Inchiesta sui fumi inquinanti, nel mirino 15 aziende: primo avviso Arpa-Procura

Inchiesta sui fumi inquinanti, nel mirino 15 aziende: primo avviso Arpa-Procura
di Erasmo MARINAZZO
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Martedì 28 Marzo 2017, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 16:08
Verifiche sui cementifici e sulle aziende produttrici di asfalti. Sotto la lente di ingrandimento della Procura sono finite le emissioni nell’aria di fumi e di polveri: Arpa e Forestale stanno verificando la regolarità e l’adeguamento alle normative più recenti degli impianti di filtraggio e dei camini di una quindicina di imprese salentine finite all’attenzione dell’inchiesta condotta dal pubblico ministero Angela Rotondano ed avviata anche per stabilire se ci siano un nesso causale fra quelle emissioni e l’aumento esponenziale dei tumori messo in rilievo dal report “Ambiente e salute in provincia di Lecce” .
Le indagini sono arrivate ad una svolta: se nei mesi scorsi l’Arpa inviò una circolare per invitare gli amministratori di quelle aziende a provvedere ad aggiornare gli impianti di abbattimento delle emissioni, la Forestale ha poi iniziato a fare le verifiche per capire se gli adeguamenti siano stati fatti o meno.
Questi accertamenti forniranno poi le indicazioni al magistrato, per decidere se avviare un procedimento penale contro chi potrebbe ancora continuare a violare le norme a tutela della salute dei cittadini.
Un fascicolo esiste. Ed è ancora contro ignoti. E’ quello aperto l’anno scorso per le ipotesi di reato di getto pericoloso di cose e violazione del decreto legislativo sulle misure necessarie ad evitare un aumento anche temporaneo delle emissioni. E’ il fascicolo dove potrebbero confluire i nomi delle aziende e degli amministratori se dovessero emergere ancora irregolarità dai controlli della Forestale. 
 
Non ci sono ancora indagati, in quel fascicolo, perché linea scelta della Procura è quella di dare priorità all’adeguamento degli impianti e, dunque, alla salute dei cittadini. Lo stabilì il protocollo stilato l’anno scorso dal procuratore aggiunto Elsa Valeria Mignone (coordinatore del pool reati ambientali) e dall’allora procuratore capo Cataldo Motta: la normativa ambientale dà infatti la possibilità anche a chi è già stato iscritto sul registro degli indagati di chiudere il conto con la giustizia con un’ammenda e senza menzione sul casellario giudiziario, a patto di garantire la piena efficienza degli impianti di abbattimento.
E’ la linea adottata anche nei casi più gravi di rischio di inquinamento dell’aria, emersi l’anno scorso con i sequestri di due aziende del Basso Salento e della Grecìa Salentina, produttrici di conglomerati bituminosi: i responsabili non sono stati perseguiti penalmente una volta garantita la creazione di una piattaforma per il campionamento delle emissioni, interventi di manutenzione per chiudere le fughe di fumi e polveri, un sistema di tubazioni di raccordo verso l’impianto di abbattimento e l’eliminazione di polveri e fumi a monte del sistema di filtraggio.
La procedura, tuttavia, ha registrato qualche intoppo: i tecnici dell’Arpa a volte si sono trovati nell’impossibilità di poter effettuare i rilievi. A volte gli impianti sono risultati vecchi e talmente modificati, da non rendere possibile dove effettivamente venissero convogliati i fumi. Ed anche sono in corso di verifica le dichiarazione di regolarità, sottoscritte dai periti incaricati dagli amministratori delle rispettive aziende.
Da qui la circolare dell’Arpa ed in seguito il monitoraggio della Forestale.
I controlli sono ormai agli sgoccioli. E dunque a breve arriveranno i risultati di una delle inchieste che interessato direttamente l’opinione pubblica, visto che si sta occupando di una delle cause ritenute potenzialmente pericolose per la salute. E poi resta ancora senza risposta perché un territorio come quello del Salento restato immune dai grandi insediamenti delle zone industriali di Brindisi e di Taranto, registri un tasso così alto di tumori.
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