Sveglia all’alba e pedalare: le pasionarie
che piacciono ai leader sempre in guerra

Sveglia all’alba e pedalare: le pasionarie che piacciono ai leader sempre in guerra
di Renato MORO
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Domenica 28 Maggio 2017, 22:26
I conti non tornano. Cara Loredana, spiegaci cosa hai fatto la sera o la notte del 19 maggio scorso. I pugliesi devono sapere il motivo di quel ritardo sulla tabella di marcia. Sì, perché il 20 scorso laLoredana - così la chiamano tutti - se l’è presa comoda ed ha postato la solita foto con i soliti fiori e il solito “buongiorno!” alle ore sei e zerosei del mattino. Mai accaduto prima. Proprio lei, che su Facebook ci sveglia quando fuori, in strada, circolano solo le spazzatrici e i furgoni dei fornai? Eccola qui la tabella di marcia dei giorni precedenti: 4.41, 4.10, 4.18, 5.02, 4.30, 4.26. Poi quelle sei e zerosei che sanno di mistero. Prima o poi la verità verrà a galla, ma intanto ecco il primo segreto svelato: se un giorno voleste liberarvi di lei, capace di essere in tre luoghi diversi nello stesso momento, non serve disertare la cabina elettorale. Basta seguire questa procedura sullo smartphone: “impostazioni”, “notifiche”, “modifica” e “salva”: in questo modo i suoi buongiorno mattutini non vi sveglieranno, se siete tra quelli che dormono col cellulare sul comodino e con le notifiche attivate.
Sappiate però che in quegli stessi momenti, mentre laLoredana vi manda le foto dei suoi fiori col suo buongiorno, da qualche altra parte la sveglia manda giù dal letto un’altra donna. Un’altra salentina votata alla politica, un’altra di quelle che riescono a stare in tre posti diversi nello stesso momento: Teresa Bellanova. Assessore regionale allo sviluppo economico laLoredana, viceministro dello sviluppo economico Teresa. Fedelissima di Michele Emiliano una, la preferita dell’ex premier Renzi l’altra. Insomma, le “donne dei presidenti”. Distanti come distanti sono i due stessi presidenti. In altre parole, a sentire chi le conosce bene, due che quasi non si filano. Questioni vecchie. Ruggine - raccontano colleghi e compagni di ventura politica - nata durante le campagne elettorali in queste terre perennemente in campagna elettorale.
La campagna. Pochi lo sanno, ma parte proprio da lì la sfida tra le due donne di potere. Teresa, nata 59 anni fa a Ceglie Messapica, terra di buoni raccolti e buona cucina, in campagna ci andava a lavorare già a 14 anni. Partiva prima dell’alba dal paese, insieme con tante altre giovani donne, e col furgone del caporale raggiungeva le contrade di Grottaglie per lavorare fino al pomeriggio inoltrato. Lavoro tanto, soldi pochi e rabbia dentro tantissima. Fu così che decise di fare la sindacalista, mettendosi contro caporali, proprietari terrieri e qualche politico. Un giorno, era il 19 maggio del 1980, sulla Brindisi-Taranto il furgoncino del caporale che riportava a Ceglie le braccianti andò a sbattere. Morirono Lucia, Pompea e Donata. La mattina seguente Teresa Bellanova era in prima fila, in piazza, tra le lavoratrici che protestavano contro il caporalato, con le bandiere rosse.
Per laLoredana la campagna era invece quella alle porte di Lecce. Il papà, Luigi Capone, portava avanti una masseria che negli anni Settanta il Comune espropriò per realizzare la prima zona 167. Bel posto. A due passi la strada per il mare, la città a un paio di chilometri, aria pulita e poco rumore. Loredana ogni giorno si muoveva da lì per raggiungere la scuola e spesso portava con sé i prodotti della masseria. Per regalarli ai compagni di scuola e ai prof, secondo molti, ma anche per venderli secondo altri. Gli stessi, questi ultimi, che oggi le attribuiscono una determinazione e una forza di volontà non comuni. Per lei studi classici, poi l’università, la laurea in giurisprudenza e il lavoro nello studio legale Sticchi Damiani. Era lì quando, nel 1995, Stefano Salvemini la chiamò per affidarle l’assessorato all’ambiente a Palazzo Carafa. Un biglietto di sola andata, perché dalla politica laLoredana non è più venuta fuori: dal Comune passò alla Provincia, poi al Consiglio regionale e quindi alla giunta regionale.
Un treno. Come quello sul quale, un giorno, incontrò l’uomo della sua vita. Un colpo di fulmine. “Una morsa allo stomaco, farfalle, gabbiani e cieli azzurri”, ha scritto lei di recente su Facebook. Massimo Romano, quello delle “farfalle”, è un uomo felice accanto a lei e alle quattro figlie. Chi lo conosce bene dice che è un po’ geloso quando laLoredana si dimostra troppo espansiva, con baci e abbracci che distribuisce a destra e a manca.
