Morgan senza freni: «I colleghi di oggi? Solo ignoranti». E spara a zero su Fazio e De Filippi

Morgan (Anthology)
Morgan (Anthology)
di Marco Molendini
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Sabato 29 Luglio 2017, 17:11 - Ultimo aggiornamento: 30 Luglio, 17:00
I nomi possono diventare un destino. Specie quelli d'arte, che in fondo sono una sorta di un manifesto delle proprie intenzioni. Come nel caso di Marco Castoldi, in arte Morgan: un po' corsaro e pirata, un po' bizzarro (come suggerisce il titolo di un film famoso degli anni 60, Morgan matto da legare). Della sua baldanza Marco ne porta i segni addosso, ma è ben lungi dal cospargersi il capo di cenere per gli incidenti multipli che hanno segnato la sua storia musicale, tanto da trasformarlo in guastafeste programmatico.

Lui accetta il ruolo, ma intanto sogna: «Vorrei fare tv dove non debba litigare più con nessuno. D'ora in poi andrò solo in studi televisivi dove mi tengono sedato». Ma il destino dei nomi è più forte delle buone intenzioni e con Morgan basta spingere il bottone per sentirne su tutti e tutto. Intanto cominciamo dal prossimo impegno che, domani sera, lo vede in scena alla Casa del jazz per la rassegna i Concerti nel parco: «Voglio far vedere alla gente - è la promessa - cosa è la musica».

E come si fa?
«Suonando, parlando, improvvisando. Il musicista è un curatore dell'anima. Voglio insegnare cos'è la cacofonia. Tutta la musica del Novecento su Wagner e la scoperta delle dissonanze di Wagner. Oggi ci siamo abituati ad ascoltare suoni disorganizzati. Ecco perché la gente si rifugia nel monosillabo e non sa più comprendere la complessità. Siamo circondati da ignoranti che vanno avanti a colpi di do, la, sol per entrare in classifica. C'è bisogno che aprano qualche libro. Sono stanco di quelli che fanno musica meccanica con canzoni tutte uguali. È musica da rincoglioniti. Sono piccolo borghesi che dovrebbero lavorare in banca».

Ha battezzato il concerto Morgan e i suoi imprevisti.
«Faccio canzoni mai cantate prima. Passo da Tenco a Bach, da Brian Eno a Morgan. Posso fare tutto quello che mi chiedono, tanto sono solo io con il mio pianoforte. Basta che il pezzo l'abbia ascoltato almeno una volta. Non ho paura dell'errore. Ad Arezzo, giorni fa, ho suonato la Patetica di Beethoven facendone tanti. Ma questo sono io. Però, ai miei concerti, nessuno è andato mai via insoddisfatto. Non ho mai avuto un flop».

Il suo ego straborda.
«Sicuramente. Io sono uno dei più pazzi musicisti di pop rock. Ultimamente ho fatto esperienze classiche con una pianista coreana, Gil Bae. Ma lei non ha retto. Qualche giorno fa mi ha detto: basta, non ne posso più. Forse si è vergognata».

Il litigio plateale con un moloch come Maria De Filippi quanto le è costato professionalmente?
«Nulla, ho guadagnato la stima di un sacco di brava gente e di intellettuali. I moloch mi vogliono, così non creo concorrenza, poi mi danno fuoco. Mengoni, Noemi, Michele Bravi sono tutti stati miei allievi, hanno avuto più successo di me, ma quel successo è frutto del mio lavoro. Ma io vado avanti. Adesso sto raccontando la mia vita in un audiolibro che uscirà a settembre. E i concerti che sto facendo fanno parte di quel progetto».

Di recente ha sparato anche su Fabio Fazio: l'ha definito «uomo senza alcuna specificità ricoperto di milioni».
«Fa parte della categoria delle piccole prime donne, se avesse le palle mi farebbe un'intervista chiedendomi perché ce l'ho con lui».

L'altra sera l'abbiamo vista alla Cavea per il concerto di Renzo Arbore, non è che ce l'ha anche con lui?.
«È un genio, il numero uno in assoluto della tv. È una persona intelligente, uno splendido ottantenne che non sente il passare del tempo. L'intelligenza è molto meglio dei farmaci».

Morgan, che futuro vede per sé?
«Un futuro pieno di soddisfazioni anche per mia madre che è una grande persona».

Non è preoccupata per lei?
«Tantissimo e mi riempie di insulti. Lei è come me all'ennesima potenza. Litighiamo poi ci mettiamo a suonare Bach e Beethoven».

Non è che è tentato di mettere la testa a posto? Abbiamo visto addirittura foto in cui fa sport e gioca a tennis.
«Ma io sono arrivato terzo ai campionati juniores quando avevo 16 anni. Ho ripreso la racchetta qualche giorno fa dopo trent'anni. Ho giocato con Paolo Belli e ho fatto la figura della vecchia cariatide. Mi sembrava di giocare con gli occhiali deformanti. Ma se mi alleno...»

Se si allena?
«We can be heroes come cantava David Bowie».
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