Storia di Rita, la voce femminile dell'arte nel Salento

Storia di Rita, la voce femminile dell'arte nel Salento
di Claudia PRESICCE
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Martedì 13 Giugno 2017, 20:10
La cura di Rita: in tanti si sono adoperati per conoscerla, capirla, rendere manifesto il suo valore, annodando il loro nome al suo. Quando la vulnerabilità nasconde una forza centripeta che genera attrazione e incanto, si manifesta una vasta propensione all'accudimento, alla scoperta, alla meraviglia. È un po' da questa atmosfera che si srotola il canovaccio espressivo che racconta la storia di Rita Guido (Il Raggio Verde edizioni; 18 euro) nel volume (omonimo) di Marina Pizzarelli che inaugura così la collana Vite d'Artista. Un panorama iconografico e umano analizzato e misurato nei suoi volteggi continui è al centro del racconto dell'autrice di queste pagine, critica d'arte leccese che, tra le tante cose, si è anche occupata della curatela di alcune esposizioni dell'artista gallipolina.
Classe 1939, attiva protagonista dai lontani anni Sessanta nel panorama artistico leccese, e poi oltre confine anche con il Gruppo Terra d'Otranto, Rita Guido appare oggi tra le esponenti più resistenti del linguaggio artistico femminile di questo territorio.
Il volume ricostruisce visioni e intuizioni del suo percorso di vita e di arte di lungo corso, partendo dal vissuto privato puntellato anche da alcune difficoltà legate a vicissitudini affettive complicate (dall'abbandono della madre alla perdita di care amiche come Anna Maria Massari) e da incontri rivelatori come quello con il poeta Vittorio Pagano citato con Edoardo De Candia, Nino Rollo, Giancarlo Moscara, compagno dell'Istituto d'arte 1957-60, Antonio Massari e Giovanni Bernardini come testimoni della vicenda culturale salentina che negli anni sono stati affascinati dalla sua commovente vulnerabilità (e segreta forza).
Lo sforzo di Marina Pizzarelli però va oltre il racconto cronachistico puro, segue piuttosto nella costruzione di questo volume la scia delle suggestioni che hanno accompagnato nel tempo (e accompagnano evidentemente ancora la pittrice in piena attività) la vocazione stessa dell'artista dando spessore e bagliori al suo universo narrativo. Le ricerche della luce e dei colori, le peripezie grafiche di Rita, la scelta del bianco, le piume, una drammaticità disperata e una imprevista ritrovata gioia seguita all'alba del collettivo femminile che la travolse (il Gruppo Terra d'Otranto composto da Rita Guido, Anna Maria Massari, Pina Sparro e Rosa Maria Francavilla dal 1979 al 1989): l'autrice dà voce e senso a queste strade disegnandone soprattutto i luoghi, i concetti, contestualizzandole per evocarne il corpo. Senza contesto d'altronde un discorso artistico non ha contorni e motivazioni credibili. Così parlare di un'artista come Rita Guido che ha attraversato il 900, esponendo in Italia e all'estero, rende obbligatorio ricostruire uno spazio temporale con i suoi canoni e i suoi principali paradigmi, del tutto diversi da quelli contemporanei, partendo dall'idea della marginalità territoriale in cui questa storia è cominciata. Ecco quindi che, tra le pagine, compaiono spunti critici di varie penne che illustrano fermate e partenze di questa avventura artistica. Poi le poesie di Rita e le immagini del lavoro dell'artista, scelte con definita accuratezza, che danno contezza del percorso di ricerca al di là di tante parole.
Le tracce della tipografia del padre di Rita da cui la sua vocazione ha avuto il primo nutrimento, l'imprinting dell'essere salentina, fino alle ricerche cromatiche di una pittrice che scrive il segno è prioritario, il colore è la poesia: il fiuto di Marina Pizzarelli si spinge nella ricostruzione e non lascia tregua ai tasselli del composito puzzle. Continua così anche l'autrice, spulciando tra carte inedite, documenti e testimonianze messe a posto in un lavoro certosino per ricostruire questa lunga storia d'amore con la pittura, a prendersi cura di Rita come alcuni intellettuali del '900 salentino avevano fatto decenni prima.
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