Culture e spiritualità dietro le porte di Lecce

Culture e spiritualità dietro le porte di Lecce
di Marinilde GIANNANDREA
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Sabato 16 Dicembre 2017, 18:00 - Ultimo aggiornamento: 17 Dicembre, 07:05

Il viaggio come esperienza dell’altro ma anche come percorso interiore. Il giornalista Andrea Gabellone ha compiuto un itinerario geograficamente limitato ma ad alta intensità umana ed emotiva e lo ha documentato in “Dietro le porte di Lecce”, la mostra che s’inaugura oggi al Must di Lecce. È entrato negli edifici di culto di alcune comunità etnico-religiose fotografando una realtà invisibile a molti: «Sono città dentro la città – racconta Gabellone – dove si parlano altre lingue e dove sembra di essere altrove». Le quaranta fotografie in mostra consentono di guardare una facciata anonima con occhi nuovi e con una prospettiva differente, permettono di attraversare le porte chiuse, ma non impenetrabili a chi vuole conoscere, e aprono l’obiettivo su una realtà parallela in cui scorre la diversità e la ricchezza di culture che coabitano in un territorio urbano piuttosto ridotto.
Guardando queste porte, fotografate come l’incipit di un percorso che si addentra dentro spazi e luoghi sacri, vengono in mente le antiche “domus ecclesiae”, le abitazioni private utilizzate dai cristiani prima dell’editto di Costantino, a testimonianza dei momenti ricorrenti della storia. «La città barocca, per definizione e per storia, ha dedicato la sua architettura più pregevole e apprezzata proprio ai luoghi di culto – scrive Gabellone nel libro fotografico che accompagna la mostra (il progetto grafico è di Whitephotolab) – la facciata delle chiese è, quasi sempre, più sontuosa del loro interno. Nei luoghi protagonisti di questo reportage accade esattamente il contrario».
Le moschee islamiche, il gurwara dei sikh, il tempio induista, si nascondono oggi dietro portoni comuni ma rivelano una complessità culturale e spirituale che fa emergere anche questioni legate all’integrazione, alla condivisione degli spazi urbani, alla coabitazione delle differenze, alla capacità di cambiare lo sguardo. Gabellone si è ritagliato la possibilità di trascorrere un tempo lungo e le fotografie sono il risultato di un lento e attento processo di avvicinamento ad altre religioni, un processo che si è rivelato a volte più lungo e complesso, come nel caso della comunità musulmana, a volte più immediato e facile come quella induista, festosa e colorata.
È una fotografia indirizzata alla scoperta dell’identità e della spiritualità chiusa in spazi inadeguati a contenere la ricchezza dei colori, degli oggetti rituali, delle decorazioni e dei vestiti, o che si rilevano troppo angusti come quando un compatto gruppo di musulmani si piega in preghiera, chiuso in un terrazzo.
«A Lecce, fuori dalle chiese cattoliche, la preghiera riunisce centinaia di persone e decine di nazionalità differenti. Le tradizioni, i riti e i momenti di condivisione umana e spirituale prendono vita nei quartieri e nelle case accanto alle nostre» e danno il senso di una realtà che corre parallela, di una religiosità che fa da supporto, di un senso profondo di raccoglimento, di una ritualità coinvolgente.
Tuttavia la descrizione dei gruppi etnici e religiosi non ha solo valenza sociale o antropologica, perché, connessi agli intensi momenti di spiritualità, si colgono affetti e sorrisi. Gabellone preferisce uno sguardo sempre partecipativo, sia quando si concentra sulle singole persone, come nei ritratti delle donne e dei bambini, sia quando diventa testimone dei rituali collettivi, come la preghiera islamica del venerdì. Una scelta di soggetti che altera la percezione dei confini, dà voce alle testimonianze di vite ignote o ignorate, che fa proprio un senso etico del mestiere di fotografo e di giornalista.
È un viaggio circoscritto, ma non per questo limitato, perché entra nel tessuto profondo di Lecce, apre porte che altrimenti resterebbero chiuse o ignorate e affronta da un’altra prospettiva, il tema di una città che non è ancora multietnica, nonostante la presenza consolidata di tante etnie. Invita ad alzare lo sguardo, a deviare dai percorsi noti, a entrare nelle “vite degli altri”, a interrogarci sulla persistente condizione di precarietà che convive con la forza e la profondità delle radici religiose.
La mostra è sostenuta da Axa Cultura e del progetto Sprar “Il Salento accoglie Lecce” gestito dall’Ats “Gus - L’Arcobaleno” e resterà aperta fino al 14 gennaio, dalle 10 alle 13.30 e dalle 15.30 alle 19.

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