Deve essere come una specie di riflesso automatico. C’è un’emergenza? Si inaspriscono le pene. Esibizione muscolare, con effetti deterrenti tutti da valutare quando le attenzioni mirano alle conseguenze di un’azione piuttosto che alla sua prevenzione. Poi, intendiamoci: sul fronte dei migranti, ché di questo si parla, la prevenzione dei flussi epocali e soprattutto la loro gestione sono questioni alquanto complesse. Da risolvere, possibilmente, a livello almeno europeo (non fosse altro perché buona parte degli sbarchi ha l’Italia solo come approdo e transito); meglio ancora internazionale, certamente mediterraneo, con tutto quel che significa in termini di complicatezza. L’intesa andrebbe trovata su un piano scivoloso: non uno, ma più continenti; un bel po’ di religioni; una molteplicità di governi e forme statuali; regimi dittatoriali imbarazzanti (e brutali); una quantità difficilmente districabile di interessi economici tra import, export, materie prime, fonti energetiche e quant’altro.
Nell’attesa, i migranti – asseritamente maleducati e privi di qualsivoglia senso di responsabilità, per di più sforniti di opportune cognizioni meteo – continueranno ad arrivare com’è è, spesso saltando la fila e quasi sempre senza avvisare (e sì che hanno cellulari e parabole per ricevere e mandare segnali).
Inaspriamo le pene per gli scafisti, ok. Assicuriamo certezza alle pene, sennò perché tutto questo sforzo? Ma prima o poi arriverà anche la pena, al singolare. E con essa, si spera, almeno la misericordia per tutte le anime in viaggio. Salve né in terra né in mare.