Statali, prestito per il Tfr: oneri a carico dello Stato. Benefici non solo per Quota 100

Statali, prestito per il Tfr: oneri a carico dello Stato. Benefici non solo per Quota 100
di Luca Cifoni
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Giovedì 10 Gennaio 2019, 08:18 - Ultimo aggiornamento: 12:18

ROMA Si va verso una soluzione sul caso delle liquidazioni dei dipendenti pubblici che verrebbero pagate in ritardo, anche di parecchi anni, nel caso di accesso alla pensione anticipata con Quota 100. In un contesto in cui le tensioni tra i due partiti di maggioranza hanno fatto slittare a domani il Consiglio dei ministri, il governo continua a lavorare sul progetto di rendere disponibile la somma agli interessati attraverso un prestito bancario, ma nelle ultime ore sono maturate due possibili novità, entrambe a favore dei pensionandi. Si sta infatti esplorando la possibilità di porre gli interessi del finanziamento a carico dello Stato, invece che dei beneficiari. E l'operazione potrebbe riguardare non solo i potenziali utilizzatori del nuovo canale di uscita anticipata, ma anche coloro che vanno in pensione con le regole attuali; regole che sono già penalizzanti perché prevedono un ritardo che può arrivare fino a 24 mesi e l'erogazione della somma a rate annuali, fino ad un massimo di tre nel caso di importi superiori ai 100 mila euro.



LE NORME
Dunque il caso nato per Quota 100 si inserisce in una vicenda che vedeva già i sindacati sul piede di guerra, per le norme definite nel 2011 ai tempi della crisi finanziaria e poi inasprite a partire dal 2014. Anche il tema della previdenza e delle sue ricadute in particolare sul mondo del lavoro pubblico è uno dei punti della manifestazione unitaria che Cgil, Cisl e Uil hanno convocato per il prossimo 9 febbraio.

Sul tema del finanziamento che dovrà anticipare l'erogazione del trattamento di fine servizio stanno lavorando il ministero dell'Economia e quello del Lavoro; ieri è intervenuta anche la titolare della Pubblica amministrazione. «Stiamo lavorando con grande determinazione per superare le misure introdotte dai precedenti governi sul differimento e la rateizzazione del Tfr per i dipendenti pubblici» ha spiegato Giulia Bongiorno sottolineando che «non ci sarà alcuna penalizzazione per chi nei prossimi mesi deciderà di usare Quota 100, ma anche per tutti coloro che andranno in pensione con il sistema attualmente vigente».

GLI ESBORSI
Dal punto di vista del bilancio pubblico il punto è evitare i fortissimi esborsi di cassa che si renderebbero necessari per erogare immediatamente le liquidazioni: la stretta introdotta negli anni scorsi ha permesso di risparmiare svariati miliardi. Occorre però trovare la copertura finanziaria, meno impegnativa ma comunque non trascurabile, legata al pagamento degli interessi bancari. La versione del provvedimento messa a punto nei giorni scorsi prevedeva esplicitamente un'operazione «senza oneri a carico della finanza pubblica»: questo vincolo dovrà essere rivisto. E poi l'esecutivo si dovrà impegnare nel negoziato con il settore bancario, per arrivare ad una convenzione che regoli le modalità di erogazione del prestito. Se effettivamente gli interessi saranno a carico dello Stato, non ci sarebbero problemi per i dipendenti in uscita: dovrebbero però essere comunque loro i destinatari del prestito, perché altrimenti c'è il rischio che si venga a creare nuovo debito pubblico. Per cui la modalità di intervento a favore dei pensionati potrebbe essere indiretta, in analogia con quanto previsto nel caso dell'Ape sociale (prestito destinato invece ad una sorta di erogazione anticipata della pensione): con questo strumento viene riconosciuto agli interessati un credito d'imposta pari al 50 per cento delle somme dovute per gli interessi e per gli ulteriori oneri assicurativi.

LO SCHEMA
L'attuale schema di quota 100 prevede già un trattamento differenziato per i dipendenti pubblici per quanto riguarda i tempi di accesso alla pensione: i lavoratori privati hanno una finestra di attesa di tre mesi dopo la maturazione del diritto, mentre per i pubblici il ritardo è di sei mesi.

Una scelta motivata dalla necessità di non sguarnire troppo bruscamente la pubblica amministrazione: sono circa 120 mila i dipendenti dello Stato e delle altre amministrazioni che sfrutterebbero l'uscita con 62 anni di età e 38 di contributi.

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