«Ho temuto che avessero preso mio figlio
e non ho pensato a nulla: volevo salvarlo»

«Ho temuto che avessero preso mio figlio e non ho pensato a nulla: volevo salvarlo»
di Mauro BORTONE
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Giovedì 25 Maggio 2017, 10:53 - Ultimo aggiornamento: 13:18

«Sconfortato e sfiduciato». Si sente così Alessandro Miggiano, uno dei due fratelli che nella serata di martedì, di rientro dal lavoro, hanno sorpreso una banda di ladri a rubare in casa: l’abitazione colpita dai malviventi era la sua.
Gli occhi dell’imprenditore 40enne portano i segni della stanchezza, quelli di una notte trascorsa tra pensieri e cure mediche, mentre sul corpo restano impresse le ferite del terribile faccia a faccia, con la colluttazione e l’immagine di una Bmw che lo punta e lo travolge. Ma chi si aspetta rabbia per quanto accaduto, trova una risposta inattesa: «Rabbia no, non riesco a provarla – racconta -, anche perché alla fine non conosco chi sono le persone che mi hanno derubato. Certo, è fastidioso pensare che qualcuno abbia violato la mia intimità, ma ringrazio il cielo perché se ripenso all’auto che mi viene incontro, dico solo che mi è andata bene».
«Potevano uccidermi». Alessandro, in realtà, non pronuncia mai quella frase, ma la lascia trasparire dal suo racconto equilibrato, nonostante il terrore, la paura e la concitazione di quanto vissuto. Cosa si prova nell’incontrare un malvivente che entra nelle mura della propria casa è difficile spiegarlo: «Ci sono tanti pensieri che passano in mente: tutti vogliono fare i superman della situazione, ma nel momento in cui ti ci trovi non sai davvero cosa fare o forse non puoi fare nulla. Ho cercato di fermarli solo perché nella mia mente è scattata l’idea che in casa ci fosse mio figlio, e che fossero lì per lui. Fortunatamente non era così, ma non potevo saperlo». Il piccolo, un bambino di cinque anni che solitamente trascorre il pomeriggio con la nonna, al momento del furto si trovava con la madre. La moglie dell’uomo non lo aveva voluto disturbare sul lavoro e non lo aveva avvisato. La sensazione, però, è che non fosse chiaro l’obiettivo dei ladri: «Non so quali fossero le loro vere intenzioni: nel dubbio non potevo non agire. Di certo mi sono apparsi impreparati». Alessandro ricorda ogni momento, il volto di quell’uomo basso, tarchiato, con giubbotto nero, che ha inseguito e fermato, ma è sfiduciato proprio perché, nonostante lo abbia ben a mente, dubita che possa essere preso: «La sensazione è che le forze dell’ordine non possano fare molto. Mi chiedo perché non si installino delle telecamere in paese: magari non risolvi niente lo stesso, ma potrebbe essere una sicurezza in più. In quel momento ho cercato di ricordare la targa, ma poi nella confusione l’ho dimenticata. Oggi mi è andata bene, perché mi hanno rubato un elettrodomestico, ma se fosse stato qualcosa o qualcuno di più importante, come avrei fatto?».
 

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