Proclamati gli eletti, la commissione: "Premio a Salvemini, il centrodestra non ha avuto la maggioranza dei voti validi. Ecco perché"

Il sindaco Carlo Salvemini
Il sindaco Carlo Salvemini
di Paola ANCORA
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Lunedì 24 Luglio 2017, 18:23 - Ultimo aggiornamento: 18:51

Un totale di 46.527 voti. Tanti ne avrebbe dovuti ottenere il  centrodestra già al primo turno per impedire l'attribuzione del premio di maggioranza al sindaco vincitore del ballottaggio, cioè a Carlo Salvemini. L'allora candidato sindaco Mauro Giliberti, a capo di una coalizione di otto liste per il centrodestra, ne ha invece ottenuti 26.715 al primo turno e 18.215 al secondo, per un totale di 44.930 voti "non superando così il 50% dei voti validi espressi nell'intero procedimento elettorale".
È tutta qui la lettura della norma fatta dalla commissione elettorale presieduta dal giudice Alcide Maritati e contenuta nell allegato al verbale depositato presso l'ufficio del segretario generale a Palazzo Carafa. Una lettura innovativa eppure semplice nella sua interpretazione. Che ha fatto tesoro delle sentenze del Consiglio di Stato a partire dal 2010 ma ha anche aggiunto elementi nuovi, di chiarimento della legge 267 del 2000, il cosiddetto Testo unico degli Enti locali. Il bacino totale di voti da considerare è la somma dei voti validi al primo e al secondo turno. E, su queste basi, il centrodestra non ha superato al primo turno la soglia del 50% più uno che avrebbe impedito l'assegnazione del premio a Salvemini.
La premessa è che "l'intera normativa elettorale dei Comuni è ispirata al cosiddetto principio maggioritario, che deve essere adottato dell'interprete come tendenziale linea guida chiarificatrice in tutti i casi in  un si offrano più soluzioni ermeneutiche apparentemente possibili". E, ancora, che il premio di maggioranza vada sostanzialmente sempre assegnato al sindaco eletto "onde preservare il valore fondamentale della governabilità degli enti territoriali, desumibile dalla regola generale del maggioritario individuata dal legislatore quale criterio ispiratore della disciplina delle elezioni comunali".
Un altro passaggio fondamentale delle motivazioni del giudice Maritati, che ha esaminato nel dettaglio sia la sostanza che la forma e la cornice dettate dal legislatore nel Tuel. "La possibilità di esprimere il voto disgiunto e addirittura la possibilità  di esprimere il voto solo per il candidato sindaco - caso in cui tale voto non si trasmette ad alcuna delle liste in campo - rende evidente come il riferimento al solo risultato conseguito dalle liste (al primo turno, ndr) prenderebbe in esame un bacino di voti solo parziale e anche potenzialmente minoritario".
I voti validi da considerare quindi per l'attribuzione del premio di maggioranza vanno calcolati sommando i voti del primo e del secondo turno. Tanto più che la norma specifica: "Qualora un candidato alla carica di sindaco sia proclamato eletto al secondo turno, alla lista o al gruppo di liste a esso collegate che non abbia già conseguito almeno il 60% dei seggi del Consiglio, viene assegnato il 60% dei seggi, sempreché nessuna altra lista o gruppo di liste collegate al primo turno abbia già superato nel turno medesimo il 50% dei voti validi",  senza specificare in questo caso alcunché e chiarendo invece come il collegamento fra liste da tenere in considerazione per valutare il primo "round" elettorale è quello del primo turno. Ciò per stabilire "uno sbarramento" che garatisse che "il voto espresso dagli elettori non divenisse merce di scambio, finalizzata a determinare o a far venire meno le condizioni per l'attribuzione del cosiddetto premio di maggioranza. L'eventuale cambio di coalizione, non potendo incidere sul premio, sarà eventualmente motivato esclusivamente da accordi politici, resi possibili dalla normativa elettorale e che saranno nuovamente sottoposti al giudizio dell'elettorato nel turno di ballottaggio".
 

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