Filobus: «Opera smontabile? Nessun risarcimento previsto nelle carte»

Filobus: «Opera smontabile? Nessun risarcimento previsto nelle carte»
di Paola ANCORA
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Mercoledì 26 Aprile 2017, 06:05 - Ultimo aggiornamento: 12:33
«Non sta scritto da nessuna parte, non c’è una penale» dice il dirigente Giovanni Puce. Smontare il filobus è possibile. La verità è tutta nelle carte, nei documenti depositati all’assessorato al Traffico e Mobilità. Leggi, atti e accordi sottoscritti da Comune e ministero delle Infrastrutture non prevedono alcuna penale. Non prevedono nemmeno la restituzione delle somme erogate da Roma per costruire la filovia. Un vincolo diretto esiste, certo, ma è stato stabilito dalla Regione sul finanziamento concesso per l’acquisto di sei dei 12 mezzi inizialmente acquisiti da Palazzo Carafa. Briciole, rispetto al maxi investimento di 23 milioni di euro che è stato necessario fare per dotare la città di un “Sistema di trasporto ecocompatibile elettrico”.
Premessa: nei giorni scorsi in città i candidati sindaco hanno riacceso la miccia del dibattito. Il filobus è un’opera brutta e mal sopportata dalla città, che lo lascia circolare semivuoto intorno ai viali. Per il centrosinistra il candidato sindaco Carlo Salvemini ha dichiarato di essere pronto a smontare la filovia, «opera inutile e costosa». Dal centrodestra, Mauro Giliberti ha liquidato tutto come «una gaffe» dell’avversario, dicendosi pronto «a smontare tutto prima del consigliere», ma chiedendo dove Salvemini «pensa di trovare i circa 20 milioni di euro di finanziamento da restituire al ministero e alla Regione?». A Palazzo Carafa tutti - amministratori, funzionari e vecchi dirigenti - hanno sempre sostenuto che eliminare quei mille pali dalle strade di Lecce costringerebbe il Comune a pagare una penale. «Non c’è scritto da nessuna parte» dice oggi il dirigente Puce, specificando che «è scontato che un’opera pubblica finanziata con fondi pubblici non si possa decidere da un giorno all’altro di buttarla giù, è la logica a dirlo».
Veniamo, quindi, agli atti. Il primo è la legge 211 del 26 febbraio del 1992, con la quale sono stati stanziati finanziamenti per “Interventi nel settore dei sistemi di trasporto rapido di massa”. Obiettivo della norma: contribuire a migliorare lo sviluppo del trasporto pubblico urbano. Nel 1998, nel 1999 e poi nel 2000 il Governo individuò nuovi fondi da destinare al trasporto pubblico, implementando il tesoretto messo da parte nel 1992 e con un decreto ad hoc (16 giugno 2000, pubblicato al numero 159 in Gazzetta ufficiale il 10 luglio dello stesso anno) i ministri dei Trasporti e dei Lavori pubblici hanno individuato modi e criteri di presentazione e selezione dei progetti da ammettere a finanziamento.
Il Comune di Lecce presenta quindi la sua proposta di realizzazione di una filovia. Il Cipe, cioè il Comitato interministeriale per la programmazione economica - braccio operativo dei ministeri - accorda un finanziamento di 13,217 milioni di euro, pari al 60% del costo complessivo stimato per la costruzione del filobus, cioè 22 milioni e 29.985 euro. La restante somma - circa 9 milioni di euro - verrà poi messa sul piatto dallo stesso Comune con l’accensione di un mutuo. Nel 2003 Palazzo Carafa, che ha preferito non sfruttare gli uffici tecnici dei ministeri per la progettazione della filovia - opzione prevista dalle leggi di finanziamento - ritocca e modifica il progetto, con l’assenso della Commissione interministeriale che lo ha esaminato.
 
Siamo al 2004. Il ministro per le Infrastrutture Pietro Lunardi e il sindaco della città Adriana Poli Bortone firmano l’accordo per la costruzione dell’impianto “ecocompatibile a trazione elettrica”. In quell’accordo si specifica che alla luce «dell’inoltrato avanzamento della procedura di finanziamento del progetto», l’interesse a realizzare l’opera è ormai prevalente rispetto al ritardo accumulato fino a quel momento per l’avvio del cantiere. Specificazione necessaria visto che nel 2001 il Cipe aveva stabilito che l’ultimazione dei lavori per gli interventi finanziati dovesse avvenire entro 18 mesi. È questa l’unica condizione prevista dai ministeri competenti per la revoca del finanziamento.
Nello stesso accordo, poi, viene messa nero su bianco la scaletta da rispettare, gli “impegni del Comune”, chiarendo che «in caso di mancato rispetto del termine di indizione della gara - stabilito al 26 luglio 2004 - la procedura di revoca del contributo sarà attivata automaticamente». Termine dei lavori fissato al 31 dicembre 2007. Nessun’altra clausola o “penale” compare negli atti dello Stato relativi all’impianto filoviario di Lecce.
Dal Dipartimento Trasporti Terrestri del ministero delle Infrastrutture, infatti, chiariscono che «la revoca dei contributi è automatica nel caso in cui un intervento non venga ultimato, come da programma. Negli accordi non si scrive che un’opera non può essere smantellata», ma trattandosi di denaro dei cittadini è ovvio che sia «difficile accettare che un’opera pubblica completata venga smontata in maniera “indolore”».
Il punto, quindi, è che smantellare il filobus si può fare, «ma diventa decisivo il motivo per il quale avviare un’operazione di questo genere» spiega l’avvocato Luigi Quinto, amministrativista. «Nel caso leccese - continua - di motivi buoni per procedere ce ne sono molti e non erano, per così dire, preventivabili».
Un’altra partita, poi, andrebbe giocata con la Regione Puglia. A settembre del 2005, infatti, la Giunta di Nichi Vendola ha riconosciuto al Comune un contributo di tre milioni e 60mila euro (l’85% della spesa complessiva) per l’acquisto di sei dei 12 mezzi circolanti sulla filovia, stabilendo dei vincoli per i successivi 15 anni: divieto di farne un uso diverso da quello per il trasporto pubblico locale; vendita dei mezzi subordinata a specifici parametri e restituzione dell’intera somma in caso di perdita accidentale dei beni finanziati. In questo caso, il Comune potrebbe essere chiamato a risarcire la Regione per una quota parte del contributo concesso. Ma la partita, a quel punto, si giocherebbe a Roma, non a Bari, dove Palazzo Carafa potrebbe sfruttare a suo vantaggio diverse carte. Dai soli 650 passeggeri del filobus, a fronte dei 15mila previsti inizialmente, al processo per tangenti che sarebbero state pagate sulla progettazione dell’opera, processo al via nei prossimi mesi.
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