Otto Marzo: più protagonismo e meno consumismo

di Chiara MONTEFRANCESCO
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Domenica 5 Marzo 2017, 19:25
E, per una volta, che le donne sconfiggano il consumismo. La giornata internazionale delle donne è nata oltre un secolo fa, nel 1909, negli Stati Uniti contro i troppi roghi di fabbriche al femminile. Ha trovato poi radicamento, dapprima, a san Pietroburgo nel 1917 dove, un freddo giorno di autunno, le donne scesero in piazza per dire basta alla carneficina della guerra, e quindi, via via in tutti i paesi industrializzati dove allo sfruttamento si affiancavano, inesorabilmente, sopraffazione e violenza. Ancora, oggi in molte parti del mondo (ricordate le madri di plaza de majo in Argentina ?) ed anche in casa nostra, quella ricorrenza affonda le sue radici nella violazione dei diritti umani oltre che, nello specifico, delle donne. È ancora fresca la tragedia di Paola Clemente, la bracciante agricola morta di fatica per due soldi il 15 luglio del 2015 nelle campagne di Andria, vittima della calura estiva e dei caporali vecchi e nuovi. E attuali, purtroppo, ed efferate, continuano ad essere le violenze contro le donne, dentro e fuori le mura domestiche.
Sarà per questi motivi che la ricorrenza dell’otto marzo resiste ai tentativi di omologazione del consumismo. Certo non mancano le espressioni femminili di rivalsa, a volte grottesche a volte demenziali quasi a scimmiottare quel maschilismo dedito a consumare il corpo femminile in tutte le salse. Fortunatamente non mancano le rivendicazioni dell’orgoglio femminile sui palcoscenici teatrali, nelle librerie e nei più disparati luoghi di lavoro e di ritrovo. D’altra parte la rivendicazione di autonomia e indipendenza delle donne è antica: le beghiniste crearono in Belgio e nel nord Europa le loro comunità, rigorosamente al femminile, già nel XII secolo, in pieno Medioevo, puntando all’autosufficienza economica oltre che all’indipendenza in campo religioso e familiare prima ancora che sentimentale. Difficile per il consumismo appropriarsi dell’otto marzo. Il ramo di mimosa è lì a ricordare che una donna non può essere nemmeno sfiorata da pensieri che non siano di rispetto e riguardo, lievi e delicati, come una mimosa, appunto.
E dunque viva le donne. Nella speranza che sappiano sempre più essere protagoniste della loro vita e protagoniste della vita delle comunità in cui operano. Ancora oggi, entrambe restano purtroppo segnate, dominate dal maschilismo. Un potere, quello maschile, ancora profondamente radicato e ancora tutto da rimuovere, con pazienza, buon senso e determinazione. I troppi femminicidi sono lì a ricordarci quanta strada ancora ci separa da una cultura che bandisca la presunzione del possesso declinata al maschile rispetto alle donne. Importanti i traguardi legislativi, ma fondamentali i percorsi educativi, in questa prospettiva. Così come irrinunciabile deve essere la maturazione di una società che riconosca nei fatti, prima che nelle norme di salvaguardia e di stimolo, il valore dell’impegno femminile nella dimensione sociale, economica, istituzionale. Per una nuova stagione di crescita in armonia con noi stesse e con gli altri, a casa nostra e al di fuori di essa. Nello scenario nazionale ed in quello internazionale. E dio sa, quanto, in questo momento storico, il mondo, l’Europa, l’Italia abbiano bisogno di orientarsi in una prospettiva diversa. Una prospettiva che scelga la pace in luogo delle guerre, il dialogo e la comprensione in luogo della esibizione dei muscoli e della forza bruta, e stupida, il buon senso nella ricerca del bene comune invece dell’ostinazione a sostenere il proprio punto di vista nel desiderio di annichilire l’altro. La solidarietà e la condivisione al posto dell’egoismo e della paura. Il pragmatismo e la razionalità femminile intrise di straordinaria capacità di ascolto e comprensione, possono fare la differenza. Nel sociale andando al cuore delle questioni, liberandole da accecanti conformismi e rancori e, peggio, da odi e chiusure contro la nostra stessa dimensione umana. Nel campo economico lasciando finalmente che la competenza e la professionalità delle donne, condita di creatività e intuito, oltre che di attenzione alle ragioni degli altri, facciano la differenza rispetto alle derive prevaricanti dell’uomo al comando. Nel campo istituzionale dove la presenza femminile potrà ridare slancio e concretezza all’azione pubblica oggi timorosa e bloccata e quasi rassegnata al peggio.
Dunque società, economia, istituzioni al femminile per aprire nuovi orizzonti e dare nuove prospettive e sconfiggere angosce e insicurezze, povertà e arroganza, egoistico arricchimento e speculazione. Ecco a cosa serve ricordare i drammi attuali e le sofferenze plurisecolari delle donne. Ed ecco perché l’otto marzo appartiene a tutti ormai e non solo alle donne.
 
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