Il centrodestra: 16 firme, M5s ci aiuti
Valente: è un bluff, non mi dimetto

Il centrodestra: 16 firme, M5s ci aiuti Valente: è un bluff, non mi dimetto
di Paola ANCORA
4 Minuti di Lettura
Venerdì 23 Febbraio 2018, 05:35 - Ultimo aggiornamento: 12:14
Mandare a casa il sindaco Carlo Salvemini e la sua Giunta. In una nota inviata per whatsapp nel tardo pomeriggio di ieri e firmata “la coalizione di centrodestra”, si afferma infatti che «i consiglieri comunali di centrodestra hanno raccolto 16 disponibilità a firmare le dimissioni sulle 17 necessarie per lo scioglimento del Consiglio comunale. La diciassettesima consigliera, Paola Gigante, al momento in Thailandia, comunica ufficialmente al capogruppo di Grande Lecce la propria adesione politica alle dimissioni; ma verifiche tecniche impediscono l’efficacia di una sua comunicazione, anche qualora venisse effettuata via pec, perché non ritenuta contestuale ai sensi della normativa vigente». La nota è frutto del vertice di ieri pomeriggio, al termine del quale il centrodestra si è chiuso nel silenzio, almeno ufficialmente.
A microfoni spenti, però, qualcosa è trapelato, a conferma del cul de sac nel quale la coalizione sembra essere finita, schiacciata da un lato dalla tattica del sindaco Salvemini di “parlamentarizzare” la crisi consegnando di fatto all’attuale maggioranza l’esclusiva responsabilità di decidere il destino della consiliatura; dall’altro costretta a fare i conti con le ritrosie di chi non vorrebbe affrontare subito una campagna elettorale dagli esiti incerti e di chi, ancora, vuole attendere l’esito del voto per il Parlamento il 4 marzo, dopo il quale saranno più chiare leadership e poltrone, assegnate e da spartire. A conferma di un quadro compatto solo in apparenza, ma diversificato e diviso appena sotto la superficie, ci sono persino le spiegazioni fornite dall’uno o dall’altro esponente di centrodestra per la mancata firma di Gigante: «Paola proverà a raggiungere il Consolato domani per firmare le dimissioni», riferiscono da Grande Lecce; «non può raggiungere il consolato perché pare che l’aereo che le permetterebbe di farlo voli soltanto due volte alla settimana», racconta, invece, un consigliere dell’attuale maggioranza. Un alibi? Chi può dirlo. Nessuno, però, spiega come mai da lunedì, giorno in cui il Consiglio di Stato ha emesso la sua sentenza e riconsegnato la maggioranza del Consiglio comunale al centrodestra, non si sia riusciti a raccogliere tutte e 17 le firme da consegnare al segretario generale dell’ente per determinare lo scioglimento dell’assemblea e tornare al voto. Tanto più che, nell’incontro fiume di mercoledì scorso, alla vigilia del Consiglio, il confronto fra i consiglieri si sia concentrato su un documento - che poi si è scelto di non divulgare - nel quale ci si impegnava a firmare le dimissioni a patto che, già in queste ore, si delimitasse il perimetro della coalizione da presentare agli elettori; si garantisse l’esclusione dalla sfida di chiunque sia già uscito dal centrodestra (leggasi Alessandro Delli Noci) e a patto che, infine, ogni partito indicasse subito un esponente pronto a partecipare alle primarie per la scelta del sindaco. Un libro dei sogni, visti i tempi strettissimi. «Ho firmato proprio perché c’era quel documento», ha spiegato, a margine del Consiglio comunale, Antonio Finamore, capogruppo di Grande Lecce.
 
Non bastasse questo, a confermare che dietro l’ostentata compattezza covino divisioni e distanti intenzioni dei singoli consiglieri, ci sono le parole nette di Mauro Giliberti e Paolo Perrone nel corso del Consiglio comunale di ieri, convocato per la presa d’atto dell’ingresso in Aula di sei nuovi consiglieri di centrodestra. «Non nascondo la mia preoccupazione per le incertezze manifestate dal centrodestra - ha detto Giliberti -.  Speravo di arrivare in questa sede oggi, per le dimissioni e per tornare al voto. Mi auguro di sbagliarmi e che il tempo possa smentire il mio timore, così che si possa essere in grado di ridare la parola ai cittadini. È impensabile fare ricorso, vincerlo e non dare seguito con comportamenti conseguenti». In serata, poi, Giliberti si è astenuto da ogni ulteriore commento.
«Questo è il momento della verità: non ce li abbiamo 17 voti, dobbiamo dirlo alla città. Qualcuno ritiene le dimissioni politicamente sconvenienti», ha aggiunto Perrone, lanciando poi la palla nel campo avversario e invitando Salvemini «ad affrontare l’onere di scegliere», chiedendo «ai consiglieri di centrosinistra di andare dal notaio e rassegnare le dimissioni». Un gesto estremo, che Lecce Città Pubblica ha definito «folle» e al quale, nel pomeriggio, si è aggiunta la richiesta di aiuto rivolta dal centrodestra al Movimento Cinque Stelle: «Al fine di poter procedere alle dimissioni nella forma utile a consentire lo scioglimento del Consiglio - è scritto ancora nella nota - invitiamo il consigliere Fabio Valente del Movimento 5 Stelle a unirsi ai presenti domani alle 17 per rassegnare le dimissioni dinanzi al segretario comunale, già dichiaratosi disponibile per quell’orario. In caso di sua assenza il centrodestra sarà impossibilitato a formalizzare correttamente le dimissioni».
Invito andato a vuoto, nonostante già in mattinata proprio Giliberti avesse tentato di tessere un confronto con l’esponente del Movimento Cinque Stelle. «Non hanno sedici firme», ha detto in serata Valente, durante una pausa dal tour della campagna elettorale grillina. «È un bluff ed è del tutto inutile che tentino di passarmi il cerino. Non mi faccio strumentalizzare. Sanno tutti che all’appello - ha proseguito - mancano almeno 4 o 5 firme e questo teatrino è diventato ridicolo. Non sono compatti? È un loro problema e avrei la stessa posizione se a chiedermi una cosa del genere fosse stato il centrosinistra. Siamo grillini, sì, ma non fessi».
© RIPRODUZIONE RISERVATA