Roma, il prefetto Vulpiani: «Ce ne andiamo da Ostia e i clan tornano padroni»

Roma, il prefetto Vulpiani: «Ce ne andiamo da Ostia e i clan tornano padroni»
di Simone Canettieri
3 Minuti di Lettura
Giovedì 9 Novembre 2017, 07:48
«Vogliamo dirci la verità?».

Certo, prefetto Vulpiani: qual è la verità?
«Il commissariamento di Ostia dovrebbe durare altri 10 anni. Invece, siccome sanno che ce ne stiamo andando i clan hanno deciso di inviare un messaggio per riprendersi il territorio per dire che loro, al contrario, stanno ritornando».

Domenico Vulpiani, ex dirigente della Digos di Roma e per tutti questi mesi commissario prefettizio a Ostia e nel X municipio, sta dicendo che non c'è speranza?
«Purtroppo il forte dell'astensionismo è la cartina tornasole di una disaffezione generale legata alla politica, che di fatto è ancora meno forte del passato».

Già, domenica scorsa ha votato un cittadino su tre. Dunque chiunque vincerà al ballottaggio, tra M5S e centrodestra, sarà troppo debole davanti ai clan?
«Vorrei rispondere di no. Ma difficilmente la nuova mini-sindaca potrà farcela. Al di là di chi vincerà mi sembra un destino già scritto. Noi ci siamo trovati ad affrontare una macchina amministrativa non solo corrotta, ma soprattutto intimidita. Sa cosa è successo il giorno prima delle elezioni?»

Cosa?
«Qualcuno ha dato fuoco a un cassonetto davanti alla sede del municipio. Una chiara intimidazione. Un messaggio mafioso. Io e gli altri due commissari in questi mesi abbiamo faticato per ripristinare la legalità amministrativa ma la battaglia contro questi clan è molto complicata».

Cosa ha pensato quando ha guardato il video dell'aggressione di Roberto Spada alla troupe?
«Innanzitutto, non sapevo che gli Spada avessero una palestra in quella zona. Ovviamente a noi non risulta dal punto di vista amministrativo».

E quindi cosa ha fatto?
«L'unica cosa che mi compete: attivare subito le verifiche sui permessi di questa palestra. Ma siamo alle solite».

Cioè?
«In questi mesi è stato sempre così: noi chiudevamo due palestre? E loro ne riaprivano un'altra. Noi intervenivamo da una parte e loro riaprivano da un'altra: stessa cosa con i negozi».

C'è rassegnazione nelle sue parole.
«No, più che altro la mia è consapevolezza. Abbiamo faticato tantissimo durante il commissariamento per rimettere al centro del municipio buone pratiche amministrative. Penso alle spiagge e alla lotta all'abusivismo, così come la vicenda delle concessioni balneari».

Evidentemente però tutto questo non basta.
«Se avessi potuto dopo questa aggressione lo avrei arrestato, ma io sono un commissario prefettizio. Il segnale, lo ripeto, è davvero inquietante: si sentono di nuovo padroni della zona».

Lei fino a quando rimarrà in carica di preciso?
«Fino alla proclamazione della vincitrice del ballottaggio. Poi io e la mia squadra ci faremo da parte».

Si è parlato anche domenica scorsa di pacchi di pasta regalati da Casapound alle persone, portate poi a votare con i pullmini. Ma non è voto di scambio?
«Non ho contezza di questo e quindi non spetta a me commentare una vicenda che non conosco e non attiene alle mie competenze: sono un tecnico. Ma non posso fare a meno di notare la forte astensione, questa sì che è stato un dato sui cui riflettere».

Poi c'è stata l'aggressione al giornalista di Nemo.
«Il secondo segnale, quello più inquietante: il messaggio che i clan, dopo una pausa, sono pronti a tornare».