Bellanova: «Pd, basta con le sacrestie. Primarie unica soluzione per il nome»

Bellanova: «Pd, basta con le sacrestie. Primarie unica soluzione per il nome»
di Vincenzo MARUCCIO
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Mercoledì 18 Gennaio 2017, 12:28
Cinque mesi di incontri fra i partiti e quattro candidati sindaco “bruciati”. Viceministro Teresa Bellanova, cos’è accaduto ad una coalizione che appare sempre più allo sbando?
«Sarebbe stato necessario cominciare a chiederselo più di un anno fa’ e pensare che una coalizione di forze politiche per definirsi tale deve avere un terreno comune e, pur con sensibilità e culture diverse, un fine comune. Le elezioni ci sono indipendentemente dalle opzioni politiche contingenti delle singole forze. Dopo 20 anni di governo Poli-Perrone il tempo era più che maturo per discutere con la città sulle criticità e i limiti di questa esperienza e costruire insieme l’alternativa. Non solo questo non è accaduto ma quando, due settimane fa, il gruppo consigliare del Pd ha promosso un’assemblea pubblica, sia il segretario provinciale che il segretario cittadino erano assenti».
I commentatori sono tutti d’accordo: nel Pd – primo partito della coalizione - veti incrociati, contrasti interni e veleni hanno prevalso sulla necessità di fare sintesi. Ci sono colpevoli o siete tutti colpevoli? Chi mette i bastoni fra le ruote?
«Il gioco al massacro non mi interessa. Accusare o indicare colpevoli a qualche mese dalle urne è oltretutto ridicolo. Quello che mi addolora è il deficit di politica che si insedia quando un partito smette di essere una comunità. Nelle uniche due riunioni convocate ho ribadito la disponibilità a un lavoro condiviso, sul programma e sul percorso per giungere alla migliore candidatura. Proprio sul suo giornale avevo auspicato, se ricorda, una proposta politica unitaria costruita con e nella città, di cui fosse protagonista il partito cittadino mentre registravo troppe stanze e troppe sacrestie ma zero proposte».
Le segreterie provinciale e cittadina hanno scaricato sui leader di partito – a tutti i livelli – la responsabilità di aver boicottato le candidature. Condivide questa analisi? O sono le segreterie ad aver fallito?
«Lo scaricabarile a cui stiamo assistendo denuncia una debolezza infinita. La politica è un processo che si fa nelle sedi adeguate e con i mattoni che si hanno a disposizione. Anche con quelli di brutto carattere, come la sottoscritta. La sintesi è cosa complessa ma è il compito di chi ha la responsabilità, a diversi livelli, di governare i processi».
Dica la verità: non la “indigna” un Pd nel caos più totale?
«Mi addolora molto. Il Pd è la mia casa. È la casa degli iscritti che dovevano essere coinvolti fin dal primo momento in questo processo».
Per il ruolo che ricopre nel Governo lei è l’esponente più autorevole del Pd nel Salento, ma ha sempre preferito tenere un profilo basso rispetto alle scelte per le Comunali: in molti ora, però, si aspettano che indichi una rotta per uscire dallo stallo. Quale è la soluzione?
«Qualcuno ha ancora una visione notabilare del partito? Non si tratta di tenere un profilo basso, ma di avere rispetto dei ruoli e delle funzioni. Il fatto che abbia un compito di governo non mi pone in prelazione sulle scelte degli organismi dirigenti territoriali».
Sulle primarie lei ha detto che sono lo strumento migliore per scegliere il candidato sindaco in modo trasparente e partecipativo: ma non è ormai troppo tardi?
«Ho auspicato più volte che il confronto nella coalizione e con la città fosse quanto più partecipato, ampio, autorevole, non ristretto in soffocanti recinti autoreferenziali. Le primarie non sono un mantra. L’obiettivo è e resta una candidatura unitaria, espressione di una condivisione forte e convinta di tutti coloro che si riconoscono nella coalizione del centro sinistra. Per la partecipazione non è mai troppo tardi. Le primarie sono l’unica soluzione al guado. Se c’è la volontà, non è il tempo che manca. Lo stesso segretario Lacarra aveva indicato il 15 gennaio come termine ultimo per una candidatura unitaria, altrimenti le primarie. Per questo chiedo: a quando il lavoro comune?».
Lei è stata indicata, nei corridoi del partito, come la “cecchina” di questo o di quel candidato: cosa risponde a chi, ad ogni nuovo passaggio, la tira in ballo?
«Vuole scherzare? Non è proprio mia abitudine sparare alle spalle di qualcuno e poi perché dovrei? Quanto all’essere tirata in ballo ad ogni nuovo passaggio temo che sia spia del provincialismo di chi ancora pensa che siano i notabili a fare e sfare, e di chi stenta a riconoscere a una donna autonomia e autorevolezza».
Dario Stefano ha detto “No, grazie” ponendo il problema delle spaccature nel Pd come pregiudiziale: si rimprovera di non essere stata protagonista nel tentativo di unire il Pd sul nome del senatore?
«Guardi, non ho poteri taumaturgici né magici e, tra l’altro, mi sentirei in imbarazzo nei panni della fatina buona. E poi se lo facessi io tutto questo lavoro a che servirebbero i gruppi dirigenti locali?».
I movimenti si sono proposti per svolgere un ruolo cruciale dopo il flop del Pd: per uscire dall’impasse un candidato sindaco proveniente dalle associazioni può sbrogliare la matassa?
«Un tempo dicevamo: “Cento fiori fioriscano!”. Seguo con molta attenzione le esperienze che si sono sviluppate. Il punto non è, non solo, sbrogliare la matassa ma offrire un’alternativa credibile e convincente. Un’alternativa che la città merita».
I nomi di Giuseppe Fornari e di Ernesto Mola sono ora sotto i riflettori: rispondono al profilo giusto di candidato sindaco? Oppure un politico può avere più frecce al suo arco?
«Se esprimessi un giudizio sui nomi qualcuno potrebbe dire che faccio il cecchino o che sto tirando la volata a questo o a quello. Faccio il viceministro e sono residente a Lecce e, allora, mi faccio una domanda finale: ma della città e dei suoi problemi quando si parlerà nel Pd e nel centrosinistra?».
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