Salento, inchiesta sull'usura: in un vocale le lacrime dell'imprenditore vessato

Salento, inchiesta sull'usura: in un vocale le lacrime dell'imprenditore vessato
Salento, inchiesta sull'usura: in un vocale le lacrime dell'imprenditore vessato
di Roberta GRASSI
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Giovedì 7 Marzo 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 8 Marzo, 10:16

Le lacrime in un messaggio vocale, le cambiali, la rateizzazione di 2mila euro a settimana per restituire un debito di 100mila euro. 
Vittime imprenditori di punta del Salento, titolari di attività conosciute del settore ristorazione che portano avanti tradizioni culinarie. E poi ancora, il reimpiego dei capitali recuperati con i prestiti a strozzo, secondo l’ipotesi accusatoria, in localini di grido della costa. Molto frequentati nel Capo di Leuca.
Il cerchio asfissiante dell’usura si chiude e mimetizza così, secondo gli investigatori, i finanzieri del nucleo di polizia economico finanziaria di Taranto che hanno indagato con il coordinamento del pm Francesco Ciardo della Procura ionica. E si spinge fin nel tacco della Puglia, laddove in estate si guadagna molto bene, tra aperitivi al tramonto e dolci a colazione: il denaro sarebbe stato reinvestito da società del presunto sodalizio criminale in attività ricettive, bar e supermercati. 

Gli arresti

Gli arresti eseguiti nei giorni scorsi sono sette, su ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Taranto Alessandra Romano. Il capo di imputazione principale è l’associazione per delinquere che trae origine dai prestiti a tassi usurari di denaro (con interessi fino al 350 per cento annui) a imprenditori in stato di bisogno. Tra questi i salentini. 
Il giro viene scoperto tramite un pizzino sequestrato nella sala colloqui del carcere di Taranto. Quindi, le chat di whatsapp e poi le telefonate risalenti al luglio 2019. Al centro una somma pari a 18mila euro, elargita in tre tranche da 6mila. Chiedono la restituzione di 28mila euro, con versamento di 2mila euro a settimana e saldo alla fine di agosto. L’imprenditore fatica, non riesce a far quadrare i conti. 
«Qui siamo proprio nella m...da - è una delle risposte disperate del presunto usurato - speriamo di riaprire ma secondo me terremo una stagione proprio da m...da quest’anno».

E poi ancora: «Sono cose molto delicate, martedì prossimo ci troviamo, se è vero che ci tieni all’amicizia come dici, tu questo me lo devi concedere, io vi ho sempre rispettato nel mio locale, familiari e amici, spero che non venga a fare casini o urlare, credo di non meritarlo, ripeto, per il rispetto che ho sempre avuto verso tutti». 

Le pressioni e le minacce

Gli inquirenti rilevano pressioni e minacce. Lo deducono da ulteriori messaggi: «Ricordati che mi hai minacciato, ti sei avvicinato con le mani in faccia». L’ammontare delle somme ricevute, secondo le stime, supera i 100mila euro.
Il fenomeno dell’usura è per antonomasia fra i più “sommersi” e difficili da investigare. Le conversazioni acquisite rilevano un giro di fatturato che sarebbe finito poi nell’economia legale. Secondo quanto contestato gli indagati, per lo più tarantini, ponevano in essere «molteplici condotte nei confronti di imprenditori in stato di bisogno facendosi promettere e comunque dare corrispettivo di prestazioni in denaro, interessi e altri vantaggi usurari nonché esercitavano abusivamente l’attività finanziaria, facendo transitare il denaro proveniente dalle suddette attività delittuose sui rapporti bancari destinati alle imprese dagli stessi gestite e, successivamente, attraverso più disposizioni di pagamento eseguite attraverso bonifici bancari, giustificate da fatturazioni per operazioni inesistenti emesse dalle società gestite dai sodali e con prestanomi, ostacolavano l’identificazione della provenienza delittuosa dei proventi illeciti e li reimpiegavano in fiorenti attività imprenditoriali illecite». 
Ruolo di capo, promotore e organizzatore viene attribuito a Salvatore Di Molfetta, colui il quale avrebbe gestito personalmente i rapporti con l’imprenditore salentino: «Sovrintendeva - si legge nel capo d’accusa provvisorio - e dirigeva ogni fase, prestando rilevanti somme di denaro a imprenditori in stato di bisogno e riscuotendo da questi, anche con minaccia, il capitale con interessi sino al 354 per cento, dirigeva le operazioni finalizzate a rendere difficoltosa l’identificazione del denaro». 
Un sistema di contratti di affitto e di rami d’azienda, avrebbe poi condotto le articolazioni fino alla gestione delle attività del settore ricettivo. Nei luoghi più frequentati, nei settori maggiormente redditizi. 

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