Più coltelli per uccidere Noemi
Perquisizioni nelle due case

Più coltelli per uccidere Noemi Perquisizioni nelle due case
di Erasmo MARINAZZO
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Giovedì 21 Settembre 2017, 21:17 - Ultimo aggiornamento: 22 Settembre, 12:15

Ispezioni e perquisizioni alla ricerca dell’arma del delitto. I carabinieri della sezione Rilievi del Nucleo investigativo e della Compagnia di Tricase sono stati ieri nelle case di L.M., 17 anni, di Alessano, finito in un istituto di pena minorile con l’accusa, confessata, di aver ucciso la fidanzata. E gli stessi controlli sono stati fatti nell’abitazione della vittima Noemi Durini, 16 anni, di Specchia.
Li ha portati lì l’esito dell’autopsia effettuata martedì dal medico legale Roberto Vaglio, nominato dal magistrato della Procura per i minorenni titolare dell’inchiesta per omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dai futili motivi e dalla crudeltà. Perché sono state trovate tante ferite alla testa, lievi, senza alcuna frattura del cranio. Lievi ma tante. E lì nel cuoio capelluto c’era la parte terminale della punta di un coltello.
Dati oggettivi che smentiscono la confessione dell’indagato. Perché L.M. ha raccontato agli inquirenti di aver colpito Noemi una sola volta alla testa con il coltello e che la lama si sarebbe spezzata facendogli restare in mano il solo manico.
Le ferite sono invece diverse. E probabilmente causate da più lame. Non da un solo coltello, insomma. Il che sta facendo sorgere il sospetto che il ragazzo potrebbe avere avuto un complice. Anche perché quel manico non è stato mai ritrovato: ha detto di averlo avvolto attorno alla sua maglietta per poi sotterrarlo. Nelle campagne di Castrignano del Capo sì, ma null’altro. Null’altro L.M. ha detto di ricordare, inoltre, su come da lì, in contrada San Giuseppe fra Castrignano e Leuca, sia poi tornato a casa ad Alessano. E nulla sulla ferita nella parte destra del collo che potrebbe essere risultata quella fatale.
Sono vuoti di memoria che in questa fase delle indagini pesano come macigni. Perché la confessione è stata considerata lacunosa quando è arrivato il riscontro dell’autopsia. E per questo viene presa in considerazione la possibilità che L.M. abbia mentito, fermo restando la possibilità di una amnesia scatenata dalla consapevolezza di avere commesso un’azione orrenda ed inaccettabile a lui stesso.
Si indaga per capire se abbia nascosto il coltello. O i coltelli. E se nasconda qualche complicità. Da qui la decisione di tornare nella casa dove la sera del 13 settembre i carabinieri del Ris di Roma hanno cercato tracce, senza esito, del delitto. E dove furono sequestrati due coltelli risultati incompatibili per lunghezza, forma e larghezza, con le ferite alla testa rilevate all’autopsia. Ed anche con quella quasi certamente mortale. Quella al collo.
La ricerca stavolta è stata estesa anche nella casa dove la ragazza era scomparsa nella notte del 3 settembre. Come atto dovuto, per non lasciare nulla di intentato nel battere la pista che sta verificando l’attendibilità di Lucio, la possibilità - al momento solo una ipotesi investigativa - della presenza di un complice e che vuole arrivare all’arma del delitto. Perché l’indagato ha sostenuto che Noemi avesse portato con se’ un coltello quando passò a prenderla da Specchia alle 4.51, l’attese per strada fino all’arrivo alle 5.05 per poi ripartire alle 5.09, come ha documentato l’impianto di videosorveglianza di una abitazione.
Tanti i dubbi ancora irrisolti, dunque. Il caso è tutt’altro che chiuso.

 

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