Giunti che cedono e poca manutenzione, Delrio: «È colpa del federalismo stradale»

Giunti che cedono e poca manutenzione, Delrio: «È colpa del federalismo stradale»
di Michele Di Branco
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Mercoledì 19 Aprile 2017, 08:05
OMA «Qui c’è un ritardo di almeno 20 anni e abbiamo ereditato una logica sbagliata, quella delle Grandi Opere. Invece bisogna cambiare prospettiva e conservare bene quello che già abbiamo. Per questo abbiamo stanziato risorse pluriennali: non ci possono essere scuse». Al ministero delle Infrastrutture sono consapevoli che l’Italia è un Paese nel quale ponti, stradi e cavalcavia invecchiano e devono essere messi al riparo dall’usura del tempo.

Ed è per questa ragione che, rompendo gli schemi del recente passato, da un bel pezzo al dicastero di Porta Pia hanno messo la manutenzione al centro della strategia. Il problema, per dirla con le parole di chi lavora accanto al ministro Graziano Delrio, «è che adesso da Anas ci aspettiamo un cambio di passo dal punto di vista dell’efficienza e della produttività».

LA DISPONIBILTÀ
I soldi non mancano. Nel contratto di programma 2015-19, che prevede 20,2 miliardi di investimenti, 8,2 sono destinati proprio alla manutenzione straordinaria. Dunque una quota vicina al 50%, mentre fino al 2014 solo il 5% dei fondi veniva riversato su questo delicato capitolo. Così, nel 2015, Anas ha stanziato 1,1 miliardi per la messa in sicurezza di 222 opere su 254 individuate come prioritarie dal punto di vista della ristrutturazione. Nel 2016, poi, l’Anas ha stanziato altri 1,6 miliardi attivando bandi per interventi su gallerie, ponti, viadotti, pavimentazione e impiantistica.

MACCHINA DA RIORGANIZZARE
E’ una corsa contro il tempo, come raccontano le ripetute cronache dei crolli nel Paese. Poco più di un mese fa, il 9 marzo 2017 è caduto un cavalcavia sulla A 14 che ha provocato due morti. Il probabile motivo è stato il cedimento delle “pile provvisorie” o giunti che collegano il ponte vero e proprio ai pilastri. Sulla Milano-Lecco, il 28 ottobre 2016, cadde un cavalcavia al passaggio di un camion (un morto) dopo che per tutta la giornata Anas e provincia di Lecco si erano rimpallate la responsabilità dell’intervento di fronte alla comparsa di alcune crepe evidenti.

Ancora. In Sicilia, non più di due anni fa crollo un raccordo in località Scorciavecchia che era stato appena inaugurato e solo per pura coincidenza non ci furono conseguenze per gli automobilisti.
Ma al di là della infinita casistica è che sulla manutenzione delle strade in Italia c’è un problema più profondo e strutturale di riorganizzazione della macchina. Esigenza che il ministro Delrio ha ribadito in maniera decisa ai vertici Anas in un vertice serale. «Ho chiesto al presidente Armani – ha detto il numero uno del Mit (Ministero infrastrutture e trasporti) – di riferirmi sul caso piemontese. E’ gravissimo e inaccettabile che un ponte di recente costruzione avesse tali problemi di staticità da collassare in questo modo. Ritengo – ha ammonito Delrio – che vadano accertate con estrema urgenza le responsabilità nella realizzazione dell’opera e nell’esecuzione dei lavori. La sicurezza dei cittadini viene prima di tutto».

All’Anas, tuttavia, sono convinti che il federalismo stradale e la frammentazione delle competenze abbia contribuito ad intralciare il proprio lavoro e che occorra concentrare tutte le competenze in direzione della sede dii Via Mozambano.Prima del decentramento amministrativo – spiegano fonti aziendali – Anas gestiva oltre 45mila km di rete e più della metà è stata suddivisa tra regioni e province con tutte le inefficienze in termini economici e gestionali che ne sono derivate.

Il federalismo stradale ha determinato la frammentazione delle competenze nella gestione dei trasporti e si è rivelata in effetti sotto molti aspetti fallimentare dimostrando scarsa efficienza sia in termini gestionali sia in termini di ottimizzazione della spesa.

In termini di gestione, la segmentazione della rete ha moltiplicato il numero di interlocutori generando confusione e dilatando i tempi di risposta: l’utenza si è trovata a dover fronteggiare interlocutori differenti ognuno con un ventaglio di procedure diverse. «Ci sono strade – sintetizzano gli uomini del presidente dell’Anas, Armani, – che a seconda del percorso cadono sotto la responsabilità nostra, del comune o della provincia e il risultato è che non è chiaro chi debba intervenire». Insomma l’accentramento delle competenze nelle mani di un unico gestore, che ha solo un core business, viene considerata una garanzia che gli investimenti giungano a destinazione e che le competenze tecniche e ingegneristiche vengano mantenute e sviluppate.

LA FUSIONE
E l’Anas, domani più che mai, si presta ad essere il gestore nazionale: grazie al suo ingresso nel gruppo Ferrovie dello Stato Italiane avrà, infatti, un accesso facilitato al mercato dei capitali con evidenti vantaggi per gli investimenti. «Avere un capitale e flussi di cassa certi – spiegava Armani nel novembre 2016 - ci consentirebbe di fare una pianificazione degli investimenti di medio e lungo termine permettendoci di programmare gli interventi sulla rete e di far fronte, eventualmente, anche alle emergenze. Inoltre, recuperare km di rete su tutto il territorio nazionale si tradurrebbe in un miglioramento della gestione dell’intera rete: gli interventi e la manutenzione sarebbero più omogenei in tutto il Paese». Intanto il capogruppo Pd in Commissione Ambiente Enrico Borghi ha chiesto al presidente della commissione Ermete Realacci di convocare i vertici dell’Anas per un’audizione «da svolgersi il prima possibile».
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