È attesa al massimo per domani l'udienza di convalida dell'arresto di Albano Galati, il 57enne di Taurisano accusato di aver ucciso sabato pomeriggio, al culmine di un litigio, la moglie Aneta Katarzyna Danelczyk, 49 anni, originaria della Polonia, madre dei suoi quattro figli (tre ragazze maggiorenni e un bambino di 12 anni). Sempre nelle stesse ore il pubblico ministero titolare delle indagini, il sostituto procuratore Giorgia Villa, conferirà al medico legale Roberto Vaglio l'incarico di eseguire l'autopsia sul corpo della donna.
Intanto l'uomo continua a sostenere di non ricordare nulla di quello che è accaduto nelle ore precedenti al suo arresto. Ieri i suoi difensori, gli avvocati Luca Puce e Davide Micaletto, lo hanno raggiunto nel carcere di Borgo San Nicola. Nel corso del colloquio, il 57enne - ancora sotto choc e molto provato - non sarebbe riuscito a ricostruire quanto avvenuto sabato pomeriggio. Come non era riuscito a farlo dinanzi ai magistrati Giorgia Villa e Guglielmo Cataldi, che lo avevano interrogato fino a tarda notte la sera dell'omicidio. Per gli investigatori, però, la dinamica dei fatti è chiarissima, così come confermato anche nel racconto della vicina di casa, che per cercare di aiutare la vittima ha rimediato una ferita.
Il silenzio dell'uomo
L'omicidio - secondo quanto ricostruito dai poliziotti del commissariato di Taurisano, diretti dal vicequestore Salvatore Federico - è avvenuto nel tardo pomeriggio di sabato, intorno alle 17.30, nell'abitazione di famiglia, in un condominio di edilizia popolare di via Luigi Corvaglia. L'uomo - che da qualche tempo non viveva più con la donna e con i figli, perché tra la coppia era in corso una separazione - avrebbe raggiunto l'abitazione, che frequentava comunque regolarmente, e al culmine dell'ennesimo litigio con la moglie le si sarebbe scagliato contro impugnando un grosso coltello da cucina.
Interviene l'Arci
Sulla vicenda arriva l'intervento di Anna Caputo, di Arci Lecce Solidarietà: «L'ennesima tragedia di una donna che non è riuscita a denunciare per tempo, l'ennesimo femminicidio in una spirale orrenda di emulazioni quotidiane ci fanno gridare tutta la nostra rabbia contro un modo di intendere le donne ancora come oggetto di possesso che quando non aderiscono perfettamente al volere maschile vanno punite, annientate». Le donne, aggiunge Caputo, «vengono uccise, i loro figli vengono uccisi e quando non avviene sono all'improvviso orfani come oggi è avvenuto per il bambino della donna di Taurisano».
Da qui la necessità che non stiano più zitte: «Devono denunciare, allontanare gli uomini maltrattanti e l'informazione sulla possibilità di andare in protezione deve essere capillare. Inoltre deve essere assicurato alle donne che lavorano, che a causa della denuncia devono andare in un altro luogo segreto, un uguale lavoro. Non vogliamo più una di meno fra le donne».
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