I risparmi, le banche e la cultura del rischio

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Sabato 18 Giugno 2016, 15:50 - Ultimo aggiornamento: 15:52
A partire dal mese di novembre scorso, con il fallimento delle note quattro banche (Banca Etruria-CariFerrara-CariChieti e Banca Marche) e a seguire le tensioni nelle banche venete e anche alcune Banche di credito cooperative, si è venuto accentuando un clima di sfiducia verso il sistema bancario. Infatti, in questi ultimi anni, i depositi bancari registrano una sensibile riduzione, nel mentre è cresciuta l'attenzione dei risparmiatori verso gli indicatori patrimoniali delle banche. Una volta si andava la ricerca della banca che offriva i "migliori rendimenti" ora si guarda il parametro della solidità,indicato sinteticamente in CET1. Ormai il risparmiatore ha imparato a conoscere i vari indicatori patrimoniali e scegli la banca in relazione alla loro entità. E' di tutta evidenza che è cambiata la visione e l'orientamento del risparmiatore italiano. Una volta si guardava il "rendimento" ora si va orientando verso il "rischio". Stiamo passando dalla cultura del rendimento alla cultura del rischio.

                                                                  Gianvito Caldararo
                                                                   Mottola (Ta)



Caro Caldararo, c'è sempre bisogno, purtroppo, delle “dure repliche della storia” per rendersi conto che le scorciatoie per guadagnare e che le bolle speculative sono cammini molto accidentati e parecchio scivolosi. Non sono un esperto in materia, ma dall'esperienza personale ho imparato che, nel lungo periodo, anche sul fronte della tutela del risparmio la prudenza si rivela un'arma in più rispetto all'azzardo. Magari, l'azzardo può andar bene una volta, due volte, anche tre, ma se non si è integrante del settore, se non si conoscono benissimo meccanismi, aspettative e previsioni, se insomma si fa parte del cosiddetto “parco buoi”, l'azzardo è sempre meglio evitarlo. Ben venga quindi il passaggio, come lei lo chiama, dalla “cultura del rendimento” alla “cultura del rischio”, soprattutto se questo serve a stanare i tanti furbetti che agitano le piazze dell'economia finanziaria.
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