. Ma poi, quando hai le buste della spesa e le bottiglie, e devi scannarti per un parcheggio, ti passa la fantasia. E poi l'umido? E il buio perenne di certi ambienti? Non è facile, credetemi. Sarà. Ma quando alle 17 squilla una tromba sul belvedere della Cattedrale, quando si spegne l'illuminazione pubblica e si accendono le 2019 candele di Open Lights ad illuminare tutto il presepe del Sasso, mentre da dietro le case più alte sale una leggera foschia e cori simili a quelli degli angeli si insinuano nel cuore insieme alle ombre della sera, intonando l'Inno alla Gioia cadono tutte le riserve. Anche quelle, legittime, su un'Europa dei popoli diventata Europa dei ragionieri.
E la Luna-mongolfiera diafana e spettrale che sorge materna - anch'essa - stagliandosi sullo sfondo del Duomo, mentre un acrobata volteggia pallido sotto la sua luce, è il colpo di grazie alle ultime resistenze di campanile: Matera, spettacolo della natura che neppure la pioggia inattesa di una nuvola passeggera che azzera di colpo la fantasmagoria delle candele, mettendo in fuga i materani temporanei alla ricerca di suggestioni, può cambiare.

Matera, Materia, Madre: principio di tutto. E simbolo di un Sud che, se vuole, può diventare poesia.

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