«Cannabis light pericolosa». Il no alla libera vendita del Consiglio superiore sanità

«Cannabis light pericolosa». Il no alla libera vendita del Consiglio superiore sanità
di Maddalena MONGIO'
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Venerdì 14 Dicembre 2018, 19:04
La Cannabis light? «È pericolosa» e la legge non ne permette la vendita. Tombale il parere del Consiglio Superiore di Sanità - il massimo organismo in materia consultato dal Governo - che ha messo nero su bianco le risultanze di un'analisi specifica sulle sostanze di Cannabis light dopo una richiesta arrivata dalla segreteria generale del ministero retto, fino a qualche mese fa, da Beatrice Lorenzin.
E la questione - tra sicurezza, educazione e risvolti sanitari - si fa incandescente dopo che a Lecce è stato sollevato il caso del distributore automatico collocato in piazza Palio a Lecce attorno alla quale gravitano tre scuole: Costa-Galilei, Deledda, Liceo Banzi. Con la preside di quest'ultimo istituto, Antonella Manca, che ha censurato l'iniziativa rivolgendosi, oltre che alla Prefettura e alla Procura minorile, anche alle forze dell'ordine. Con una sollecitazione sui pericoli dell'uso di sostanze psicotrope. E con il prefetto di Lecce, Maria Teresa Cucinotta, che nelle ultime ore ha convocato un vertice per la prossima settimane.
Fatti che s'incrociano con quelli di Taranto di qualche giorno fa dove la Finanza ha sequestrato 48 distributori automatici con relative accuse di spaccio a titolari e gestori delle macchinette. Il presupposto del blitz di Taranto? «È vietata dalla legge la commercializzazione dei prodotti contenenti THC. La presenza del principio attivo per usi connessi all'inalazione ed ingerimento comporta una violazione della normativa sugli stupefacenti in quanto nociva alla salute dell'uomo. Tale orientamento è stato confermato dal Consiglio Superiore della Sanità e da una recente circolare del ministro dell'Interno»: questa la presa di posizione ufficiale.
Ma torniamo al fronte sanitario. E, in particolare, al niet pesante da parte del Consiglio superiore di sanità che nella relazione dello scorso 10 aprile (poi consegnata al ministero della Salute), sottolinea come «la vendita di derivati e influorescenze di cannabis, definita impropriamente legale nei messaggi pubblicitari sta vivendo una fase esponenziale di crescita, sia online sia in esercizi commerciali dedicati o misti, avvalendosi di una apparente zona franca o grigia in cui il commercio o il consumo di infiorescenze a basso contenuto di Delta 9 Thc non è testualmente vietato dalla legge 242/2016».
Sulla pericolosità gli esperti medici non hanno dubbi. L'assorbimento delle sostanze varia da individuo a individuo, dipende dalla frequenza dell'uso e dalla modalità di assunzione (fumo o vaporizzazione). Una sigaretta contenente 22 milligrammi di Delta 9 Thc (corrispondenti a 0,2 4,4 milligrammi della sostanza) produce effetti farmacologici sull'essere umano. E non solo. La distribuzione nel corpo umano di Delta 9 Thc, si legge nella relazione, «è notevolmente influenzata dalle caratteristiche chimico-fisiche dei principi attivi assunti attraverso il fumo, gli infusi o il vapore. Questa caratteristiche fanno sì che essi si distribuiscano rapidamente verso il sistema nervoso centrale e tendano poi ad accumularsi nel grasso data la loro liposolubilità, rimanendo a lungo disponibili».
Un parere, quello del Consiglio Superiore della Sanità, che si sostanzia in sei pagine in cui si entra nel merito: «Il consumo avviene al di fuori di ogni possibilità di monitoraggio e controllo della quantità effettivamente assunta e quindi degli effetti psicotropi che questa possa produrre, sia a breve sia a lungo termine». Come dire: se le quantità non possono essere controllata, è difficile stabilire quella che qualcuno chiama soglia di sicurezza.
Ma c'è di più perché il Consiglio Superiore della Sanità lo scrive in modo esplicito: «La vendita dei prodotto contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa, in cui viene indicata in etichetta la presenza di Cannabis light o leggera, in forza del parere espresso circa la loro pericolosità, qualunque ne sia il contenuto percentuale di Thc, pone certamente motivo di preoccupazione». Fino alla conclusione che non sembra, dal punto di vista medico, ammettere repliche: «Si raccomanda che siano attivate, nell'interesse della salute individuale e pubblica e in applicazione del principio di precauzione, misure atte a non consentire la libera vendita dei suddetti prodotti».
Dopo questo parere, è stata chiesta dal ministero la pronuncia dell'Avvocatura di Stato che ad oggi, a quanto è dato di sapere, ancora non ha detto la sua. Con le incertezze che, in particolare quando s'incrociano con il tema della «troppa vicinanza» alle scuole, rischiano di farla da padrone. Tra l'ira dei presidi e le paure di mamme e papà.
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