Dalle carrozzine alle protesi:
ecco quanto ci costano (in più)

Dalle carrozzine alle protesi: ecco quanto ci costano (in più)
di Maddalena MONGIÒ
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Domenica 24 Settembre 2017, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 17:50
Cambiare tutto, per non cambiare niente. Norme su norme per contenere i costi, ma i conti continuano a schizzare in alto con una forte differenza tra quanto si paga e quanto si potrebbe pagare con gare più aderenti alla realtà di mercato.
Per il modello base di una carrozzina pieghevole il nomenclatore tariffario in vigore dal 1999 prevede un costo di 434, 29 euro mentre ormai se ne trovano, a prezzo di listino, a partire da 98 a 108 euro. E l’elenco continua. Sempre nel famoso nomenclatore la carrozzina da transito costa 426,70 e oggi si possono acquista a partire da 118 euro. Raddoppio della spesa per la carrozzina elettrica: 2.608,73 contro i 1.190 del libero mercato. E che dire del passeggino riducibile e/o richiudibile 627,03 eppure – sempre a prezzo di listino e quindi migliorabile con una gara – se ne trovano a partire da 250 euro. Stesso discorso per il busto rigido: 352,48 e se ne trovano a partire da 100 euro. Letto a una manovella: 232,41 contro prezzi di listino che partono da 109,35 mentre per il letto elettrico il listino per le Asl pugliesi è di 593,93 con possibilità di averlo con 320,40 euro che con una gara possono essere abbattuti. Doppio prezzo anche per il materasso ventilato in espanso: 116,20 a fronte di listini che lo propongono a 52,29 euro, come pure il cuscino a bolle d’aria quota per il sistema sanitario nazionale 335,70 euro, ma chi lo compra per suo conto lo trova a partire da 151,07.
 
Tutta colpa del tariffario obsoleto che quest’anno è stato rivisto prodotti senza una tariffa stabilita e per questo la Regione è in standby per far partire le gare centralizzate. «Se Roma non ci dici quali sono le tariffe per acquistare gli ausilii non possiamo partire con le gare centralizzate». L’affermazione è di Giancarlo Ruscitti, direttore del Dipartimento della Salute della Regione Puglia, e in questa matrioska in cui le decisioni sono concatenate tra enti diversi e tra governo locale e centrale la macchina si muove con il solito affanno. Certo è che il nomenclatore, ossia l’elenco che contiene la descrizione dei prodotti forniti gratuitamente dalle Asl e i prezzi riconosciuti ai fornitori, detta legge. Nelle regioni che non hanno un centro di spesa per l’acquisto di materiali da utilizzare nella sanità si fa – infatti - riferimento al “Nomenclatore tariffario per protesi e ausili”, approvato nel lontano 1999.
Su questa parte della spesa, relativa a protesi e ausili, le gare ancora non possono partire, stando al chiarimento di Ruscitti, e quindi il riferimento per le Asl è nelle centinaia di pagine spalmate su tre allegati: il primo contiene un elenco di protesi e ausili con prezzi del 1999; il secondo, per i prezzi delle voci lì contenute, rimanda al precedente nomenclatore del 1982; nel terzo si definiscono i prodotti soggetti a bando di gara pubblico. Si potrebbe pensare che trattandosi di prezzi datati siano di assoluta convenienza per la sanità pubblica, ma in realtà moltissimi prodotti hanno subito, nel corso degli anni, un sensibile decremento di prezzo per effetto della globalizzazione del mercato – e quindi dell’importazione dai Paesi produttori a basso costo – o grazie all’innovazione tecnologica. Risultato: la forbice tra i prezzi che paga la Asl di Lecce sono superiori – del 50 per cento, ma anche più - rispetto a quelli pagati dalle Asl del Nord.
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