Inquinamento, i veleni arrivano in campagna. Allarme in 32 Comuni

Inquinamento, i veleni arrivano in campagna. Allarme in 32 Comuni
di Maddalena MONGIO'
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Sabato 24 Marzo 2018, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 21:39
Arsenico, Vanadio, Berillio: sono i tre inquinanti che avvelenano il Salento. Il dato è stato ufficializzato ieri mattina in conferenza stampa da Lilt Lecce ed è figlio di Geneo, uno studio finanziato da Lilt nazionale. Sotto indagine il suolo dei 32 comuni salentini che il comitato scientifico di Lilt ha individuato sulla base dell’incidenza di patologie tumorali. Il prelievo dei campioni ha riguardato le cosiddette aree a verde, ossia terreni ormai abbandonati e che proprio per questo avrebbero dovuto presentare livelli bassi di inquinanti. Non è stato così per Arsenico, Vanadio e Berillio (quest’ultimi due sono metalli pesanti usati per lo più in metallurgia e cancerogeni per l’uomo9, mentre valori bassi sono stati registrati per le diossine con la presenza, però, di alcune particolarmente nocive alla salute. Chi inquina? La risposta è stata rimandata da Lilt a chi ha la responsabilità istituzionale di fare queste indagini, ma per le diossine è stato precisato che derivato dai gas di scarico delle automobili (diesel in testa), dalla combustione di biomasse (i sempre citati camini domestici), ma soprattutto dall’incenerimento di Cdr (Combustibile Derivato da Rifiuti) e da emissioni industriali.
I campionamenti sono stati effettuati dal laboratorio Alfa di Poggiardo, mentre sulle analisi e l’elaborazione dati hanno lavorato i prof di Biologia e Ingegneria dell’Innovazione di UniSalento (Angelo Corallo, responsabile del gruppo di ricerca; Francesco Pettinato, responsabile sviluppo Dss; Antonio Calisi responsabile ecotossicologia). Le analisi per la Diossina in un centro accreditato di Ravenna. Partner del progetto la Provincia di Lecce, Asl Lecce con il Dipartimento di Prevenzione e il Registro tumori di Lecce. 
«Non c’è un’emergenza sanitaria – ha precisato Giovanni De Filippis, direttore del Dipartimento di Prevenzione –, ma la necessità di capire eventuali relazioni tra inquinanti e patologie tumorali. A breve presenteremo i dati dello studio sul tumore ai polmoni nei maschi e partiremo con il Progetto minore per conoscere lo stato della falda del sottosuolo».
Nove le aree campionate e ognuna comprende un bacino Di comuni: 6 aree sono ad alto rischio epidemiologico, 1 a medio rischio, 2 a basso rischio. La prima area delle sette ad alto rischio comprende Zollino, Caprarica di Lecce, Calimera, Martignano, Castrì di Lecce; la seconda: Sannicola e Tuglie; la terza Sogliano Cavour, Cutrofiano, Melpignano, Maglie, Galatina; la quarta Giuggianello, Minervino di Lecce, Sanarica, Nociglia, Botrugno; la quinta Diso, Santa Cesarea Terme, Ortelle; la sesta: Morciano di Leuca, Patù, Salve, Castrignano del Capo, Gagliano del Capo. A medio rischio epidemiologico c’è la settima area che comprende: Novoli, Campi Salentina, Squinzano; a basso rischio epidemiologico l’ottava area con Porto Cesareo e Leverano; la nona con Miggiano e Montesano Salentino.

In quasi tutte le 9 aree è stata rilevata la presenza di Arsenico, Berillio e Vanadio, anche se in quest’ultimo caso le percentuali sono inferiori a quelle dei primi due. A dare la chiave di lettura dei dati è stato Antonio Giangrande, esperto del laboratorio Alfa di Poggiardo. «Quando mi è stata proposta questa indagine ho avuto paura – ha confessato Giangrande – per la vastità dell’area di campionamento. Trentadue comuni in nove aree sono tanti. I risultati sono stati inaspettati, non compatibili e non attesi per le aree verdi. Non sono state trovate tracce di pesticidi, mentre l’analisi delle diverse diossine, furani e Pcb, sono sotto i limiti di legge, ma sono collegate a sorgenti di contaminazione che devono essere studiate». La correlazione tra tumori e inquinamento, secondo Lilt, si manifesta con i test di biotossicità «ed in particolare quelli di genotossicità dei suoli, hanno rivelato in alcune aree (vedi, ad esempio, i test dei micronuclei in Cutrofiano, Giuggianello e Botrugno) una possibile correlazione tra inquinamento ambientale e situazione epidemiologica della popolazione».
«La situazione era assolutamente inattesa – ha affermato Giuseppe Serravezza, responsabile del comitato scientifico di Lilt – perché non ci aspettavamo uno stato di contaminazione del suolo di questa misura. Se lo stato tossicologico è questo c’è da temere un’esplosione di altre patologie, oltre al tumore penso – ad esempio – al diabete e all’infertilità di coppia. Il suolo ha una memoria storica che raccoglie tutto e il monitoraggio ci ha mostrato cosa è accaduto negli ultimi 10 dieci anni nel Salento». Questo lo stato dell’arte certificato dal progetto Geneo e poi Serravezza avverte: «Con estrema urgenza le istituzioni devono affrontare il problema per risalire alle sorgenti degli elementi inquinanti. Il nostro territorio è martoriato e bisogna ripensare tutta la pianificazione relativa a impianti che producono inquinanti. La situazione è grave e non ci può fare stare tranquilli che alcuni inquinanti siano sotto la soglia di legge: biologicamente queste sostanze agiscono sull’essere umano e per questo non possiamo accettare la presenza di questi veleni. Per prendere le decisioni tecniche, non occorre aspettare di dover contare i morti, nei Paesi industrializzati più importanti non si aspettano le indagini epidemiologiche, ma si interviene in via preventiva sulle matrici ambientali eliminando la fonte dei veleni e quindi la causa di malattie».
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