Teresa Bellanova, invece, non era su un treno quando ha incontrato l’uomo della sua vita. Ma era in viaggio, in missione in Africa per conto della Cgil di cui era già diventata una dirigente. A Casablanca, ad un convegno, conobbe Abdellah El Motassime. Fu subito amore. Lui fa l’interprete, conosce cinque lingue e la segue con discrezione. Spesso d’estate, ha raccontato lei, tutta la famiglia si ritrova in Marocco per un tuffo nelle tradizioni. Ed è così che si mangia in ambienti separati: le donne da una parte, gli uomini dall’altra.
In politica Teresa Bellanova è entrata con ritardo. Elezione alla Camera nel 2006, rielezione nel 2013, sottosegretario nel 2014, viceministro nel 2016. Una carriera fulminante. E mentre laLoredana diventava fedelissima di Michele Emiliano, lei conquistava la fiducia e la simpatia di Matteo Renzi.
E dire che nel governo Bellanova ci era entrata come rappresentante dell’opposizione. Il suo era nella rosa di nomi che Gianni Cuperlo una mattina consegnò nelle mani del premier. «Prendiamo la Bellanova», fu la risposta di Renzi, che in questo modo pensava anche di attirarsi le simpatie della Cgil. I problemi sorsero quasi subito, perché Teresa non ci stava a fare opposizione al governo stando nel governo. I cuperliani cominciarono a mugugnare e lei, raccontano i compagni, telefonò a Bersani. L’Uomo della Ditta la tranquillizzò e le disse di andare avanti: «Chi è al governo governa, l’opposizione si fa in altre stanze». Punto e basta.
Una lezione di correttezza da parte di Teresa, secondo gli amici. “Tradimento” secondo gli avversari, molti dei quali ora militano in Articolo 1 ma per sport o noia continuano a farle le pulci in occasione di ogni sua uscita pubblica.
A Bersani forse laLoredana non ha mai telefonato. Di certo ha telefonato, e più volte, a Massimo D’Alema. Quando Vendola la chiamò al posto di Sandro Frisullo, lei passò per dalemiana, nel senso che agli scontenti del Pd che si aspettavano la chiamata nella giunta regionale fu spiegato che era stato proprio lui, il Capo, a suggerire a Nichi il nome di Loredana. La telefonata di D’Alema a uno storico esponente del partito salentino arrivò qualche giorno dopo quella nomina. «Senti - disse Massimo - mi spiegate perché la Capone mi chiama ogni mattina alle 7 per parlarmi di tutto? Ditele che io a quell’ora dormo. Dormooo!». Evidente che D’Alema non è amico di Facebook della Loredana, o perlomeno non ha le notifiche attivate.
Nel marzo del ‘94, quando Berlusconi vinse le elezioni e approdò per la prima volta a Palazzo Chigi, Loredana era ancora l’avvocato Capone dello studio Sticchi Damiani. Teresa Bellanova era invece in prima linea, non candidata ma impegnata in una campagna elettorale di fuoco. E fu così che mentre Emilio Fede già preparava le bandierine da appiccicare sulla cartina dell’Italia azzurra, Bellanova fu inviata dal partito a Ugento per dare una mossa alla campagna elettorale. D‘Alema e i suoi decisero che da quelle parti il partito era debole, nel senso che non aveva esponenti in grado di reggere il confronto nelle piazze, e allora si affidarono all’ex bracciante di Ceglie che arrivò a Ugento preceduta dalla fama di “tosta”. Il vecchio compagno Cicco Forte, comunista da sempre, l’accolse sul palco lanciando la sfida agli avversari che poco prima nella stessa piazza avevano attaccato il suo partito strappando gli applausi della gente. «Stasira tenimu quai la compagna Bellanova», disse urlando a squarciagola e puntando lo sguardo contro quelli della destra che si erano fermati ad ascoltare. «E stasira la compagna Bellanova be face nu mazzu così...». A dir la verità invece di “mazzu” usò un’espressione ancora più colorita, accompagnata da un immaginario cerchio composto con gli indici e i pollici aperti. La folla esplose in una risata collettiva, alla quale seguì un applauso interminabile. La “cumpagna Bellanova”, sul palco, cercò di trattenersi, imbarazzata, ma alla fine rise anche lei. Purtroppo quel comizio non bastò a impedire l’elezione del candidato berlusconiano, Eugenio Ozza, che tra l’altro a Ugento giocava in casa. A perdere, per il centrosinistra, fu Ernesto Abaterusso. Ora uno dei più implacabili nemici dell’ex bracciante diventata viceministro.
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