Il sindaco: «Un’ingiustizia, non siamo malavitosi: farò ricorso»

Il sindaco: «Un’ingiustizia, non siamo malavitosi: farò ricorso»
di Daniela PALMA
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Sabato 18 Febbraio 2017, 06:10 - Ultimo aggiornamento: 21:46
Non se l’aspettava, dice. Ma l’amara sorpresa non gli fa perdere il suo piglio battagliero. E ripete più volte: «Ingiustizia è fatta». Per Alfredo Cacciapaglia, sindaco di Parabita, la questione non finisce qui. Si attendono le motivazioni della decisione del Consiglio dei ministri. Poi sarà battaglia legale: «Gli avvocati sono già al lavoro».
Sindaco perché dice di sentirsi vittima di questo provvedimento?
«Perché so di non aver fatto nulla di male. Ho una storia personale e politica portata avanti all’insegna dell’onestà, della trasparenza e della legalità. Appena avremo avuto lettura del provvedimento valuteremo tutte le iniziative necessarie perché sia ristabilita la verità. Per un amministratore che ha sempre combattuto a favore della legalità è un paradosso. Basti pensare alle mie battaglie sulle proroghe del contratto per il servizio rifiuti».
Proprio la questione rifiuti, invece, è uno dei macigni che pesano nell’inchiesta, con l’ex vicesindaco accusato di aver fatto assumere alcuni sodali del clan Giannelli, o i loro congiunti, come operatori ecologici nell’impresa di raccolta di rifiuti.
«Per questo è un paradosso. Dopo aver praticato la buona amministrazione il mio Comune si vede piombare una sanzione così forte. Potrei accettarla se fosse dovuta a un problema politico ma non per una motivazione così forte. Appena avrò letto le motivazioni e capito meglio le valutazioni fatte dal Ministero assumerò ogni iniziativa utile a tutelare la dignità del Comune di Parabita e mia».
 
Non ci si può non chiedere però come possa un sindaco non essersi accorto di nulla. Com’è possibile che Giuseppe Provenzano, all’epoca dei fatti suo braccio destro, abbia agito in solitaria senza che lei o qualche altro collega di maggioranza fosse a conoscenza di nulla?
«Io delle cose di Giuseppe Provenzano non so nulla, sono problemi suoi. Non ho avuto il sospetto di nulla, né nulla mi ha fatto capire che ci potessero essere interferenze nell’attività amministrativa. Molte cose le ho apprese dalle carte processuali, dall’inchiesta giudiziaria. Se il provvedimento riguarda lui non so cosa possa essere venuto fuori di così grave da colpire tutta l’Amministrazione. Ecco perché devo leggere il provvedimento, ho bisogno di capire perché ho il dovere di battere ogni strada affinché la mia comunità non subisca quest’onta. Per il resto mi sono costituito parte civile, saranno i giudici a stabilire la verità».
Perché, in un contesto così teso, non ha rassegnato le dimissioni ed evitato la spada di Damocle ministeriale sul Comune?
«Non l’ho fatto perché io non sono mai stato sfiorato dalle indagini e nemmeno da sospetti. Non ho fatto nulla di male e non mi sono mai inchinato dinanzi a forze diverse da quelle che promuovono l’onestà e la legalità».
Sente di aver fatto qualche errore nella gestione della cosa pubblica o nella valutazione dei suoi uomini?
«Assolutamente no. L’unica mia preoccupazione è stata lavorare perché l’Amministrazione non fosse deviata da interessi illegittimi. E questo ho fatto».
Parabita è una città mafiosa?
«Assolutamente no. E io non ho mai avuto condizionamenti, tantomeno da cosche criminali».
Pensa di ricandidarsi, eventualmente, nella prossima tornata elettorale?
«Prima leggiamo il provvedimento, poi capiamo chi è candidabile e chi non lo è. Ma non è questo il problema ora e non mi interessa, non mettiamo il carro davanti ai buoi. Il vero problema è ristabilire la verità di fronte a quest’ingiustizia».
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