Dal mare anello di 1000 anni
pescatore rischia la condanna

Dal mare anello di 1000 anni pescatore rischia la condanna
di Erasmo MARINAZZO
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Giovedì 11 Gennaio 2018, 12:13 - Ultimo aggiornamento: 12:25
PORTO CESAREO - Un anello di epoca bizantina risalente a mille anni fa spunta dalle acque del mare salentino. Peccato che il felice ritrovamento abbia rischiato di far prendere una condanna a un anno di reclusione al fortunato pescatore che fece la scoperta. All'uomo era stato promesso un premio in denaro, ben 25mila euro, per quell’anello bizantino ritrovato sui fondali del Bacino Grande di Porto Cesareo alla fine di aprile del 2014.
L'anello era in oro, con tanto di sigillo a testimonianza diuna nobile appartenenza, probabilmente a un alto funzionario dell’amministrazione bizantina, prodotto in una officina imperiale intorno all’XI secolo dopo Cristo, certificò qualche giorno dopo il ritrovamento il professore Paul Arthur, docente di Archeologia Medievale dell’Università del Salento.
«Un reperto eccezionale», lo definìil consulente della Procura, Laura Masiello, funzionaria della Soprintendenza di Taranto. Anelli simili si trovano infatti nei più noti musei del mondo: “Metropolitan” di New York, “British” di Londra e “Biblioteque National” di Parigi.
Ma in questo caso sul reperto si aprì un'inchiesta penale finita con il processo per A.C., 54 anni, pescatore di Copertino, finito nei guai con l’accusa di non aver consegnato l’anello entro il termine di 24 ore previsto dalla legge sui beni archeologici. Ieri le battute finali della singolare vicenda giudiziaria: A.C. è stato assolto per la “tenuità del fatto” dal giudice della seconda sezione penale, Annalisa de Benedictis.

E l’anello? Si trova custodito nel museo archeologico di Taranto, dopo il sequestro della mattina del 21 maggio del 2014 dei carabinieri del Nucleo di Bari “Tutela patrimonio culturale”. Un pezzo troppo importante per lasciarlo in affidamento ad un privato come custode.
E, ad ogni modo, il pescatore copertinese aveva altro a cui pensare quando alle 8 del mattino si trovò i carabinieri in casa. Raccontò che non era stato lui a trovarlo ma il genero durante una nuotata con maschere e pinne, nonché con un coltello che spunto appena vide un luccichio su un fondale di tre-quattro metri.
Staccò dagli scogli quel pezzo di oro ed una volta nelle mani di A.C. finì immerso nel disincrostante come quello usato nella pulizia dei bagni. Il pescatore intuì di avere per le mani un pezzo importante e per questo chiese aiuto ad un consulente ambientale di sua conoscenza. Questi, a sua volta, si rivolse al professore Arthur per un parere ed il docente fece presto a sollecitare la consegna alla Soprintendenza appena visionò le foto. E non mancò di sottolineare, il docente, che diversamente avrebbe sporto denuncia.
Sembrava cosa fatta, ormai: si sarebbe avviato l’iter per la consegna dell’anello e per fare ottenere un premio al pescatore. Non fosse altro per il valore storico-archeologico del reperto.
Ed invece il pescatore non si presentò all’appuntamento della mattina del 9 maggio con il docente, per la consegna dell’anello bizantino alla Soprintendenza di Taranto. Sollecitato a dare spiegazione, sostenne di essersene sbarazzato. Di averlo buttato.
Qualche giorno dopo il professore Arthur informò i carabinieri del Nucleo “Tutela patrimonio culturale”. L’inchiesta penale ha fatto decadere il diritto al premio in denaro. Ed A.C. ha rischiato anche una condanna.

 
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