Prof bullizzato dagli studenti. I dirigenti scolastici: «Noi omertosi? Docenti fragili, dovrebbero cambiare lavoro»

Prof bullizzato dagli studenti. I dirigenti scolastici: «Noi omertosi? Docenti fragili, dovrebbero cambiare lavoro»
di Serena Costa
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Sabato 23 Giugno 2018, 10:17 - Ultimo aggiornamento: 12:44
Professore bullizzato, i dirigenti scolastici leccesi non ci stanno a farsi affibbiare l’etichetta di “omertosi”: «Siano piuttosto i docenti a mantenere la propria autorevolezza in classe – affermano all’unisono –. Ognuno deve assumersi le proprie responsabilità».
Ha suscitato la reazione netta dei sindacati del mondo scolastico, oltre che degli assistenti sociali, la notizia pubblicata da Quotidiano sulle umiliazioni morali e fisiche ricevute da un professore 43enne di una scuola media del basso Salento. Una vicenda grave, di cui si è reso protagonista un gruppo di ragazzini di seconda e terza media, che hanno bollato il prof come omosessuale – come se questa possa poi essere un’offesa – riempiendolo di insulti, minacciandolo con un coltello, ma anche vandalizzando la sua automobile e addirittura facendolo cadere per terra con uno spintone. Una situazione insostenibile per il docente, ricoverato in ospedale per una forte crisi depressiva, il quale in due anni ha anche presentato due denunce ai carabinieri e una diffida nei confronti del dirigente scolastico, affinché intervenisse per fermare i comportamenti aggressivi degli alunni.
Ieri, alcuni sindacati locali hanno puntato il dito contro alcuni presidi, colpevoli, a loro dire, di non infliggere sanzioni disciplinari ai propri alunni per paura di perdere le iscrizioni e per salvaguardare il buon nome della scuola. Situazioni sempre più frequenti, quelle registrate ai danni dei professori, che per altri sindacalisti meriterebbero una nuova normativa, con cui perseguire anche i genitori.
Ma, dal canto loro, i dirigenti respingono le accuse al mittente, rivendicando la correttezza del proprio operato e spostando le responsabilità sugli altri protagonisti della vicenda.
Per Giovanna Caretto, preside del liceo scientifico “De Giorgi”, devono essere prima di tutto i docenti a garantire «una corretta gestione della situazione: sono loro i primi a essere in classe e devono essere capaci di mantenere la loro autorevolezza. I docenti non subiscano: il rapporto educativo sano ed efficace nasce da una chiara definizione dei ruoli e degli spazi che competono a ciascuno. Mai confondere i ruoli, mai dimenticare che in classe si è il docente e non l’amico dei ragazzi: quando quest’ultimo sente che la propria figura professionale non è rispettata, deve attivarsi lui per cambiare le cose, e solo in presenza di situazioni gravi deve rivolgersi al dirigente. Se il preside è omertoso, è necessario andare in Procura e denunciare, ma non digerisco che i sindacati ci affibbino questa targhetta, come se lo fossimo tutti. Ognuno si deve assumere la responsabilità di far rispettare le regole dentro la scuola».
Ben più tranchant è la considerazione di Patrizia Colella, dirigente scolastico dell’Ites “Olivetti” e reggente del professionale “Scarambone”: «La mia solidarietà è tutta rivolta al dirigente scolastico coinvolto, perché a volte ci sono docenti eccessivamente fragili, a livello permanente o temporaneo, che per troppa bontà da parte nostra e perché il sistema è fortemente garantista, non cambiano lavoro. Ogni dirigente scolastico fronteggia ogni anno almeno una situazione simile a quella vissuta da questo professore, ma devo anche dire che fatti così gravi da me non sono mai accaduti. Ciò perché i miei professori sono riusciti a portare avanti il loro compito educativo, lavorando per anni per sviluppare negli studenti l’accettazione delle diversità e delle fragilità. Temo, piuttosto, che il docente in questione non abbia avuto modo di rafforzare le proprie competenze professionali. Se c’è una cosa che rimprovero al collega, dunque, è che avrebbe dovuto spingere il suo insegnante a potenziarsi come persona e come professionista. Mi lascia perplessa, a riprova di ciò, il fatto che a seguito di denunce e diffide il dirigente non sia intervenuto per fermare questi ragazzi-bulli».
Punta il dito contro l’assenza dei genitori, invece, Raffaele Capone, dirigente scolastico del “Deledda”: «Se i ragazzi manifestano comportamenti omofobi, significa che sono cresciuti in contesti familiari di questo tenore. La situazione sta diventando davvero pesante, proprio perché gli adolescenti vivono in famiglie disgregate e senza punti di riferimento, che non siano altro da quelli trovati sui social network e che spesso suscitano in loro l’effetto emulazione. Temo che il dirigente in questione abbia sottovalutato il problema delle aggressioni al docente: avrebbe dovuto dare una risposta repressiva immediata, convocando il Consiglio di classe alla presenza di tutti i genitori e dei ragazzi, modulandone le varie responsabilità. Ma è anche vero che ormai scuola e famiglia viaggiano su binari paralleli, senza incontrarsi mai e spesso sono i genitori per primi a dare pessimi esempi ai figli».
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