Dimissioni del centrodestra, fine della lunga farsa: ora accordo o commissario - VIDEO

Dimissioni del centrodestra, fine della lunga farsa: ora accordo o commissario
di Paola ANCORA
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Venerdì 23 Febbraio 2018, 18:20 - Ultimo aggiornamento: 25 Febbraio, 16:46

Cala il sipario. Il centrodestra non è stato in grado di presentare le dimissioni per far sciogliere il Consiglio comunale, mandare a casa l’amministrazione Salvemini e consentire alla città di tornare al voto già il prossimo giugno. Non ha potuto e, a leggere con attenzione fatti, tempi ed equilibri, non ha voluto. L’incontro nella stanza del segretario generale Vincenzo Specchia a Palazzo Carafa, dunque, è servito soltanto a certificare una realtà già emersa nei giorni scorsi: sono mancate, fra le file dell’attuale maggioranza, la forza, la compattezza e la determinazione per disarcionare Salvemini.
Una coalizione frammentata, certamente impreparata a indicare subito un candidato sindaco unitario nonostante le tante aspirazioni e poi l’incombere del voto per il Parlamento, il 4 marzo, hanno suggerito di temporeggiare. E l’urgenza, in questi giorni frenetici, è stata quella di individuare una strategia che consentisse di uscire dall’angolo nel quale proprio Salvemini ha cacciato il centrodestra, spegnendo il fuoco delle critiche che, nel frattempo, si sono levate e si levano dalla base: «Ma veramente vogliamo credere alle favole? Hanno trovato compattezza non “sul cosa è doveroso fare”, ma “sul cosa conviene loro dire”?» chiedeva ieri polemico su Facebook Giampaolo Scorrano, già consigliere comunale di centrodestra con Perrone sindaco ed esponente di Forza Italia. Sui social sono persino comparsi i manifesti da morto dedicati al centrodestra leccese: «Gli amici e i cittadini ne piangono la triste scomparsa».
La scelta del primo cittadino di accelerare l’iter per l’insediamento dei nuovi consiglieri e di consegnare quindi nelle mani degli avversari il potere di chiudere immediatamente la consiliatura ha svelato le divisioni fra i gruppi - «non abbiamo tutte le firme» hanno detto Perrone e Giliberti in Aula - e i calcoli dei maggiorenti dei partiti, con i sondaggi per le Politiche che danno diversi seggi in bilico, fra le forze di centrodestra e il Movimento Cinque Stelle. Dopo il 4 marzo sarà tutto più chiaro: i leader, vecchi e nuovi, e le poltrone assegnate o ancora libere, da spartire. Compresa quella di Palazzo Carafa. A quel punto, però, sarà troppo tardi per far votare i leccesi a giugno. A quel punto, qualsiasi spallata a Salvemini porterebbe al commissariamento, sempre che, naturalmente, non si stringano nuovi patti in Consiglio comunale, nuove alleanze. A partire dal voto sul bilancio di previsione, il prossimo marzo.
Tornando all’incontro di ieri dal segretario Specchia, dopo mesi di battaglia politico-legale, dopo l’Aventino e i giudizi al vetriolo sull’alleanza fra Salvemini e l’ex delfino di Paolo Perrone, Alessandro Delli Noci, quella che avrebbe dovuto essere la “settimana della riscossa” si è aperta lunedì mattina con la vittoria definitiva al Consiglio di Stato della coalizione che ha sostenuto il candidato sindaco Mauro Giliberti e con il conseguente ribaltone a Palazzo Carafa, e si è chiusa ieri pomeriggio con la resa, pasticciata, dei consiglieri di centrodestra. Andata in scena mentre la prefettura, il Viminale e gli uffici della presidenza della Repubblica attendevano, già dalla mattina, notizie certe su quanto sarebbe avvenuto da lì a poco. «Noi siamo pronti - ha dichiarato il prefetto Claudio Palomba all’ora di pranzo - e abbiamo allertato il ministero e la presidenza perché il decreto di scioglimento va firmato entro domani (oggi, ndr)».
«La volontà di dimetterci c’è, ma abbiamo una difficoltà tecnica, legata ad aspetti burocratici, per ottenere la firma della consigliera Paola Gigante, che si trova all’estero. Tale difficoltà tecnica potrebbe finire per invalidare le procedure per le dimissioni» ha spiegato il capogruppo di Fratelli d’Italia, Michele Giordano, portavoce della coalizione. Insomma non è stato possibile raccogliere le 17 firme necessarie perché la consigliera Gigante di Grande Lecce si trova in Thailandia in vacanza. Questa è, in sintesi, la dichiarazione che il centrodestra ha voluto affidare alla stampa. «Siamo impossibilitati a dimetterci - ha proseguito Giordano - perché nessuno ha raccolto l’invito che più voci hanno rivolto alle forze in Consiglio comunale». Né il Movimento Cinque Stelle né l’Udc, che con il consigliere Marco Nuzzaci ha rispedito al mittente «le pretestuose richieste del centrodestra, fatte con modi non sempre ortodossi». Il grillino Valente, giovedì sera, si era spinto anche oltre: «Ridicoli, non mi presterò al loro bluff». Ciò nonostante ieri, in apertura dell’incontro, Giliberti si è spinto a dire di essere in attesa delle decisioni che il Movimento stava predendo, collegialmente, mentre nessuna riunione dei grillini è stata mai convocata né si è tenuta per discutere di questo tema. «Una grossolana bugia» ha commentato Valente, netto nel condannare un «tentativo di strumentalizzazione inaccettabile».
«Continueremo a opporci alle politiche di Salvemini, ma nessuno venga a dirci che se le dimissioni non ci sono state la colpa è nostra» ha concluso Giordano. Eppure non sono bastati cinque giorni - dal lunedì in cui è stata pubblicata la sentenza a ieri - perché la consigliera Gigante raggiungesse il consolato del nostro Paese a Bangkok per rassegnare le sue dimissioni nelle mani di un pubblico ufficiale italiano, come avrebbe dovuto fare, secondo la legge, per consentire di raggiungere le 17 firme valide.
 
Ora si tornerà in Consiglio, dove il sindaco presenterà il bilancio. Potranno esserci sorprese e convergenze: c’è chi lavora al dialogo da tempo a Palazzo Carafa. E mentre Forza Italia, con il coordinatore Paride Mazzotta, rivendica di aver «dato prova di grande coerenza, di ritrovata unità e di compattezza», Gaetano Messuti, gruppo misto, e i consiglieri di Direzione Italia Angelo Tondo, Attilio Monosi e Andrea Guido annunciano la formalizzazione di «un patto anti-inciucio, unico segnale possibile a garanzia dei nostri elettori. Quel patto sarà una regola politica ed una guida morale che darà la certezza ai cittadini che mai e poi mai i propri riferimenti politici si presteranno a walzer di poltrone». Se le forze del centrodestra firmeranno e terranno fede a quel patto, dunque, con il voto sul bilancio di marzo l’amministrazione cadrà e la città andrà al commissariamento fino alla primavera del 2019.


 

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