Caso Noemi, chiuse le indagini
Il fidanzato è l’unico indagato

Caso Noemi, chiuse le indagini Il fidanzato è l’unico indagato
di Erasmo MARINAZZO
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Giovedì 3 Maggio 2018, 06:40 - Ultimo aggiornamento: 12:16
Chiusa l’inchiesta sull’omicidio di Noemi Durini. E c’è un solo indagato nell’avviso di conclusione delle indagini del pubblico ministero della Procura per i minorenni, Anna Carbonara: il fidanzato L.M., di Alessano, 17 anni quando il 3 settembre dell’anno scorso ammazzò - questa l’accusa ammessa quando dieci giorni dopo fece trovare il cadavere di Noemi, e ritrattata in seguito - la ragazza di 15 anni a cui era legato sentimentalmente.
Non sono citati complici con la prassi dell’indicazione del nome in corsivo e la parola “in concorso”, indagati in un procedimento parallelo. Come quello che aveva avviato la Procura ordinaria il giorno della scoperta della tragedia, per verificare se il padre di L.M. lo avesse aiutato a nascondere il corpo. Ossia il genitore indicato da L.M. nella lettera scritta un mese fa nell’istituto penale per minorenni di Bari.
E nell’avviso della Procura per i minorenni non ci sono riferimenti nemmeno ad F.N., 49 anni, di Patù, l’amico dei due ragazzi finito sul registro degli indagati dopo che L.M. lo indicò in una lettera quale esecutore materiale dell’omicidio.
E proprio le fasi in cui L.M. avrebbe cercato di nascondere il corpo e la memoria della ragazza, ha fatto ravvisare una nuova aggravante: quella della crudeltà. Crudeltà perché il magistrato che ha condotto le indagini parallelamente con la collega della Procura ordinaria, Donatina Buffelli, ha fatto sue le conclusioni della consulenza medico-legale del dottore Roberto Vaglio: L.M. colpì la ragazza a sassate diverse volte. Ed era ancora viva, “agonizzante” dice il capo di imputazione, quando la seppellì sotto ad un cumulo di una decina di pietre prese dal più vicino muretto a secco. Noemi morì per soffocamento, il peso delle pietre le impedirono di respirare, ha precisato la consulenza disposta dalle due Procure.
Invariate le altre aggravanti contestate con l’accusa di omicidio volontario: premeditazione. Nonché motivi abietti e futili. Raccontano gli ultimi momenti della vita di questa ragazza di 15 anni, di Specchia, le aggravanti: premeditazione perché sarebbe passato appositamente a prenderla da casa fra le 4.51 e le 5.16 della mattina del 3 settembre. Motivi abietti e futili, per come è stato ricostruito il rapporto fra L.M. e Noemi dalla perizia della psicologa e psicoterapeuta Maria Grazia Felline e dallo psichiatra-psicoterapeuta Alessandro Zaffarano: la gelosia che si sarebbe manifestata con il controllo continuo dello smartphone della ragazza, dei contatti e delle frequentazioni. Ostilità messa in atto dai suoi genitori: denigrando Noemi e con comportamenti che avrebbe compromesso la relazione. Infine “l’intolleranza per la sua libertà di autodeterminazione”, ossia l’incapacità ad accettare una ragazza con un’indole indipendente e caparbia. Incapacità che avrebbe scatenato l’azione punitiva e di sopraffazione sfociata nell’omicidio.
 
L’indagato risponde inoltre di occultamento di cadavere, senza che questa contestazione lasci capire - come detto - che ci sia anche un complice fra gli indagati. Infine il terzo capo di imputazione contesta ad L.M. il porto di un coltello. L’arma usata insieme alle pietre ed alle mani per colpire ripetutamente Noemi. Il coltello di cui è stata trovata una punta di circa un centimetro sulla testa della ragazza. L’arma di cui non è stata trovata traccia. L’indagato è difeso dagli avvocati Luigi Rella e Paolo Pepe.
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