L'agenda d'oro di Dagostino: nero su bianco incontri e somme

L'agenda d'oro di Dagostino: nero su bianco incontri e somme
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 16 Gennaio 2019, 09:48 - Ultimo aggiornamento: 10:01

È un tipo meticoloso Luigi Dagostino, il 52enne imprenditore fasanese. Tanto meticoloso da registrare sulla sua agenda ogni evento della giornata lavorativa. Ed è su alcune pagine di questa agenda che gli investigatori si concentrano. Sugli incontri con magistrati, politici, altri imprenditori. E sulle cifre spesso a quattro zeri che vengono riportate. Pagine che il gip Giovanni Gallo ritiene a sua volta estremamente interessanti e degne di essere prese in considerazione: «Risulta riscontrato che le annotazioni riportate nell'agenda di Dagostino corrispondono ad eventi realmente accaduti».
Ma cosa c'è di così interessante in quei fogli? Emerge soprattutto il rapporto con Savasta. Un rapporto viziato dalla sproporzione in termini di potere contrattuale: da un lato un imprenditore pieno di problemi; dall'altro un magistrato in grado di risolverli. Chiaro che, in un quadro simile, i rapporti sono sbilanciati. Ma tant'è. Entrambi se ne avvantaggiano. Perché è Savasta a fare in modo che, nell'ambito di un'inchiesta per fatture false, il nome di Dagostino non venga mai fuori. Parliamo di importi per 5-6 milioni di euro: fatture per operazioni inesistenti emesse da diverse società pugliesi, utilizzate dalle aziende che fanno capo a Dagostino. Ma Savasta, titolare dell'indagine a carico di tre imprenditori del posto, si preoccupa di tenere un basso profilo: assegna un avvocato d'ufficio compiacente ai tre indagati; evita di chiedere a chi effettivamente finissero quelle fatture; omette di trasmettere il fascicolo a Firenze, visto che le presunte operazioni riguardavano aziende le aziende toscane di Dagostino. In cambio, quest'ultimo avrebbe versato a Savasta e all'avvocato coinvolto somme di denaro pari a 53mila euro.
Non solo: tramite l'amicizia con Tiziano Renzi, padre dell'ex premier Matteo, Dagostino avrebbe organizzato un incontro tra Savasta e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti. Anche questo incontro puntigliosamente annotato sulla sua agenda: «Palazzo Chigi riunione con Lotti Luca». È il 17 giugno del 2015. Lotti sarà poi sentito anche dagli investigatori nel merito di quegli incontri, senza tuttavia ricordare molto di quale fosse l'oggetto delle conversazioni con Dagostino e Savasta.
Il caso finisce comunque a Firenze, su segnalazione della Guardia di finanza di Barletta. Ed è proprio nel capoluogo fiorentino che cominciano ad emergere gli intrecci sospetti tra Savasta, Dagostino e la rete di aziende che producono fatture false. Non solo. È proprio in questa circostanza che si fa il nome di Tiziano Renzi. Sentito dal pm, il maggiore della Finanza Carmelo Salamone spiega che «Avevamo accertato che tali società fiorentine avevano utilizzato fatture per operazioni inesistenti per circa 6,5 milioni di euro e, peraltro, continuavano ad arrivare segnalazioni per operazioni sospette. Agli inizi di dicembre del 2015 appresi che Tiziano Renzi era interessato, insieme a Luigi Dagostino, ad aprire un The Mall (un outlet, a Fasano e quindi inquadrai meglio la figura di chi era questo imprenditore. A quel punto andai a parlare con il pm Savasta ma non cambiò idea e disse che non intendeva inviare la comunicazione della notizia di reato alla Procura di Firenze per uso di fatture false».
Più o meno in quello stesso arco temporale si inserisce una cena alla quale aveva partecipato - ignaro della presenza del magistrato pugliese - Giovanni Legnini, all'epoca vicepresidente del Csm e che presiedeva proprio la commissione disciplinare che doveva pronunciarsi sul trasferimento d'ufficio di Savasta. Legnini, ora candidato alla presidenza della Regione Abruzzo, ha respinto come «strumentali» gli attacchi politici che gli giungono oggi dalla sua regione citando proprio le parole del gip secondo cui egli non era «previamente informato o comunque a conoscenza» della presenza di uno dei due giudici indagati e del suo amico imprenditore a quella cena. «Peraltro, come risulta dagli atti di indagine - sottolinea Legnini - trattai con molta freddezza il magistrato in questione, nei cui confronti pendeva un procedimento disciplinare, proprio perché irritato dal suo tentativo di avvicinarmi».
A.Cel.

© RIPRODUZIONE RISERVATA