Lungo la Via Francigena/ Tra mare e macchia sul sentiero della Torre del Mito

Lungo la Via Francigena/ Tra mare e macchia sul sentiero della Torre del Mito
di Luigi del PRETE
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Mercoledì 18 Ottobre 2017, 13:56
Parto da Otranto mentre il sole inizia ad affacciarsi. Volevo lasciare questo posto bellissimo in questo silenzio, con questa luce accennata. Il percorso di oggi prevede molti chilometri. E con le giornate che si accorciano è più prudente iniziare presto. Troppo rischioso camminare al buio. Passo davanti al castello. Scendo verso il porto avviandomi verso il colle dei martiri dove mi fermo. A ricordare tutto quanto si è scritto su questa antica tragedia. Proseguo. Un breve tratto di litoranea e poi mi immergo nella macchia. Vecchie tracce di carri. Chissà che i turchi non siano passati proprio da qui nell’assalto all’abbazia di San Nicola di Casole. Eccola. Attraverso il portone d’ingresso. Nel cortile razzolano galline e vengono parcheggiati mezzi agricoli. Mi avvicino ai notissimi resti della chiesa originaria. Un pilastro (della chiesa prima dell’assedio), un accenno di abside (successiva all’assedio del 1480). La condanna di questo luogo continua. In molti si sono battuti perché si salvasse un luogo così importante per la cultura dell’intero mediterraneo, quando il Mare Nostrum era tutto il mondo allora conosciuto. San Nicola di Casole dipendeva direttamente da Costantinopoli. Igumeni, abati e poeti bizantini di primissimo piano hanno vissuto qui. Vengo rimproverato per essermi introdotto in proprietà privata da un signore. Faccio veramente fatica a riconoscere “proprietà privata” un luogo di tale importanza per la cultura. L’amministrazione comunale di Otranto dovrebbe prendere di petto l’annosa questione e porvi definitivamente rimedio restituendo questo bene di straordinario valore simbolico all’Italia. Al Mediterraneo.
Proseguo lungo l’antica strada che corre dietro l’abbazia. Si aprono paesaggi mozzafiato. La baia di Sant’Emiliano è sicuramente uno dei luoghi più belli dell’intera Puglia. Per fortuna intatto. Proseguo per vecchie strade verso Uggiano La Chiesa, immerso tra i profumi della macchia mediterranea. E tanto silenzio. Si possono percorrere diversi itinerari in questo tratto. Tutti bellissimi. Raggiunto il paese proseguo senza fermarmi verso Cocumola. Qui faccio una sosta. Mi sovviene Bodini che scriveva come qui “uomini con camicie silenziose fanno un nodo al fazzoletto, per ricordarsi del cuore” mentre “la vita cocumola tra le pentole dove donne pennute assaggiano il brodo”. Molto è cambiato. Ma la poesia di questi luoghi sopravvive. Nonostante tutto. Proseguo verso Vitigliano per raggiungere Vignacastrisi. Qui scelgo di dedicarmi un pasto che non sia il solito panino. Anche perché i chilometri già percorsi sono tanti. È come fossero due tappe in una. Mi perdo nuovamente per le campagne. Ancora mi imbatto in tracce di antiche strade. Raggiungo infine Marittima e da qui un altro tratto sublime che ammicca di continuo alla costa. Si raggiunge da qui la contrada del Mito. La litoranea ha tagliato brutalmente in due un altro antico importante centro monastico. La Torre del Mito, che un proprietario attento e sensibile ha salvato dall’abbandono e dal degrado. Il restauro curatissimo, con l’ausilio della Sovrintendenza, ha riportato alla luce qualche piccola traccia dell’antica importanza di questo luogo. Ma tanto è andato definitivamente perduto dopo i diversi utilizzi del luogo, il lungo abbandono e degrado in cui era caduto, l’intervento scellerato della litoranea che ha definitivamente cancellato una porzione dell’antico complesso. Mi addentro nelle campagne verso il mare. Il sole inizia ad inclinarsi. Ma non posso rinunciare a un momento di pace in questo luogo.
Il camminare in solitaria ha vantaggi e svantaggi. Tra i vantaggi c’è il senso di assoluta libertà nel dipendere solo da se stessi, le proprie emozioni, il proprio passo, soprattutto, e la propria stanchezza. Il vantaggio più grande rimane il silenzio prolungato e intenso che restituisce sempre ordine e pace. Tra gli svantaggi c’è il dover gestire tutti i problemi pratici ed organizzativi in proprio, a volte in condizioni non confortevoli. Ma una delle costanti è l’intensificarsi, ampliarsi, dilatarsi crescente dei pensieri, dei ricordi. Il riannodare il senso di vicende più o meno recenti, emozioni vissute, preoccupazioni, pensieri ricorrenti. In questo itinerario profondamente improntato dalla presenza bizantina mi viene in mente un grande padre del deserto, Evagrio Pontico. Le sue esplorazioni dell’animo umano nella solitudine, risalenti al quarto secolo a.C. rimangono sbalorditive. Ogni pellegrino dovrebbe conoscere i suoi straordinari testi prima di mettersi in cammino. L’assalto dei pensieri viene vivisezionato nell’“Antirrhetikos” e “Sui pensieri” due delle opere pervenuteci di questo straordinario padre spirituale. I più colti tra i monaci italo-greci che popolavano le nostre contrade, dovevano conoscere i suoi insegnamenti. L’isolamento prolungato scava l’animo di ognuno di noi. E qui veniamo al senso più profondo di un cammino. È il tempo a disposizione che la quotidianità invece ci sottrae a metterci nella condizione di sedimentare il nostro vissuto. Un cammino ti restituisce un tempo per l’anima. Dove tutto all’inizio viene fuori confusamente. Con il passare dei giorni scanditi dai passi, ogni cosa inizia a trovare la propria esatta collocazione. Si prendono le giuste distanze dalle cose ed esse iniziano ad apparire più nitide. Una certa verità inizia a prendere forma. A volte in modo non indolore. È lo stesso “Antirrhetikos” a dirci come a determinate ore del giorno corrispondano inclinazioni ad altrettanti stati d’animo. In un susseguirsi continuo. Giorno dopo giorno. Passo dopo passo. È attraverso questo processo misterioso e quasi involontario che durante un cammino avviene sempre un cambiamento in noi. Piccolo o grande che sia. I cui effetti non saranno percepibili immediatamente. Accade di certo che più si prosegue in un cammino più si recupera gioia e verità. Il mondo che ci circonda abitualmente acquista una nuova luce, più vera.
Proseguo per l’ultimo tratto. Inizio a vedere Tricase. Il sole è sempre più basso, ma sono arrivato in tempo. Nonostante i tanti chilometri sono riuscito a concedermi lunghe pause e momenti indimenticabili. Con un senso di pienezza entro in paese. Nel viavai frenetico penso a quanto sono stato fortunato anche oggi. Il dono di tutta quella luce negli occhi, quei profumi e quel silenzio. Stramazzo pieno di felicità.
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