Cristiana Collu, l'arte e il tempo fuori squadro di un'utopia concreta

Cristiana Collu, l'arte e il tempo fuori squadro di un'utopia concreta
di Marinilde GIANNANDREA
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Lunedì 23 Aprile 2018, 11:24
“L’utopia è una malattia che guarisce con l’età”, Cristiana Collu, direttrice della Galleria Nazionale di Roma, ha tenuto nei giorni scorsi la sua “lectio doctoralis” al Rettorato di Lecce in occasione della cerimonia della consegna del Sigillo dell’Università del Salento e nell’ambito del ciclo di lezioni per il Dottorato in “Lingue, Letterature e Culture Moderne e Classiche” coordinato da Maria Grazia Guido, docente ordinario di Lingua inglese.
Tuttavia, dalle sue utopie Cristiana Collu non sembra essere guarita, vista la rivoluzione che ha orchestrato nello storico museo romano, tempio indiscusso dell’arte italiana dell’Ottocento e Novecento. “Time is Out of Joint” (il tempo è fuori squadro) è il titolo del nuovo allestimento inaugurato nel 2016 che cita di Shakespeare e scardina l’impianto lineare e cronologico della Galleria Nazionale di Arte Moderna. 
«Ho superato le resistenze al cambiamento, governato l’accelerazione e riallestito personalmente sala dopo sala. In una città come Roma convivono tutti i tempi ed è dunque possibile un’innovazione. Quando questa idea entra in un museo, il museo si trasforma in un dispositivo».

La “progettazione del passato” ha attivato un radicale cambiamento che non ha avuto un obiettivo predeterminato, «noi tendiamo a vedere il risultato ma ci sfugge il processo» e le opere lontane nel tempo e nei linguaggi sono state accostate in un percorso che procede per temi e suggestioni e che lo spettatore è libero di attraversare senza apparati didascalici e didattici. 
«Tutti guardiamo il mondo, ne ricaviamo un’immagine che siamo convinti di comprendere ed è evidente che in un museo contemporaneo non è necessaria una spiegazione». 
Accostamenti memorabili che rivelano una propria bellezza come la straordinaria prospettiva dai “32 metri quadri di mare circa” di Pino Pascali in cui si riflette l’“Ercole e Lica” di Antonio Canova e sullo sfondo l’opera immensa di Giuseppe Penone con l’impronta delle labbra dell’artista e le spine di acacia conficcate sulla superficie.

Ma Cristiana Collu non racconta solo la sua visione di allestimento e di museo, la lectio doctoralis si apre con la sottolineatura di una diversa modalità di gestione delle istituzioni, una modalità che apre la questione della rappresentanza femminile. «Ho tradotto in maniera diversa il termine “determinazione” allontanandolo dall’idea di aggressività. Tutte le donne sono state addestrate a considerare normale ciò che non lo è, e a considerare femminile ciò che non lo è. Bisogna non avere paura».
E Cristiana Collu ha avuto paura quando ha pensato a “Time is Out of Joint”? «Assolutamente no – dichiara – bisogna partire immaginando il proprio futuro, bisogna prospettare una differenza». In questa “trasformazione silenziosa” cita le sue radici sarde, intese anche nel senso di una radicalità che significa guardarsi dentro e «capire cosa siamo», ricorda la sua carriera professionale partita dalla provincia – è nata a Cagliari, dove si è laureata in storia dell’arte medievale – ed approdata alla direzione di alcune importanti istituzioni museali come il Man-Museo d’arte di Nuoro e il Mart (Museo di arte moderna e contemporanea) di Rovereto. Un percorso ad ostacoli, che nel caso della Galleria nazionale l’ha vista anche oggetto di attacchi e polemiche per avere mescolato generi e tempi senza rispetto per la storia dell’arte. Ma non è voluta intervenire nel dibattito «ero convinta di avere fatto un grande classico, cambiando lo sviluppo cartesiano della cronologia. L’allestimento è come un montaggio cinematografico e ho immaginato che ogni visitatore potesse montare il proprio film». 

Un allestimento che è anche una mostra a cui ha dato un inizio e una fine e che sarà approfondita da un catalogo in uscita. «Insisto in un’istituzione che è il mio tempo e ho provato a tracciarne un altro. Le cose si tengono insieme». E al museo, progettato dall’architetto Cesare Bazzani nel 1911 di fronte a Villa Borghese, ha dato una nuova vita grazie al bianco delle pareti, alla ridefinizione degli spazi, alla luce che entra dalle finestre e accoglie i visitatori «perché il museo deve essere un luogo accogliente».
Cristiana Collu è uno dei direttori nominati nel 2015 dal ministro Dario Franceschini e il suo mandato terminerà nel 2019, ma i successi della Galleria Nazionale parlano di un numero di visitatori notevolmente aumentato e di un pubblico sempre più interessato. A Lecce la legano alcune amicizie e i rapporti con l’Università del Salento: «È una città naturalmente bellissima – rivela – ma quello che mi sembra debba soprattutto preservare è la sua vitalità»
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