Poli: «Ho sempre creduto nella legge
Ferita da chi con me è cresciuto
e poi mi ha voltato le spalle»

Poli: «Ho sempre creduto nella legge Ferita da chi con me è cresciuto e poi mi ha voltato le spalle»
di Paola ANCORA
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Martedì 13 Marzo 2018, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 11:10
«Felice» per essere stata assolta da ogni accusa nel processo su via Brenta. «Molto dispiaciuta» per quanti, negli anni, le hanno voltato le spalle: «Soltanto uno di loro mi ha scritto, oggi, un messaggio». Il giorno della rivincita, per Adriana Poli Bortone, non lascia spazio ai livori e alle recriminazioni.
È tempo di riflessioni, anche amare, ma misurate. Al telefono, alle domande del giornale, risponde la donna ferita, l’amministratrice «sempre fiduciosa nella giustizia e nella legge», la leader sotto la cui ala sono cresciuti politicamente in tanti, «salvo poi salire su un altro carro». Sembrano lontanissimi i tempi in cui, dopo averla cacciata dalla Giunta, Paolo Perrone – che fu prima assessore al Patrimonio e poi vicesindaco e assessore ai Lavori pubblici dell’amministrazione Poli - prese le distanze dalla questione di via Brenta, dichiarando che «all’infuori di pochi addetti ai lavori, me compreso, nessuno doveva sapere». Era il 2009. Più tardi, sempre per volere di Perrone, il Comune si costituì parte civile nel processo sui palazzi di via Brenta, chiedendo a Poli Bortone il risarcimento dei danni per circa 600mila euro. Una scelta dal preciso significato politico, che la lady di ferro di Palazzo Carafa commentò dicendosi «disgustata». Acqua passata. Il tribunale di Lecce ha accolto le richieste avanzate dagli avvocati difensori dell’ex sindaco, Pietro Quinto e Luigi Covella: «Adriana Poli Bortone – ha detto Quinto nell’ultima udienza – è in questo processo per un atto di dignità politica e di coerenza istituzionale. Agì sempre in buona fede». Tesi che ha convinto i giudici del tribunale di Lecce.
Senatrice è soddisfatta? Se lo aspettava?
«Chi è tranquillo con la propria coscienza non ha timore per la legge. Io sono una persona delle istituzioni e ho sempre creduto nella legge e nelle regole. Ho sempre avuto fiducia nella giustizia e non ho mai contestato, in alcun modo e in alcun tempo, il suo operato. Ora non posso che essere lieta di questo esito. Mi rinfranca».
Fra inchiesta e processo, la questione di via Brenta è andata avanti per circa dieci anni. Quale episodio o fatto l’ha ferita di più?
«Mi ha ferita aver letto sui giornali e ascoltato in televisione del tanto fango che è stato gettato su di me negli ultimi anni, nel tentativo costante di ingenerare dubbi nei cittadini sul mio operato. Tutte le testate fanno il loro lavoro, ma possono far male a chi ha la coscienza a posto. Ai cittadini di Lecce, ho sempre rivolto onestamente la mia attenzione e la mia azione politico-amministrativa. Può darsi che non sempre abbia fatto tutto bene, ma dire – com’è stato fatto – che non ci abbia messo tutto il mio impegno non è stato e non è corretto».
L’amministrazione Perrone ha comunque corretto l’iniziale contratto di leasing per i palazzi di via Brenta in un normale contratto di affitto, contenendo di molto le spese. Tornasse indietro, c’è qualcosa che farebbe diversamente? Documenti e scelte che soppeserebbe meglio?
«No. All’interno di una amministrazione ci sono regole precise e figure ben individuate preposte a far rispettare quelle regole. Io ho sempre agito nel rispetto di ciò che mi dicevano i dirigenti e il segretario comunale, che sono i garanti per gli atti amministrativi».
 
Palazzo Carafa si è costituito parte civile contro di lei. L’allora Giunta Perrone chiese, con l’avvocato Andrea Sambati, 600mila euro di risarcimento per i danni di immagine subiti dal Comune. Quanto le è pesato? Qualcuno degli ex amministratori l’ha chiamata?
«Mi è pesato molto. Mi è dispiaciuto vedere come tanti miei ex assessori firmassero quella delibera di costituzione di parte civile. Uno di loro, oggi dopo la sentenza, mi ha anche scritto. Nella politica come nella vita ho sempre investito e messo tanta umanità, amicizia e, soprattutto, rispetto per la verità».
Non ritiene che per quell’edificio, l’ente potesse risparmiare sin da subito molti denari?
«Non so chi possa dirlo e in base a quali valutazioni».
Si chiude un lungo limbo giudiziario, insomma. A cosa ha pensato quando lo ha saputo?
«Indubbiamente agli amici che hanno sempre creduto in me e mai hanno avuto alcun dubbio sui miei comportamenti. Sono felice perché credo nella giustizia e so di non aver mai fatto una affermazione contraria, in questo senso. Non ho mai commentato nessun atto che sia stato posto in essere dall’amministrazione della giustizia. E ora, finalmente, sono serena».
Senatrice, il centrodestra vive oggi una profonda crisi, senza i vecchi leader di riferimento e con uno stravolgimento degli equilibri fra i partiti storici. Anche e soprattutto a Lecce. C’è chi pensa che questa crisi abbia messo radici anni fa, proprio nel periodo in cui si consumò la rottura fra lei e Perrone. Esagerano o la trova una analisi condivisibile?
«Credo che anche questo abbia avuto un suo peso. I leccesi sono persone dalla cultura fine e sanno leggere gli accadimenti, anche quando non si dicono ad alta voce. Non penso abbiano apprezzato che chi è stato con me per nove, lunghi anni e che grazie a quelle esperienze ha acquisito dignità politica e notorietà – nonostante fino a quel momento i cittadini non sapessero nemmeno chi fosse – abbia deciso poi di abbandonarmi e salire su carri diversi. Mi pare che i leccesi lo abbiano dimostrato anche con il voto, alle ultime elezioni politiche».
A chi si riferisce in particolare? A Perrone?
«Dico solo che basta sentire la gente, quella senza nome che si incontra per strada. Come si fa a pensare che uno che è stato con te per nove anni, improvvisamente cambi idea pur essendo stato parte attiva, molto attiva, nelle scelte prese nel corso di quel periodo?».
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